È una distesa di rifiuti in un grande campo, sul quale si notano baracche costruite con assi e teloni. Qualche magra mucca pascola in questa zona. Le persone invece ci vivono, a volte per qualche giorno, a volte per qualche mese. Si presenta così il “campo rom” dietro alla stazione di Tirana. Non si sa quanti abitanti abbia: non esiste un censimento dei rom, men che meno in un campo (quasi un accampamento) nel quale chiunque può insediarsi o andarsene indisturbato.
In questo contesto il fotografo parmigiano Davide Grossi - presidente del circolo «Il Grandangolo» - si è calato per una settimana, a fine agosto, assieme ad altri 16 professionisti. Insieme hanno fatto un articolato reportage-documentario su tutti gli aspetti della vita dei rom in Albania: dagli impegni quotidiani all'ambiente circostante.
Il progetto Rom in Albania è nato con la volontà di raccontare una realtà difficile e sconosciuta ai più, sviscerando con le foto tutti gli aspetti del soggetto. I fotografi hanno lavorato in due campi nomadi nei dintorni della capitale albanese. Molto più di un reportage classico, nelle intenzioni. Il frutto sono centinaia di scatti dalla selezione dei quali sarà ricavata, nei prossimi mesi, una mostra al Museo nazionale di Tirana.
«È un'esperienza che mi ha arricchito molto, prima di tutto sul piano personale - spiega Davide Grossi -. Per raccontare bene un ambiente sociale o un luogo bisogna addentrarsi pienamente, stare in mezzo alle persone e vivere per un po' con loro e come loro».
«Un paese di contrasti. e bunker dappertutto». Grossi ha partecipato con entusiasmo all'iniziativa (svolta in collegamento con le Nazioni Unite). Ed è rimasto molto colpito dalla realtà che ha trovato, una volta sceso dal volo Parma-Tirana. «Ci sono edifici nuovissimi e zone di forte arretratezza, a Tirana - spiega Grossi -. Ogni condominio ha il gruppo elettrogeno, perché la corrente non sempre è garantita, e la cisterna per raccogliere l'acqua. Si ha la sensazione che ognuno faccia un po' quello che vuole. Può accadere ad esempio che, in un condominio, l'inquilino del piano terra inglobi l'atrio del palazzo nel suo appartamento oppure che chi vive all'ultimo piano costruisca un appartamento sopra il suo. C'è chi coltiva ortaggi a casa, per poi scendere in strada a venderli. In ogni caso, girando per la città ci si sente sicuri». Davide Grossi racconta di un'altra “caratteristica” di Tirana: «Ci sono bunker dappertutto, in città come nelle campagne, come se fossero stati disseminati “a grappolo” - spiega -. Secondo il dittatore Enver Hoxha, l'Albania rischiava di essere attaccata da vari Paesi, quindi erano necessari rifugi per tutti». di Andrea Violi, continua a leggere…
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