Nel giorno della memoria si tende a dimenticare la persecuzione di sinti e rom e, mentre la Germania ha riconosciuto solo nel 1985 le sue responsabilità, in Italia i documenti sono dispersi ma i sinti reggiani ricordano il campo di concentramento di Prignano sul Secchia, in provincia di Modena, dove sono state mandate le loro famiglie. Paola Trevisan ha condotto una ricerca storica e ha trovato, con molta fatica, documentazioni e testimonianze degli abitanti del paese e le ha pubblicate.
Anche la Lega Nord ha deciso di rievocare quegli anni con una puntualità e un realismo agghiacciante: ha accusato i sinti di essere un peso economico per la città. La Lega non è nuova a questi attacchi che rivolge anche ai disoccupati del luogo e, in altre regioni, ai disabili, trovando facili nemici in chiunque sia debole o in difficoltà.
I leghisti hanno dichiarato che, per i campi nomadi, Reggio Emilia ha speso 3 milioni di euro, ma i dati pubblicati sulla stampa rivelano che in sette anni, per la manutenzione di cinque aree, la città non ha speso neanche un terzo di quella cifra e lo stipendio del solo Onorevole Alessandri costa molto di più alla comunità.
Resta intanto fermo il progetto delle micro aree che dovevano sostituire i campi, perché persiste la tendenza a tenere i sinti concentrati in pochi spazi ai margini dell’abitato. Sicuramente sono invece stati spesi soldi per riparare i danni che razzisti e balordi hanno procurato alle strutture dei campi sosta.
A Prignano i sinti furono lasciati senza sostentamento e allora bruciarono i pali della recinzione del campo di concentramento per riscaldarsi, quello che spettava a un solo internato era dato per un’intera famiglia, così, affamati, dopo qualche anno fuggirono e fu la loro salvezza. Gli Argan, i Franchi, i Triberti, i Colombo, i Truzzi, i De Bar erano saltimbanchi e giocolieri circensi, i figli e nipoti sono giostrai e, dopo il fascismo, sono stati di nuovo concentrati nei campi nomadi.
Mentre nella provincia i sindaci firmano continuamente sgomberi per le carovane di passaggio che non possono fermarsi neppure per riposare la notte, diversi sinti reggiani, stanchi di aspettare, come a Prignano sono scappati dai campi, si sono comprati un pezzo di terra in campagna e si sono sistemati con le loro case mobili.
Questo la legge non lo consente, ma nessuna legge può obbligare le persone a vivere per sempre in un recinto. I sinti e rom vogliono vivere con dignità come tutti ma poiché la terra non è uno spazio libero, chi ha potuto ne ha comprato un pezzetto. Nel 1938, il dottor Semizzi scriveva che i sinti e i rom sono indistinguibili somaticamente perché indoeuropei, ma “dal punto di vista psico-morale hanno tali mutazioni regressive, e quindi ereditarie, da poter compromettere seriamente la discendenza”, è esattamente questo che va ripetendo la Lega che in Lombardia utilizza i fondi europei destinati all’integrazione, per pagare le ruspe che abbattono tutto.
L’Associazione Them Romanò cittadina, continua a chiedere l’autodeterminazione e intanto è una delle componenti più attive del comitato Nopacchettosicurezza che combatte la riedizione delle leggi speciali, sostenendo i migranti cui il Governo riserva lo stesso trattamento escogitato dai nazisti verso gli ebrei romani, quando gli chiesero tutto il loro oro in cambio della salvezza e, una volta incassato, li deportarono ugualmente. Il Governo ha raccolto, solo a Reggio Emilia, 3 milioni di euro tra i migranti promettendo il permesso di soggiorno, poi è uscita la circolare Manganelli che annullava la possibilità di ottenerlo se si era già stati identificati, circostanza quasi inevitabile in un paese dove si può entrare solo clandestinamente. I dati della Caritas raccontano che l’Italia spende per l’integrazione dei migranti 130 milioni e per la repressione 500 milioni, è quindi uno Stato che apertamente perseguita le persone per la loro origine, contro qualunque legge internazionale ed europea e contro la Costituzione. di Associazione Them Romanò e Nopacchettosicurezza
Nessun commento:
Posta un commento