Diversamente da quanto si crede, i Rom e i Sinti non irridono né osteggiano la legalità; ne danno una definizione precisa e coincidente a quella dei gagi (o “non sinti”), come rispetto delle regole in uno Stato di diritto.
Le popolazioni rom e sinte sono una «galassia» di minoranze: non possiedono una stessa storia, né tanto meno condividono una cultura fortemente omogenea o un’unica religione.
La non riconducibilità a un’appartenenza territoriale fa di rom e sinti dei gruppi privi di cittadinanza, e quindi privi di diritti.
E’ per questo motivo che nelle politiche sociali messe in campo da diverse città non si fatica a individuare forme nemmeno troppo sottili di trattamento diversificato e discriminatorio nei loro confronti.
I Governi locali sembrano non riconoscere che essi sono persone, dotate di capacità, culture e competenze politiche, con cui si può ragionare, negoziare, costruire.
Quindi, l’unico modo per abbattere i pregiudizi, è quello di prevedere ed attuare progetti d’integrazione il cui percorso non sia spianato con le ruspe .
Confrontarsi per invertire la tendenza alla discriminazione, una maggiore interazione e conoscenza reciproca, fare informazione e formazione nelle scuole, realizzando campagne anti-discriminazione sul modello della pubblicità progresso «Dosta!» (Basta!) promossa dall’UE, «perché la cultura rom venga fuori e sia quindi conosciuta, così da abbattere la forma di “visione” culturale prevalente (la miseria, la marginalità), errata perché parziale, e sostituirla con occasioni di incontro e di scambio interculturale sono sicuramente i percorsi giusti per realizzare un’informazione più corretta a loro riguardo».
L’integrazione si raggiunge attraverso un processo di introspezione (difficile e impegnativo sicuramente) che ogni cittadino dovrebbe compiere abbattendo innanzitutto le catene che lo imprigionano (pregiudizi) e che gli impediscono di conoscere realtà diverse dalla propria.
L’augurio che mi sento di fare ai nostri concittadini sinti (italiani a tutti gli effetti) è che possano trovare una casa, un lavoro, la serenità di cui tutti abbiamo bisogno, ma, soprattutto, auguro loro il giusto riconoscimento dell’identità culturale come popolo evitando criminalizzazioni generalizzate.
Mi auguro che si possa, da subito, affrontare questo problema con pacatezza, equilibrio e volontà di riportare le cose entro i giusti termini di discussione democratica. di Paolo Ghirardi
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