Hanno vinto i Rom. Sì, hanno vinto i Rom. È importante. Ed è importante che siano stati loro in gran parte gli artefici della vittoria, opponendo sino alla fine un pacato ma fermo rifiuto alla consueta proposta del Comune di Roma di dividere i nuclei familiari: le donne e i bambini da una parte, al Car, e gli uomini dall’altra, che trovino loro dove. E hanno resistito anche all’opera di persuasione della Caritas che all’inizio consigliava di adattarsi ad accettare le condizioni imposte dal Comune: separazione dei nuclei familiari fin quando non venissero apprestati i lager, denominati «campi nomadi», dove ricomporre le famiglie; oppure accettare il «rimpatrio assistito».
La vicenda dei Rom si è protratta per tre giornate, dal venerdì santo alla domenica di pasqua. È quasi simbolico.
Da Giovanni Franzoni – che più o meno quarant’anni fa era l’abate della basilica di san Paolo fuori le mura, e che il giorno di pasqua è venuto a portare la sua amicizia ai Rom condividendo con loro, sul piazzale, il pranzo solidale promosso dalle associazioni che hanno sostenuto la lotta dei Rom – sentii spiegare una volta che dove qualcuno/a è nel bisogno e non trova accoglienza, per chi crede, lì si rinnova la passione di Cristo, si ripete il venerdì santo; quando invece chi soffre viene accolto, allora la vita si rinnova ed è pasqua. Per dire che il venerdì santo e la pasqua, la passione e la resurrezione, non capitano una volta all’anno ma tutti i giorni.
E la vicenda degli scorsi giorni dei Rom si è svolta per l’appunto tra un alternarsi di rifiuti e di accoglienza. Rifiuti delle istituzioni e accoglienza da parte della società. La passione di questo gruppo di oltre 150 Rom è iniziata il 18 aprile con lo sgombero del campo dell’ex Miralanza. Sbaraccati dal misero rifugio di fortuna, una sessantina di persone, tra cui almeno una decina di bambini, restano prive di quella parvenza di tetto che erano riuscite a darsi. Si spargono per i giardinetti della zona, ma anche da lì le forze dell’ordine le scacciano. Arpjtetto, l’associazione di volontari che opera nella zona, segnala l’emergenza alla comunità di base di san Paolo e i Rom vengono accolti nel salone di via Ostiense dove trascorrono la notte. Al mattino vanno via per cedere il posto ai richiedenti asilo che arrivano alle 9 per partecipare alla scuola di italiano che Asinitas gestisce da anni in maniera impeccabile. Per alcuni giorni i Rom della ex Miralanza vagano alla ricerca di una soluzione che non trovano.
Venerdì 22 altro sgombero, altra passione. Questa volta tocca al campo di via dei Cluniacensi, in zona Tiburtino. Intervengono altre associazioni: Popica, Arci Solidarietà e Apjtetto.
La Comunità di Sant’Egidio invia un comunicato in cui protesta fortemente per la politica del Comune. Il sindaco Alemanno risponde: «siete fuori dalla realtà». C’è chi commenta che se la «realtà» è questa meglio starne fuori.
Si decide di unire i nuovi «sgombrati» a quelli dell’ex Miralanza. L’appuntamento è alla basilica di san Paolo, che si raggiunge con la metro.
È la mossa che si rivelerà vincente. Per due motivi: anzitutto l’accoglienza, che l’abbazia, sia pure con qualche ambiguità e contraddizione concede, protegge i Rom dalle forze dell’ordine che non vi possono entrare [solo qualche funzionario della Digos che se ne sta in disparte è dentro ad osservare in silenzio]. In questa situazione i Rom si sentono rincuorati. In secondo luogo l’occupazione pacifica e sommessa «fa notizia» e nella società dell’immagine scattano i media.
Il piazzale si riempie di televisioni, fotografi e giornalisti e di quasi tutte le associazioni impegnate nella difesa dei diritti dei Rom. A Arpjtetto, Popica, ed Arci si aggiungono A Buon Diritto, Aizo Onlus, Casa dei Diritti Sociali, Comitato ex Casilino 900, Comunità di Base di san Paolo, Donne antirazzista della Casa Internazionale delle Donne, Federazione Romanì, Monteverde Antirazzista, Osservatorio Antirazzista del Pigneto. E inoltre la Funzione Pubblica delle Cgil di Roma Ovest e esponenti di vari partiti e i Blocchi Precati Metropolitani. Accorre anche il presidente dell’XI Municipio, Andrea Catarci, che sarà presente sino alla fine della vicenda, portando con sé un figlio, in braccio o in carrozzina.
