giovedì 12 novembre 2009

Genova, un corso di sartoria per romnì e sinte

Al corso professionale di sartoria aderiscono tredici donne appartenenti alle minoranze rom e sinte. Hanno tra i 23 e i 50 anni, provengono dai “campi nomadi” di via Adamoli a Molassana, dove risiedono i Rom di origine bosniaca, e di via Nostra Signora della Guardia a Bolzaneto, dove i Sinti italiani, di origine piemontese.
Il corso è promosso dalla sezione genovese dall´Opera Nomadi in collaborazione con la Provincia. L´appuntamento è presso la sede del Cna. Le presentazioni sembrano un momento liberatorio: «Io mi chiamo Margherita», dice una. «Mezza storta, mezza dritta», aggiunge con tono scherzoso la nipote Silvia, di 26 anni. L´insegnante la riprende, scatenando l´ilarità dei presenti: «Eh no, quando si ha una forbice in mano bisogna andare sempre dritta».
Silvia racconta: «Noi siamo italiani di origine piemontese che abitiamo in un campo. Anche per noi è difficile trovare lavoro. Questo progetto ci offre l´opportunità di specializzarci in un mestiere. Ho una bambina di sei anni e solo mio marito lavora. Mia zia fa i panini per la nostra comunità nel campo di Bolzanet».
Zekija invece è una donna di 52 anni che proviene dalla Bosnia. E´ in Italia da 18 anni, e a Genova sono nati i suoi figli. «La più piccola dei miei sei figli ha 17 anni e fra poco potrà chiedere la cittadinanza italiana. Anche se ho molti dubbi sui tempi di consegna. Due anni fa ho fatto domanda per ottenere la carta di soggiorno e ad oggi non ho avuto risposta». Fino a poco tempo fa lavorava come bidella, oggi si ritrova ad imparare un nuovo mestiere per diventare economicamente indipendente.

Quasi tutte stentano a trovare un impiego e sebbene abbiano altre, Genova è la loro casa: i loro figli e i loro nipoti sono i nuovi genovesi. Salmira, per esempio, ha 23 anni ed è arrivata dalla Bosnia quando era appena una neonata. «Per la precisione avevo poche settimane. Dico sempre che sono bosniaca, ma in realtà tutta la mia vita l´ho vissuta qui».
Serena Camedda dell´Opera Nomadi spiega: «Chi frequenta il corso è perché intende proporsi al mondo del lavoro con una base di conoscenza reale della sartoria. La speranza è quello di riuscire ad aprire una cooperativa dove le donne possano svolgere questo lavoro. Sarebbe un ulteriore passaggio all´autonomia».
Quello che è certo è che alla fine del corso, previsto per la prossima settimana, le "nuove" sarte otterranno un attestato di frequenza. «In questi cinque mesi ho imparato a fare la gonna - racconta con un filo di orgoglio Semsa, 42 anni -. Pulivo le scale dei palazzi, l´idea di fare la sarta non mi dispiace. Anzi non vedo l´ora che le italiane indossino le mie gonne. La gente onesta esiste, ed è anche fra di noi». di Domenica Canchano

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