venerdì 2 ottobre 2009

Pringiarasmi, un corso di formazione che diventa laboratorio di idee

Premessa. Nel 2008 l’Istituto di Cultura Sinta è stato contattato dal Comune di Cremona, settore Politiche Educative, per organizzare un corso di formazione sulle minoranze sinte e rom, in rapporto alla scuola. Il corso doveva essere rivolto agli insegnanti della scuola materna ed elementare che lavorano con i minori sinti e rom. Il percorso formativo era stato richiesto dalle stesse insegnanti che avevano saputo di altri corsi, tenuti in Italia dall’Istituto.
L’Istituto è stato costituito alla fine degli Anni Novanta dall’associazione Sucar Drom con lo scopo di studiare e divulgare i diversi aspetti propri delle società, delle culture e delle lingue sinte e rom, attraverso la valorizzazione di artisti, ricercatori e studiosi sinti e rom.
Inoltre, l’associazione Sucar Drom ha dato mandato all’Istituto di costruire dei pacchetti formativi per operatori delle Istituzioni e degli Enti locali. L’Istituto, dopo una prima fase di sperimentazione, ha iniziato dal 2005 a tenere in diverse Città italiane corsi di formazione, strutturati a seconda delle esigenze espresse dalle scuole, dagli Enti Locali e dalle comunità sinte e rom presenti.
La finalità che si pone l’Istituto è quella di offrire strumenti di conoscenza. Tali strumenti sono indispensabili per poter scardinare pregiudizi e stereotipi che alimentano in Italia politiche paternalistiche/caritative e in alcuni casi politiche discriminatorie verso le comunità sinte e rom. Tali politiche molte volte sono costruite e messe atto in maniera inconsapevole ed è per questo che è indispensabile offrire conoscenze agli operatori ma anche modelli di intervento.
In particolare, nei diversi pacchetti formativi si propone un prerequisito essenziale a qualsiasi intervento: la partecipazione diffusa, diretta e decisionale dei Sinti e dei Rom.

