sabato 10 ottobre 2009

Il taraf

Fin dalle prime organizzazioni della vita sociale romena, i lautari (letteralmente coloro che suonano il liuto) eseguono dei pezzi musicali in occasione delle feste.
I primi lautari conosciuti erano Rom – proprietà della corte dei principi, dei signori e dei monasteri. Nei secoli XV – XVI, nei Principati romeni si ascoltavano dei testi accompagnati da uno strumento a corde. Suonare la lauta era una attività disprezzata, cosi come l’arte in generale e venne riconosciuto come professione in Muntenia, nel 1775. Però, per poter praticarla, bisognava pagare una somma di denaro ai signori e anche al principe. Nonostante questo riconoscimento, i lautari suonavano spesso senza essere retribuiti e, come conseguenza, senza poter pagare gli importi dovuti ai signori. Fu il principe Caragea (1) che prese in considerazione le petizioni dei lautari su questo problema e le accolse in parte.
Una volta riconosciuti come professionisti, vengono organizzati in associazioni chiamate vatasii. A differenza di altre associazioni artigianali, le vatasii non avevano diritto di auto amministrazione, ma erano controllate dal vataf che veniva nominato o revocato dalla Corte del principe. Le vatasii comprendevano sia i taraf dei lautari liberi, sia quelli dei schiavi. (2)
Taraf, termine di origine turca, significa gruppo di lautari e probabilmente è stato assimilato dalla lingua romena attraverso la presenza nei principati romeni dei lautari turchi. Nel XVIII secolo i taraf romeni e turchi erano molto ricercati. Accompagnavano i giovani signori nei loro affari di cuore, eseguendo delle serenade. E’ verosimile che queste serenade abbiano trovato una continuità nelle dediche presente oggi nelle feste con lautari. Sempre in questo periodo i taraf hanno avuto un ruolo importantissimo nel veicolare dei versi che non venivano stampati perché la poesia era considerata una perdita di tempo da ironizzare, salvo i casi quando era indirizzata a una signora o a un principe.

Molto più tardi, negli anni 40 del Novecento a Bucarest ritroviamo il taraf sotto la protezione delle bande (gruppi mafiosi). Impressionante da questo punto di vista è la storia della canzone “Zaraza” , molto conosciuta anche oggi, mentre il suo autore – Cristian Vasile – è stato dimenticato:
Nel 1944, a Bucarest andavano molto di moda le jazz-band e i taraf locali. Tra i taraf, i più conosciuti – quelli di Cristian Vasile e di Zavaidoc erano in perpetua concorrenza. Inspirato dalla bellezza della sua compagna zingara Zaraza , Cristian Vasile compose la canzone con lo stesso nome, che piacque moltissimo al pubblico. Zavaidoc, geloso di un tale successo, si lamentò con la banda che lo proteggeva. In seguito, una sera, mentre Zaraza usci per comprare tabacco fu accoltellata e mori. Da quel momento Cristian Vasile perse la mente. Rubo la cenere di Zaraza e, in un rituale spaventoso come la sua follia, ogni giorno, per quattro mesi, ne mangiò una cucchiaiata. Alla fine di tutto ciò decise di morire e beve un liquido tossico che riusci solamente a bruciare le sue corde vocali e non poté cantare mai più. Spari in Moldavia , diventò un senzatetto che lavorava occasionalmente al teatro e raccontava a voce rauca la sua storia a chiunque li offriva da bere. Ma oramai nessuno ricordava più il suo nome.(3)
Oggi, come secoli fa, il taraf segna i momenti cruciali della vita: la nascita, il matrimonio e persino la morte. Infatti, può essere impiegato nelle cerimonie mortuarie dei Rom. In questa circostanza i gagè usano la fanfara, tuttavia ci sono casi particolari in cui i lautari accompagnano il corteo funerario o qualcuno dei presenti interpreta la canzone una volta preferita dal defunto.
I lautari sono anche artisti di strada e se prima girovagavano all’interno della stessa regione, oggi sono cittadini del mondo. Alcuni di loro sono riusciti a conquistare una certa fama, come il Taraf di Nelu Ploiesteanu, il Taraf di Clejani (co-protagonisti del film “The Man Who Cried” di Sally Potter) o come Damian Draghici Filarmonika Rromanes.
Però la maggior parte dei lautari rimangono dei sconosciuti. Loro vivono accanto a noi, suonando nelle piazze delle città e anche nelle metropolitane, là dove la gente ha troppa fretta per poter sentire la loro musica. Loro piangono o ridono insieme al mondo, ma il mondo, a suo turno, non fa altrettanto. di Anca Dumitras

(1) Nicolae Voda Caragea fu il principe della Muntenia tra 1782 e 1783 (sotto l’Impero Ottomano).
(2) Mihail Gr. Poslusnicu, “Istoria muzicii la Romani”, 1921 (it. Storia della musica romena).
(3) Mircea Cartarescu, “Zaraza”, in “De ce iubim femeile”, 2004 (it. Perché amiamo le donne).

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