Quest’anno l’associazione Sucar Drom e l’Istituto di Cultura Sinta augurano Buone feste, donando la trascrizione dell’intervento del Vice presidente della Camera dei Deputati, On. Maurizio Lupi, pronunciato durante la commemorazione per il 71° dalla promulgazione delle Leggi Razziali, il 16 dicembre 2009.
Abbiamo fatto questa scelta perché l’intervento del Vice Presidente Lupi ha un valore storico eccezionale. Per la prima volta nel cuore dello Stato italiano, il Parlamento, si è affermato che i Sinti e i Rom hanno subito una persecuzione su base razziale durante il fascismo. Inoltre, all’intervento del Vice Presidente Lupi riconosciamo un valore politico attuale che non ha precedenti in Italia e che accogliamo con soddisfazione.
Invitiamo quindi a leggere l’intervento e a diffonderlo nelle Istituzioni e nella società civile.
Commemorazione per il settantunesimo
dalla promulgazione delle Leggi Razziali in Italia
L’internamento dei Rom e dei Sinti tra il 1940 e il 1943
Camera dei Deputati, Sala del Mappamondo, 16 dicembre 2009
Intervento del Vice Presidente alla Camera, On. Maurizio Lupi
Sono particolarmente onorato di avere l’opportunità di partecipare a questa cerimonia di commemorazione con cui per la prima volta nella storia del Parlamento Italiano si intende far riemergere alla dignità della memoria eventi tragici che hanno riguardato le popolazioni rom e sinte nel periodo della Seconda Guerra Mondiale, accumunandone le sofferenze a quelle delle altre componenti sociali perseguitate per motivi razziali.
Il periodo in cui tali eventi storicamente si collocano riveste ormai nel sentimento comune la valenza simbolica della negazione, dell’annientamento delle identità diverse rispetto ad un modello artificiosamente concepito e brutalmente imposto come dominante rispetto a tutti gli altri.
A questo simbolo di negazione e di morte, la commemorazione odierna contrappone il valore parimenti simbolico di un incontro nella sede più alta della rappresentanza politica che in un sistema democratico e pluralista costituisce luogo istituzionale privilegiato del dialogo e dell’accreditamento reciproco fra tutte le identità culturali.
Io credo che in un periodo come questo, siano importanti anche i segni, i segni e i gesti a cui i nostri cittadini possano guardare, perché mai come oggi c’è bisogno di positività, di esempi positivi. Di segni che più che le parole possono parlare, possono raccontare e possono dire la direzione da seguire.
Nella vita di ognuno di noi seguire qualcuno o qualcosa vale sempre di più che discutere o dialogare – da questo punto di vista.
Per dialogare ed accreditarsi reciprocamente occorre in un primo luogo conoscersi ed avere consapevolezza che anche se divisi o diversi nell’appartenenza culturale o etnica si può riscoprire un passato di comune sofferenza su cui può fondarsi un presente di comprensione e di solidarietà.
In tal senso la rievocazione storica delle persecuzioni subite dalle minoranze rom e sinte tra il 1941 e il 1945 alimenta in tutti noi la consapevolezza di quanto queste popolazioni facciano a pieno titolo parte della storia europea.
La storia europea è una storia di popoli, di identità e di valori. E l’Europa e l’unione dell’Europa, è l’unione di queste identità, di questi valori. Questo non dobbiamo mai dimenticarcelo. Proprio perché la radice è comune e riguarda l’identità e l’idea di persona che esprime negli ideali e nei valori, nella sua storia, il giudizio sulla storia, il senso della vita di un popolo e il ruolo che la vita di un popolo può avere in un territorio e in un contesto geografico.
Una storia che tuttavia fin dal primo provvedimento che nel 1492 formalmente li accumunò a ebrei e mori nell’espulsione dal regno di Spagna, ci appare prevalentemente scandita da forme di discriminazione tendenti a relegarle ai margini della vita civile.
Rispetto a questa storia complessiva appunto, il periodo tra il 1940 e il 1945 rappresenta una fase drammatica, di drammatica cesura culturale in cui per la prima volta la persecuzione razziale assume una tale estensione e sistematicità da tramutarsi in progetto di genocidio.
Non si trattava più come spesso era accaduto in passato di catalizzare su determinate componenti sociali minoritarie la colpa dei mali che nelle diverse epoche affliggevano le comunità nazionali, ma di eliminare totalmente dal contesto sociale i soggetti ritenuti indegni di esistere.
Per reagire fermamente alla mostruosità di tali concetti disumani, tutte le costituzioni del secondo dopoguerra, fra cui in primo luogo la Costituzione Italiana, concepirono il principio di non discriminazione e il riconoscimento dei diritti alla persona umana come fondamenti necessari ed imprescindibili della comunità nazionale e dello stato democratico.
Sappiamo bene tuttavia che la pur necessaria proclamazione formale dei principi e dei diritti deve essere costantemente accompagnata da azioni positive degli individui, delle persone e delle istituzioni per rafforzare lo spirito della convivenza civile e dissipare i pregiudizi che tuttora alimentano atteggiamenti di intolleranza e di antagonismo antropologico.
Quell’espressione formale che è sostanziale che nella nostra costituzione è contenuta ha la necessità di essere applicata attraverso la responsabilità di ognuno di noi, attraverso la responsabilità dell’azione della libertà della persona che declina quei principi in esempi, in testimonianze, in una costruzione di una società che ha fondamenta vere e che si fondano su quei principi costituzionali.
