Il Consiglio di Stato, ha sospeso il 4 agosto 2009 l’esecutività della sentenza del Tar del Lazio che aveva parzialmente annullato alcune disposizioni dei regolamenti per i campi nomadi dei Comuni di Milano, Roma e Napoli. Torna dunque possibile imporre un tesserino di riconoscimento per chi risiede nei “campi nomadi”, controllare l’identità di chi entra ed esce, vietare le visite oltre un certo orario.
Era stata una associazione che tutela le comunità rom, la European Roma Rights Centre Foundation, a rivolgersi alla giustizia amministrativa in nome di “gravissime interferenze nei fondamentali diritti umani”. Il Tar aveva parzialmente accolto il ricorso ma l’Avvocatura dello Stato ha impugnato la sentenza.
Il decreto del Consiglio di Stato, datato 30 luglio, sospende (in quanto misura cautelare) la sentenza del Tar fino alla sentenza di merito, fra qualche mese. Ma con ogni probabilità l’anticipa e per questo a Milano viene salutata con soddisfazione dal Comune e dal prefetto, promotori del regolamento in vigore da febbraio con le altre prescrizioni: la partecipazione alle spese, una permanenza massima di tre anni, il percorso di inserimento con l’obbligo scolastico per i minori e lavorativo per gli adulti.
«Ce lo aspettavamo — commenta Mariolina Moioli, assessore alle Politiche sociali — l’identificazione è un dovere istituzionale, è prevista anche nelle tendopoli dei terremotati in Abruzzo e nessuno si lamenta». Sul punto concorda David Gentili, consigliere del Pd: «Una verifica su chi ha diritto a stare nei campi è fondamentale, a tutela in primo luogo dei nomadi che si vogliono integrare. Irrealizzabile, invece, la limitazione dell’orario di visita».
Ma è proprio l’integrazione, secondo don Virginio Colmegna della Casa della Carità, ad essere minacciata: «Il regolamento è frutto di una cultura aggressiva, occorrono misure condivise da tutti. Non sono certo io a mettere in discussione il principio di legalità ma la politica dello sgombero nuoce al lavoro silenzioso dell’i nserimento nel lavoro e di una domanda emergente di una casa stabile». I campi nomadi milanesi «hanno il tasso di scolarità più alto in Italia», gli risponde la Moioli, ma oggi «non è in discussione l’aspetto sociale quanto il rispetto delle regole».
E sotto questo aspetto il prefetto Gian Valerio Lombardi ricorda che «la sentenza del Tar ci aveva creato delle difficoltà. Il Consiglio di Stato ha deciso con buon senso. Se i dati sulla criminalità sono nettamente migliorati non è solo per la diminuzione del numero dei nomadi da 10.000 a 3.500 in un anno. È merito anche del regolamento, che ha portato una organizzazione destinata ora a migliorare».
Lo pensa anche il vicesindaco Riccardo De Corato, per il quale la sentenza del Tar «aveva reso i campi ingovernabili, ma ora il bengodi è finito». Il leghista Matteo Salvini aggiunge: «Il numero ideale dei campi nomadi è sempre zero, però così almeno sapremo per chi spendiamo i non pochi soldi pubblici stanziati per i rom». di Stefano Rossi
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