La partecipazione, nella definizione dell’Istituto di Cultura Sinta, deve uscire dall’approccio strumentale. Infatti, questo approccio vede il coinvolgimento dei Sinti e dei Rom come mezzo per raggiungere gli obiettivi di un determinato progetto (di solito pensato non da Sinti e/o Rom) nella maniera più efficiente, efficace e sostenibile. La partecipazione in questo caso può essere una sorta di "condizionalità" imposta dall'alto o il risultato di una mobilitazione "volontaria" che punta all'ottenimento dei benefici materiali offerti dal progetto. Questo approccio è, nel migliore dei casi, quello utilizzato in Italia. In effetti, dispiace affermarlo, ci sono moltissime realtà in Italia che non impiegano nessun approccio alla partecipazione.
L’Istituto di Cultura Sinta ha invece promosso per la prima volta in Italia un approccio diverso che vede la partecipazione come un fine in sé, mirante al rafforzamento del potere dei Sinti e dei Rom (empowerment) in tutti i processi decisionali che li riguardano, accrescendo il loro controllo sulle scelte relative ai processi di cambiamento. Nuove capacità acquisite attraverso il processo partecipativo stimolano un ruolo attivo e dinamico delle comunità sinte e rom che si espande oltre i confini di un progetto particolare e investe processi di trasformazione sociale di più vasta portata.
Mentre il primo approccio privilegia le strutture e i risultati della partecipazione, il secondo si concentra su un processo che non ha necessariamente un obiettivo preciso ma che stimola cambiamenti profondi nei rapporti tra le diverse culture e società: i Sinti e i Rom parte integrante ed interagente a Cremona come nel resto d’Italia, che sanno essere protagonisti nella vita sociale e politica. Uscendo anche dalla visione che i Sinti e i Rom si occupino solo di Sinti e Rom.
Il progetto formativo “pringiarasmi” (conosciamoci, in lingua sinta) ha l’obiettivo di informare e formare operatori della scuola sulle società e culture delle minoranze sinte e rom. Inoltre, il corso si pone l’obiettivo di costruire modelli d’intervento nella scuola anche attraverso le metodologie della mediazione culturale.
Il percorso formativo non è rivolto solo agli insegnanti che si confrontano giornalmente con la presenza di minori sinti e/o rom ma è rivolto a tutti gli insegnanti per offrire strumenti di conoscenza da utilizzare con tutti gli alunni presenti nella scuola materna ed elementare.
Il progetto è stato diviso in due percorsi formativi: un primo percorso base strutturato in due incontri e un secondo percorso strutturato in quattro incontri. Il percorso formativo ha quindi avuto due moduli distinti in cui il primo modulo è stato propedeutico per poter accedere al percorso degli incontri successivi. Durante il percorso formativo sono stati utilizzati i riferimenti normativi europei, confrontandoli con la legislazione italiana.
Ogni incontro è stato sviluppato con il supporto di metodologie laboratoriali. Si sono utilizzati sussidi audiovisivi, materiali di didattica interculturale e i riferimenti normativi europei ed italiani.
- I modulo. Primo incontro: Una storia scritta da altri.
L'arrivo delle popolazioni sinte e rom in Europa; la formazione della società capitalistica e dello stato moderno; le politiche subite in seicento anni dalle minoranze sinte e rom; il Porrajmos; dal dopo guerra all’Unione Europea.
- I modulo. Secondo incontro: Mengur velto (la nostra cultura).
Le società e le culture dei Sinti e dei Rom presenti sul territorio; i valori fondanti; i cambiamenti culturali.
- II modulo. Primo incontro: La mediazione culturale.
Società a confronto; le culture e i rapporti tra società nei paradigmi evoluzionisti; i processi di acculturazione; le tre funzioni della mediazione culturale; i rischi nella mediazione culturale.
- II modulo. Secondo incontro: I Sinti e i Rom nella scuola e nelle politiche sociali.
Lo strumento sociale scuola nella società maggioritaria (in senso numerico) e nelle società sinte e rom; la pedagogia interculturale nell’organizzazione scolastica; i progetti scuola e i servizi sociali; il bambino e la scuola: il conflitto e l’accoglienza; il rapporto scuola e famiglia.
- II modulo. Terzo e quarto incontro: Studio e risoluzione di casi.
In un primo momento sono state proposte ai corsisti delle esercitazioni sulla didattica interculturale. In seguito i corsisti, divisi per gruppi di interesse, hanno formulato e presentato quattro/cinque casi. Ogni caso è stato analizzato e sono state definite delle possibili soluzioni.
Lo strumento sociale scuola e le minoranze sinte e rom. Questo intervento scritto non vuole ripercorrere in maniera pedissequa il percorso formativo svolto a Cremona, perché ciò sarebbe lungo e complesso. Per approfondire i vari temi che sono stati affrontati (storia, cultura, mediazione culturale, didattica interculturale…), rimando alla bibliografia che potete trovare al termine dell’intervento.
In questo intervento cercherò di offrire spunti di riflessione sullo strumento sociale scuola, in rapporto con le minoranze sinte e rom. Anche in relazione al lavoro svolto durante il corso con le insegnati che hanno offerto con i loro interventi momenti di riflessione importanti.
Ciò che ogni insegnante dovrebbe chiedersi quando si trova di fronte a un bambino sinto o rom è: chi sono io? Chi rappresento? Cosa propongo a questo bambino?... Queste domande bisogna porsele prima di altre perché altrimenti si inizia subito in maniera sbagliata, ovvero ci si pone in una posizione che non potrà mai riconoscere ricchezza nell’altro. Ci si pone pregiudizialmente in una posizione etnocentrica che produrrà solo equivoci, malintesi e spesso rifiuti.
Questo passaggio, non a caso, non è mai stato fatto in quarant’anni di progetti per la scolarizzazione perché si partiva immediatamente dal presupposto che la scuola è un diritto/dovere che deve e ripeto “deve” essere offerto senza farsi troppe domande: la scuola è bene. Io non voglio mettere in discussione la preposizione “la scuola è bene” ma mi sono chiesto: cosa è la scuola? E ancora: è bene per chi?
La scuola è uno strumento sociale costruito e pensato da alcune società, dopo la nascita della scrittura, che nei secoli ha avuto diversi scopi. Oggi nelle società occidentali lo strumento sociale scuola dovrebbe essenzialmente assolvere ad uno scopo: ogni individuo, senza dover essere influenzato dalla condizione delle proprie origini sociali, può sviluppare le proprie capacità per essere parte della società in maniera piena. In sintesi al più importante funzione svolta dalla scuola oggi è la selezione sociale e nel caso italiano: aiutare la società a passare dagli status ascritti agli status acquisiti.