Una sia pur sommaria ricognizione di quanto in tal senso è stato fatto finora, evidenzia una costellazione di iniziative in parte affidate a livelli di governo locale e al prezioso apporto del volontariato, all’insegna del principio di sussidiarietà istituzionale sia verticale, quello dallo Stato agli Enti Locali, che a quello orizzontale, cioè quella della molteplicità di soggetti che animano le iniziative dei cosiddetti corpi sociali.
Queste esperienze tuttavia per quanto rappresentino preziosi e lodevoli espressioni di una diffusa consapevolezza del dovere di inclusività sociale di tutte le componenti etniche presenti sul territorio permangono in gran parte ispirate a logiche emergenziali caratterizzate da una frammentazione localistica che non garantisce omogeneità di trattamento su tutto il territorio nazionale.
Noi non dobbiamo esprimere la solidarietà solo nella fase emergenziale, ma la solidarietà, la sussidiarietà, il principio di attuazione della dignità della persona, è il fondamento di una costruzione normale e quotidiana del convivere civile.
Si esprime in maniera clamorosa ed evidente quando un’emergenza esplode, quando un fatto clamoroso diventa e apre un caso di discriminazione sotto gli occhi di tutti, ma dovrebbe questo richiamare a un comportamento quotidiano, cioè ad una responsabilità quotidiana.
E’ forse giunto il momento di far evolvere questo modello di tipo assistenziale verso forme più compiute di progettualità politica, che proprio in quanto finalizzate a garantire una sostanziale parità di condizioni nell’ambito dell’intera comunità nazionale trovino nel Parlamento nazionale il principio referente istituzionale e la principale sede di elaborazione.
In questa prospettiva vedo tre possibili ambiti di confronto politico e di costruzione comune nel luogo principe del confronto politico che è il Parlamento. Primo, quello relativo all’individuazione di condizioni basilari di inserimento delle minoranze rom e sinte nei contesti residenziali, lavorativi, sociali e sanitari che garantiscano loro una dignità di condizioni di vita, ed alimentino nella collettività una percezione positiva della loro presenza sul territorio. In secondo luogo quello relativo ad un percorso teso al riconoscimento dello status di minoranze linguistiche ribadendone in tal modo la titolarità a particolari forme di tutela. In terzo luogo quella di un’azione informativa conoscitiva ed educativa a vasto raggio, attraverso cui alimentare una diffusa consapevolezza che grazie al miglioramento delle condizioni di vita e di interazione di questa etnia con la società italiana è possibile innescare circuiti virtuosi di rispetto reciproco e di pacifica convivenza sociale.
Sono ovviamente consapevole che si tratta di un percorso, quindi di una strada che insieme dobbiamo fare, e anche se in parte attivato si presenta ancora pieno di incognite, di asperità.
Percepisco tuttavia però un dovere precipuo della politica per la promozione della persona umana nei diversi contesti e nella rete di relazioni sociali, economiche e culturali in cui si esplica e quali che siano le difficoltà da affrontare per conseguire a tal fine decisioni condivise.
Come cattolico interpreto per altro questo obiettivo come un valore fondante dell’impegno laicale cristiano, di quell’impegno che il 26 settembre 1965 un grande Pontefice volle testimoniare alle comunità nomadi convenute a Roma da tutta Europa, accogliendo un messaggio preciso: “Voi nella Chiesa non siete ai margini - disse in quell’occasione Paolo VI- ma sotto certi aspetti voi siete al centro, voi siete nel cuore della Chiesa”.
Trovo che queste parole, pronunciate allora da una guida spirituale, possano trovare oggi accoglienza anche secondo un’accezione laica, che è quella che spetta a me e a noi come rappresentanti delle Istituzioni, non solo di comprensione umana ma di solidarietà, di costruzione di una società dove questi principi diventano fondamenti stabili.
Permettetemi concludendo questo piccolo contributo che ho voluto dare a questa commemorazione di dire anche che oggi questa commemorazione avviene assieme alla decisione presa dall’Ufficio di Presidenza della Camera dei Deputati, appena concluso, di istituire l’Osservatorio nel Parlamento italiano, l’Osservatorio Parlamentare sul Razzismo nel nostro Paese.
I Presidenti di questo osservatorio sono il Vice Presidente della Camera Bindi e il sottoscritto. Abbiamo chiesto ad alcuni colleghi, come Ufficio di presidenza parlamentare, di partecipare. E’ un osservatorio molto ristretto, composto da otto membri, che vuole coinvolgere e vuole interloquire con il lavoro che le Istituzioni fanno riguardo al tema del razzismo. Ma vuole coinvolgere ed evidenziare come il Parlamento deve essere il luogo principale di dialogo, di confronto e di recepimento della vita della società civile.
Mi sembra un bel gesto come quello dell’anno scorso, con l’istituzione che abbiamo fatto con il Presidente Fini di una targa, nella nostra Sala principale, di memoria e di ricordo di quanto accaduto. Oggi, in occasione di questa commemorazione, viene dato un segnale forte dal Parlamento Italiano con la costituzione dell’Osservatorio sul Razzismo. Credo che questo vada nella direzione non solo di ricordare o commemorare, ma partendo dalla storia di poter non dimenticare la storia perché si viva il presente ma si guardi al futuro. E’ solo radicandosi nella storia di ognuno di noi che si può vivere con certezza il presente e si può guardare con positività al futuro.
Trascrizione a cura di Luca Dotti (associazione Sucar Drom) dalla registrazione video/audio della Camera dei Deputati (http://webtv.camera.it/portal/portal/default/Eventi/Rom).
1 commento:
auguri per un sereno futuro di solidarietà, fraternità, uguaglianza e giustizia sociale.
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