martedì 26 gennaio 2010

Di nuovo Il Giorno della Memoria tra pogrom e violenze contro i Rom e i Sinti

Di nuovo Il Giorno della Memoria sarà celebrato in tutta l’Italia e in tutto il Mondo. Il 27 gennaio 1945 l’Armata Rossa abbatteva i cancelli di Auschwitz ponendo fine alla persecuzione su base razziale subita da Sinti, Rom ed Ebrei in Germania, in Italia e nei Paesi occupati.
Il 27 gennaio non è una ricorrenza solo sinta, rom ed ebraica perché nei campi di concentramento e nei campi di sterminio furono internati anche gli omosessuali, gli oppositori politici, i militari, i Testimoni di Geova e tutti gli europei che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte. Ma soprattutto è una giornata dedicata a tutti, sia che appartengano a maggioranze come pure a minoranze, per far capire e per avere l'occasione di approfondire il concetto secondo il quale una società che perseguita una sua propria componente, o, peggio ancora, ne progetta scientificamente lo sterminio, è una società ammalata; e questo suo stato di malattia finirà per colpire, prima o poi, inevitabilmente, anche altre componenti della società stessa.
Nel nostro Paese dei Cittadini italiani hanno consapevolmente costruito un percorso di deportazione e di morte per altri Cittadini italiani sulla base di folli teorie di ordine sociale, su base razziale, che negavano la vita a chi era considerato “diverso”. Ricordare e commemorare questo evento deve necessariamente portarci a pensare all’oggi, serbando nei nostri cuori il monito di Primo Levi, "ciò che è accaduto può ritornare, pur assurdo e impensabile che appaia".
Partecipare alle commemorazioni per Il Giorno della Memoria significa ricordare gli eventi passati per capirne le cause, per denunciare che quelle cause sopravvivono ancora oggi nella nostra società e quindi per agire insieme perché questo passato non debba più ripetersi.

Le Istituzioni hanno infatti il compito di essere vigili e di aiutare tutta la società e non solo una parte di essa ad essere consapevole che il razzismo e le discriminazioni sono di fatto insite nella società. Perché dobbiamo riconoscere che i germi del razzismo e delle discriminazioni sono paradossalmente nella natura di ciò che chiamiamo moderno. Il Porrajmos e la Shoah non sono eventi successi nella notte della nostra civiltà ma sono successi pochi decenni fa, quando la nostra civiltà moderna era al suo culmine.
Quanti oggi conoscono la parola Porrajmos? Pochissimi. Questo è l’indizio più significativo di come la memoria dei popoli che ci si ostina a chiamare "zingari" e "nomadi" fatichi a trovare ascolto e cittadinanza in Italia. Porrajmos (visita la mostra dell'ICS) è la parola che nelle lingue sinte e rom definisce il divoramento subito in Europa tra il 1934 e il 1945.
Se la memoria della Shoah si affievolisce in vuote celebrazioni istituzionali, la persecuzione razziale subita dai Rom e dai Sinti è stata rimossa o addirittura negata. L’Europa nazista e fascista fu teatro dell’annientamento di almeno la metà dell’intera popolazione rom e sinta europea. Cinquecentomila uomini, donne e bambini perseguitati, imprigionati, uccisi, deportati nei lager e seviziati, vittime degli orrendi esperimenti medici nazisti, sterminati nelle camere a gas e nei forni crematori.
Nei processi ai nazisti colpevoli di crimini contro l’umanità che seguirono la liberazione, primo tra tutti quello di Norimberga, Rom e Sinti non ebbero spazio. Le loro sofferenze non solo non vennero mai indennizzate ma nemmeno prese in considerazione. Solo nel 1980 il governo tedesco, in seguito ad una iniziativa della Verband Deutscher Sinti und Roma, riconobbe ufficialmente che i Rom e i Sinti durante la guerra avevano subito una persecuzione razziale.
In Italia le popolazioni sinte e rom non hanno ancora ricevuto nessun riconoscimento ufficiale per le persecuzioni su base razziale subite durante la dittatura fascista. La Legge n. 211 del 20 luglio 2000 che istituisce il Giorno della Memoria non ricorda lo sterminio subito dalle popolazioni sinte e rom.
Oggi esiste una documentazione inequivocabile per affermare che i Rom e i Sinti dal 1938 al 1945 furono le uniche popolazioni, insieme al popolo ebraico, vittime di uno sterminio di matrice razziale.
I motivi che hanno portato allo sterminio dei Rom e dei Sinti e di altre minoranze si stanno riproponendo purtroppo ancora oggi. Certo è errato, come fanno molti, equiparare il Porrajmos alle discriminazioni e all’aperto razzismo anche istituzionale subito oggi in Italia da Sinti e Rom. L’unicità del Porrajmos e la sua inenarrabilità sono dettate da tre considerazioni:
1) una cultura della discriminazione razziale, che diventa l'ideologia portante del regime;
2) una strategia industriale e freddamente razionale dello sterminio;
3) una ricerca pedante e accurata della vittima cui non si concede appello perché la sua destinazione può essere solo l'annichilimento.
Oggi assistiamo molte volte impotenti a dichiarazioni e atti violenti contro i Sinti e Rom. Come ad esempio, quando il Vice Sindaco di Milano afferma che l’unico verbo da utilizzare con i Rom è "sgomberare". Ad ogni pogrom attuato dal Comune di Milano contro le povere e fatiscenti abitazioni delle famiglie Rom, sono 178 fino ad ora, senza offrire altra possibilità se non la strada, le nubi si addensano nere sull’Italia, annunciando una cultura istituzionale della discriminazione razziale, senza scampo. Ed è certo ipocrita chi sarà domani a celebrare Il Giorno della Memoria, dopo aver agito o anche solo chiuso gli occhi di fronte alla violenza perpetrata contro famiglie inermi. Infatti, non dobbiamo dimenticare che proprio il silenzio e l’accondiscendenza di tanti italiani hanno accompagnato Sinti, Rom ed Ebrei allo sterminio.
Ciò che dovrebbe farci riflettere nel Giorno della Memoria è che il Porrajmos e la Shoah furono messi in atto in un periodo in cui la civiltà occidentale era al culmine dello sviluppo culturale ed economico. La Shoah e il Porrajmos sono parte integrante delle costruzioni sociali occidentali, sono stati generati dalla stessa Europa cristiana e cattolica nella quale viviamo oggi. Ecco perché la Shoah e il Porrajmos ci appartengono intimamente.
Perpetrare l’oblio nel quale si rischia di cancellare questi eventi equivale a legittimare un’oltraggiosa indifferenza per tutte le vittime della follia nazi-fascista ma, soprattutto, è il segno di una cecità pericolosa e potenzialmente suicida per la stessa Europa.
Ciò che accade oggi in Italia alle popolazioni Sinte e Rom è anche il risultato di questo oblio, di questa ipocrita indulgenza nei confronti della memoria storica propria della società maggioritaria, in senso numerico.
I Rom e i Sinti sono scacciati, mal tollerati e rinchiusi nei “campi nomadi”. A queste popolazioni, italiane ed europee, viene ancora negato il diritto di essere parte integrante e interagente del Paese. Il dramma è che molte di quelle Istituzioni che avrebbero il compito di vigilare e svegliare le coscienze sono in troppi casi oggi parte in causa nelle violenze perpetrate contro Rom e Sinti. di Carlo Berini

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