Ricapitolando la scuola è uno strumento sviluppato dalle società con cultura scritta che ha l’obiettivo di evolvere la società in maniera più egualitaria. Un esempio: la figlia di un bracciante agricolo che diventa giudice della Corte costituzionale. Quindi offrire ad ogni individuo la possibilità di posizionarsi nella società in una qualsiasi posizione sociale. Certo non voglio semplificare riproponendo l’immagine statica di una società a “piramide” o a “scale” ma sicuramente le società occidentali sono strutturate per posizioni sociali. Ritornando all’esempio iniziale un bracciante occupa, oggi in Italia, una posizione sociale diversa da quella di un giudice della Corte costituzionale.
Questo avviene in un quadro epistemologico abbastanza complesso che vede sia le teorie meritocratiche che quelle di riproduzione sociale non del tutto capaci di dar conto alle diseguaglianze nelle prestazioni scolastiche e nei livelli di istruzione raggiunti dai singoli individui. Per questa ragione sembra più corretto per alcuni autori imputare il fallimento dello strumento sociale scuola all’interazione di alcuni fattori: condizioni di gruppo di appartenenza, caratteristiche istituzionali e strategie di adattamento di gruppo.
In questo contesto i bambini sinti e rom entrano nella scuola. I bambini sinti e rom sono portatori di valori e norme sociali, strutturate in complessi sistemi sociali anche molto diversi fra loro. Infatti le culture e le conseguenti società strutturate dalle popolazioni sinte e rom possono essere viste, al pari delle società occidentali, come reti di simboli significanti che gli individui utilizzano per attribuire significati condivisi alle loro azioni, comportamenti, esperienze, creando concetti propri d’identità.
Non dobbiamo però fare lo sbaglio di considerare le culture e le società sinte e rom come immutabili e immobili ma sono culture e sistemi sociali in movimento continuo, soggette al confronto e conflitto di interpretazione fra i singoli individui che vi si riconoscono e alle continue modificazioni nel confronto con l’ambiente circostante.
Infatti non esiste e non è mai esistita una cultura autentica e/o una cultura non autentica (il concetto dell'originale appartenente alla società maggioritaria o dell'originale appartenente alla società sinta o rom), ma esistono dei costrutti sociali che interagiscono e si modificano vicendevolmente.
In Italia troppo spesso si confonde il concetto di cultura con il folklore. Emergono più facilmente gli aspetti e le manifestazioni più appariscenti ma difficilmente si approfondiscono le vere o proprie diversità culturali. Possono anzi arrivare a essere in alcun casi fuorvianti e portare a semplificazioni o preconcetti che rendono più difficile una reale conoscenza reciproca.
I Sinti e i Rom italiani, comunitari ed extracomunitari, divisi in circa trenta diverse minoranze, esprimono propri sistemi sociali e proprie culture, strutturate con valori e norme morali, che si differenziano in maniera significativa dalle strutture sociali e culturali delle società occidentali. E’ quindi molto complesso offrire un quadro completo delle diverse culture e strutture sociali. Vi sono però alcuni tratti culturali e sociali che possono, in relazione allo strumento sociale scuola, essere propri della stragrande maggioranza delle popolazioni sinte e rom.
Quasi tutti i bambini sinti e rom che entrano oggi nella scuola provengono da famiglie che hanno una cultura orale. Questo è un tratto distintivo abbastanza comune in tutte le minoranze sinte e rom italiane, mentre vi possono essere differenze nelle famiglie appartenenti a minoranze rom provenienti dalla ex Yugoslavia e dalla Romania.
Entrare nella scuola, monumento della cultura scritta, per un bambino cresciuto ed educato in una cultura orale è uno shock notevole che impone allo stesso una rinegoziazione evidente del suo essere individuo nel mondo. Inoltre, non è da sottovalutare che la lingua italiana, per i bambini sinti e rom, è lingua B e in alcuni casi lingua C. Perché i bambini sinti italiani che vivono in Provincia di Cremona hanno come lingua madre il sinto italiano mentre i bambini rom (rumeni o provenienti dalla ex Yugoslavia) hanno come lingua madre il romanés e come seconda lingua del Paese di provenienza.
Essere appartenente ad una cultura orale pone l’individuo a leggere, sentire, ascoltare e vedere il mondo in maniera completamente differente dall’individuo appartenente ad una cultura scritta. E la questione più macroscopica è nel tipo di struttura sociale costruita. Infatti, tutte le culture orali (che sono proprie della stragrande maggioranza degli individui abitanti nel mondo oggi) sono di fatto più egualitarie delle culture scritte, non avendo strutture sociali articolate come quelle delle società occidentali. Il fondamento del costrutto sociale in queste società è la famiglia nucleare e allargata. Non esistono sovrastrutture gerarchiche e le decisioni sono assunte con il metodo consensuale (tutti devono essere d’accordo prima di fare una scelta), molto diverso dal metodo democratico (maggioranza / minoranza), proprio delle società occidentali.
In questo contesto lo strumento sociale scuola perde il proprio potere propulsivo che invece spinge in maniera determinante le famiglie appartenenti a culture scritte a convogliare la maggioranza delle proprie risorse. Ovvero ottenere, grazie alla scuola, una posizione sociale migliore per i propri figli.
Queste sono problematiche molto complesse ma pochissimo affrontate e dibattute perché è indubbio che ieri come oggi si propone alle famiglie sinte e rom uno strumento, la scuola, pensato e costruito per risolvere un problema, le diseguaglianza sociale, che praticamente non esiste nelle culture e nelle società sinte e rom.
Tutti gli studi sulla scolarizzazione dei minori, appartenenti alle minoranze altamente subordinate come quelle sinte e rom, sono concordi nel rilevare che lo strumento sociale scuola oggi è incapace di offrire alcuna possibilità. Infatti, in tutto il mondo occidentale i minori appartenenti a minoranze altamente subordinate hanno prestazioni scolastiche molto scadenti (1). Le ragioni che portano a tale risultato sono in larga misura diverse ma è indubbio che alcune questioni sono comuni a tutte le minoranze: segregazione residenziale, vincoli nell’occupazione e stigmatizzazione da parte della cultura maggioritaria. Tutte questioni presenti in maniera determinante per le minoranze sinte e rom in Italia. di Carlo Berini (prima parte)

(1) Steven Brint, Scuola e società, Il Mulino, Milano, 1999

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