martedì 1 dicembre 2009

Napoli, il tribunale: la giovane Angelica? Stia in cella perché è Rom

Fanno discutere le motivazioni con cui il Tribunale per i minorenni ha respinto la richiesta di scarcerare Angelica V., la giovanissima rom condannata per il tentato rapimento della bambina di Ponticelli avvenuto nell’estate del 2008. Angelica — condannata in primo grado e in appello — è in un istituto, dove non può prendersi cura della sua bambina. L’avvocato Cristian Valle ha fatto ricorso al Riesame, che ha respinto la richiesta, e successivamente fatto appello contro la decisione del Riesame.
Ancora una volta i giudici hanno deciso di mantenere la ragazza in istituto: ma sono i motivi per cui hanno preso la decisione che suscitano perplessità. «Deve preliminarmente osservarsi — è scritto nel provvedimento — che allo stato, pur in assenza di condanna passata in cosa giudicata, l’appellante è stata ritenuta responsabile del reato ascrittole sia in primo grado sia in grado di appello. Tale circostanza rende, conseguentemente, meno efficaci le dichiarazioni di innocenza. Deve ancora sottolinearsi che il clamore mediatico della vicenda non è posto a base della decisione della Corte che, invece, ha evidenziato il considerevole allarme sociale che il reato in contestazione ha determinato e potrebbe determinare in caso di reiterazione, atteso che la minore non ha mostrato di aver iniziato alcun processo di rivisitazione del proprio operato». Proprio quest’ultima circostanza emerge dalla relazione del 5 maggio 2009: «Non sembra aver interiorizzato quegli strumenti necessari ad una diversa ed alternativa scelta di vita».
Le conclusioni indicate sono sostanzialmente confermate dalla relazione datata 23 settembre dalla quale emerge che l’appellante è pienamente inserita negli schemi tipici della cultura rom. Ed è proprio l’essere assolutamente integrata in quegli schemi di vita che rende, in uno alla mancanza di concreti processi di analisi dei propri vissuti, concreto il pericolo di recidiva. «Va inoltre sottolineato che allo stato unica misura adeguata alla tutela delle esigenze cautelari appare quella applicata della custodia in istituto. Sia il collocamento in comunità sia la permanenza in casa risultano infatti misure inadeguate anche in considerazione della citata adesione agli schemi di vita rom che per comune esperienza determinano nei loro aderenti il mancato rispetto delle regole ». Il tentativo di sequestro della neonata denunciato da una madre di Ponticelli diede il via a una serie di violentissimi atti di ostilità nei confronti degli zingari, culminati nell’incendio degli accampamenti. da Corriere del Mezzogiorno

2 commenti:

http://liberalvox.blogspot.com ha detto...

Caso Cucchi: la cartina tornasole di una dirigenza incapace!

Sono stati reintegrati, nel reparto penitenziario dell'ospedale Sandro Pertini, i tre medici indagati per omicidio colposo nell'ambito dell'inchiesta sulla morte di Stefano Cucchi, il geometra romano di 31 anni, arrestato il 15 ottobre scorso dai carabinieri per detenzione di droga e deceduto una settimana dopo nell'ospedale romano. La decisione "ibrida" di trasferire i tre medici in un altro ospedale era stata adottata il 18 novembre scorso dalla direzione sanitaria del nosococomio, che con quel procedimento aveva deciso di prendere le debite distanze dall'accaduto, trasferendo d'ufficio i tre medici senza far valere la benchè minima "presunzione d'innocenza": un principio del diritto penale secondo il quale un imputato è innocente fino a prova contraria! Non sarebbe stato più giusto aspettare gli esiti dell'indagine giudiziaria per stabilire eventuali colpe e se colpe c'erano perchè il trasferimento e non il licenziamento? Comunque, se la decisione del "trasferimento" è stata affrettata e profondamente sbagliata, pure quella di oggi - che lo "revoca" - arriva in maniera altrettanto "discutibile"! Tant'è. Il reintegro è stato deciso dal direttore generale dell'Asl Rmb, Flori Degrassi. Riguarda Aldo Fierro, responsabile del reparto penitenziario, ed i medici Stefania Cordi e Rosita Caponnetti. Nel provvedimento appositamente emesso, si leggono le risultanze dell'indagine interna effettuata dalla Uoc Risk Management aziendale che nella relazione depositata il 30 novembre 2009 ha concluso: "Il gruppo audit ha individuato nel carattere improvviso e inatteso del decesso, in rapporto alle condizioni generali del paziente, l'elemento dell'avversità in oggetto delle indagini. L'analisi non ha messo in luce, sul piano organizzativo e procedurale, alcun particolare elemento relativo ad azioni e/o omissioni da parte del personale sanitario con nesso diretto causa-effetto con l'evento avverso in questione. Contestualizza e configura pertanto l'oggetto dell'indagine sotto il profilo dell'evento non prevenibile". È davvero sconcertante l'operato della Asl che prima condanna, poi assolve i suoi dipendenti in maniera del tutto arbitraria, chiude la propria inchiesta interna, ancor prima di quella penale e, oltretutto, sostiene che la morte di Cucchi sarebbe stata "improvvisa e inattesa". Ma, allora, cosa dovrebbe fare un ospedale se non prevenire un decesso e individuarne le cause? Nessuno vuole provvedimenti punitivi nei confronti dei medici prima che si concludano le indagini e quindi il processo. È evidente, tuttavia, che anche in questo caso, come in altri mille che passano inosservati in altrettante corsie d'ospedale, ma pure tra le scrivanie e le scartoffie della P.A. in senso lato, si è tristestemente misurato il peso di una classe dirigente a dir poco "leggera"! Ancora una volta, dobbiamo denunciare una dirigenza assai "confusa" e poco "preparata"! http://liberalvox.blogspot.com

u velto ha detto...

ciao LiberalVox, il tuo commento è off topic.