Coccaglio e San Martino dall’Argine rappresentano il paradigma di una deriva da Ku Klux Klan – come la definisce Curzio Maltese su Repubblica – i cui principali artefici sono gli stessi che rivendicano i “valori cristiani” e usano il crocifisso, in modo strumentale, per alzare muri e seminare odio.
“Anche Gesù era un migrante”, ha detto il papa. “Il crocifisso non può essere imposto dall’alto”, affermava lo stesso Benedetto XVI qualche anno fa, quando non era ancora papa, perché Gesù è amore e l’amore non si impone.
“Meno croce e più Vangelo” diceva Don Milani. Qui, invece, si fa il contrario: il crocifisso, ridotto a elemento della tradizione, a simbolo della cultura nazionale, viene imposto dallo Stato e diventa corresponsabile delle nefandezze dello Stato stesso. La croce, esibita come una spada, viene così rivolta contro i migranti, i poveri, i deboli, gli emarginati: dall’infame criminalizzazione degli stranieri irregolari, con tutto il carico di violenza e di disagio sociale che ciò comporta, alla pulizia etnica nei confronti di rom e sinti, sfrattati a centinaia, senza preavviso, lasciati spesso in mezzo alla strada, le baracche demolite e i bambini traumatizzati, senza una soluzione abitativa alternativa.
Negli ultimi anni i delitti non sono aumentati, anzi, per molte tipologie i reati sono diminuiti, ma è aumentata, tra i cittadini, la “percezione” di insicurezza. La contraddizione si può spiegare con la retorica della sicurezza che, utilizzando la politica della paura, è diventata una fabbrica di insicurezza.
I mass media, e in particolare la televisione, hanno contribuito moltissimo a generare questa situazione. Secondo i dati del Centro d’ascolto dell’informazione radiotelevisiva, i telegiornali della Rai, nel 2003 hanno dedicato, alla cronaca nera, il 10,7% degli spazi. Questa percentuale è cresciuta in modo esponenziale, anno dopo anno, tanto da arrivare, nel 2007, al 22,3%. Ancora peggiori sono i dati relativi ai telegiornali di Mediaset: dall’11,2% del 2003 al 25,6% del 2007, mentre i tg de La7 sono passati dal 6,9% al 22%. Questi dati arrivano al 2007 ma è del tutto evidente – basta guardare i telegiornali di oggi – che il bombardamento mediatico sui fatti di cronaca nera, negli ultimi due anni, è ulteriormente accresciuto, pur in presenza di una sostanziale stabilizzazione del numero dei delitti. C’è inoltre da considerare che i reati compiuti dagli stranieri sono quasi sempre enfatizzati, favorendo in tal modo la generalizzazione dei luoghi comuni e la diffusione della paura del “diverso”.
Ora però, con Coccaglio, il “pensiero” leghista subisce un’involuzione. Come rileva Tonino Bucci, in un recente articolo pubblicato su Liberazione, gli amministratori leghisti non fanno più giri di parole e non sollevano pretesti di ordine pubblico. Non c’è più l’alibi della sicurezza.
Il sindaco di Coccaglio l’ha ammesso: «da noi non c’è criminalità», e questo vale anche per San Martino. E allora – si chiede Bucci - che bisogno c’è di mandare i vigili a casa di quattrocento migranti residenti in paese per cacciare chi non è in regola col permesso di soggiorno? «Vogliamo soltanto iniziare a fare pulizia». Appunto. L’operazione soprannominata White Christmas – è questa la sua conclusione – è un mix terrificante di sentimentalismo natalizio e odio per gli immigrati, ammicca a un’ecologia disumana che vuole «fare pulizia» e bonificare le “nostre” città da immigrati e pattume simil-umano, riducendo l’immigrato a «non-persona».
Tema al quale, qualche anno fa, Alessandro Dal Lago aveva dedicato un saggio, Non-persone. L’esclusione dei migranti in una società globale. E Dal Lago conferma: “Il razzismo della Lega ha coordinate differenti dal razzismo classico, non ha niente a che fare con la sicurezza. È l’invenzione parossistica dell’uomo nero al fine del consenso. La Lega si produce il nemico come meccanismo essenziale per avere consenso.
Non c’è altro. Non esistono problemi di sicurezza, i reati sono minimi. Inventano un nemico simbolico che non esiste perché si crei panico negli elettori. Naturalmente il linguaggio è spaventoso”. di Claudio Morselli
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