Escono i primi lanci di agenzie, poi i telegiornali e i quotidiani on line. La maggior parte dei media si schierano (miracolo! davvero è pasqua) dalla parte dei Rom criticando duramente l’operato delle istituzioni. La trattativa condotta da una solerte funzionaria prefettizia e un assessore del Comune si avvia dunque sotto la pressione dell’opinione pubblica. I Rom non cedono.
Alle 19 si chiudono i cancelli e si apprende che l’abbazia ha fatto entrare i Rom nell’edificio e la Caritas sta portando cibi e coperte.
Al mattino i/le Rom usciti/e per fare dei piccoli acquisti non sono però fatti rientrare. I contatti con quelli che sono dentro si tengono con i cellulari. All’interno la trattativa prosegue. Le istituzioni insistono. I Rom non cedono.
All’esterno alle associazioni e ai media si aggiungono cittadini e cittadine che vengono a dare solidarietà.
Trascorre così l’intera giornata di sabato. Si profila la continuazione dell’occupazione anche per il giorno dopo. Si decide perciò di invitare i romani e le romane ad un pranzo solidale lì, in strada per il giorno di pasqua. È un rischio, perché non c’è tempo per organizzarlo. Ma riuscirà. Si comincia a pensare anche al lunedì.
Intanto si fa sera, il tempo si rannuvola. All’aperto vi sono tra gli altri anche due famiglie con bambini piccolissimi; due sono gemelli nati da appena due settimane. Il Municipio monta allora una tenda sul piazzale per ripararvi chi non può rientrare nella basilica. Ma arriva, solenne, un messo comunale che sembra venire dall’epoca delle grida manzoniane, e dà lettura in pubblico di un’ordinanza del sindaco che impone di smontare la tenda. La polizia esegue.
Piove. I rom provano a trovare rifugio nella basilica ma la gendarmeria vaticana impedisce a loro e agli attivisti di entrarvi. Molti fedeli, convenuti per la veglia pasquale che annuncia che Cristo dopo la morte risorse all’alba di un giorno di oltre duemila anni fa, solidarizzano con la lotta dei Rom: alcuni rifiutano addirittura di entrare nella chiesa alla quale oggi è inibito l’ingresso dei Rom. Una famiglia venuta a far battezzare il figlio vi rinuncia tra gli applausi dei presenti.
Le due famiglie con bambini piccolissimi però si arrendono, è troppo alto il rischio se restano sotto la pioggia: accettano il rimpatrio. Si aggiungono a quanti – poco più di una decina – l’avevano accettato in precedenza. Gli altri e le altre Rom trovano ospitalità per la notte nella comunità di base che apre di nuovo la porta della sua sede.
Al mattino la trattativa riprende: le istituzioni insistono nel voler separare gli uomini dalle donne e dai bambini, ma i Rom non cedono. Arriva Giovanni Franzoni che rilascia delle dichiarazioni molto ferme e fa pressione sulla Caritas perché non sostenga l’aut aut del Comune ma trovi una soluzione alternativa. Dal canto loro le associazioni si attivano per allestire una soluzione che veda l’accoglienza dei singoli nuclei familiari in più punti della città. Incredibile. le Tv e i giornali incalzano e anche il papa dal balcone da cui si affaccia per la benedizione spende una parola di solidarietà con i Rom.
Sul piazzale si svolge il «pranzo solidale». A un certo punto la trattativa si interrompe. Di fronte alla ferma posizione dei Rom le istituzioni si ritirano. La situazione è in stallo.
La basilica non può scacciare i Rom ma nemmeno può continuare ad ospitarli all’infinito, tanto più che il primo maggio si avvicina e sarebbe molto disdicevole che la beatificazione del papa che si è voluto santo subito avvenisse con la basilica di san Paolo occupata dai Rom.
Fallita l’opera di convincimento, la Caritas cambia strategia: si dà carico di realizzare in proprio una soluzione che accolga la richiesta dei Rom di non smembrare neppure provvisoriamente i nuclei familiari. L’annuncio viene accolto da grandi applausi di chi è all’interno dell’abbazia. Da fuori si sentono. I Rom hanno vinto.
Quelli di loro che sono sul piazzale vengo fatti entrare. Arrivano i pullman per portare tutti e tutte nella nuova destinazione. Non è un gran che, ma meglio che niente. E soprattutto stanno insieme, donne bambini e uomini. L’alternarsi di rifiuti ed accoglienza è finito. Sono passate le 20. Finalmente è pasqua.
Le associazioni che dal venerdì alla domenica sono rimaste sul piazzale, si riuniscono e stilano un comunicato in cui danno atto alla Caritas e a Sant’Egidio del contributo fornito per trovare per la prima volta a Roma una soluzione che accoglie le richieste dei Rom segnando una netta sconfitta della politica degli sgomberi e della segregazione nei «campi nomadi». di Nino Lisi
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