venerdì 8 luglio 2011

Bologna, Corte d'appello: "È rom, normale che non vada a scuola"

Ha fatto scalpore la sentenza della Corte d'Appello di Bologna che risposto picche alla Procura dei Minori che le chiedeva di affidare una bambina rom ai servizi sociali per darle una vita migliore in comunità di accoglienza. La bambina vive a Parma nell'area residenziale istituita dall'Amministrazione comunale e frequenta in maniera saltuaria la scuola. Per questo la Procura dei Minori ha chiesto l'allontanamento dalla famiglia.
È giusto togliere un figlio ai genitori perché non lo mandano a scuola? La bambina ha dodici anni e in prima media andava a scuola un giorno sì e due no. Sono intervenuti gli assistenti sociali e la Polizia municipale. E' partita la segnalazione al Tribunale dei Minorenni e il procuratore dei minori Ugo Pastore, citando le norme a tutela dei diritti degli under 18, dalla convenzione di New York al codice penale, ha chiesto di allontanare la piccola dalla famiglia.
No, ha risposto il Tribunale. La sezione della Corte d'Appello, presieduta da Vincenzo De Robertis, con due giudici togati e due laici esperti, ha così confermato e motivato: "La condizione nomade e la stessa cultura di provenienza non induce a ritenere la sussistenza di elementi di pregiudizio per la minore". Non sono provati "comportamenti dei genitori che non siamo riferibili al normale modo di vita per condizione e per origine". Per la Corte, non mandare a scuola la figlia e farla vivere in condizioni igieniche precarie non rappresenta quindi un "pregiudizio" sufficiente. Immediate le reazioni.
Dimitris Argiropoulos della Federazione Romanì ha affermato: "In questo modo si aumenta la marginalità e la discriminazione. Il problema non è la cultura dei rom, ma la cultura dell'abbandono in cui sono costretti a vivere. Il problema è la povertà. Se un italiano è povero e non cura i figli si dice che è colpa della sua origine italiana?".
Maria Amigoni, preside di una scuola di frontiera al quartiere Pilastro:"Questa sentenza non la capisco tutte le norme dicono che la scuola è un diritto di tutti. Sono andata tante volte a prendere i bambini al campo e a poco a poco la scuola è entrata a far parte della vita delle loro famiglie. Nei casi più gravi facevamo segnalazioni ai servizi".
Quanto a noi di Sucar Drom non ci riconosciamo in nessuno di questi commenti. Pensiamo che la decisione della Corte d'Appello di Bologna sia giusta perchè non si allontana un minore dalla propria famiglia perchè non frequenta la scuola o perchè vive in condizioni condizioni igieniche precarie. Primo fra tutti perchè come ha riconosciuto la Corte d'Appello non esiste il dolo da parte dei genitori, ovvero non sono ritenuti responsabili della situazione. In secondo luogo perchè in Italia lo Stato non “rapisce” i bambini che vivono in condizioni di povertà e frequentano in maniera saltuaria la scuola. Non convincono, a noi di Sucar Drom, le altre motivazioni che hanno portato alla sentenza, infatti i rom per cultura non sono poveri e non è certo un tratto culturale non mandare i bambini a scuola. Di fatto le motivazioni della Corte d'Appello sono stereotipate perchè si giustifica la famiglia dal non mandare la bambina a scuola per un presunto aspetto culturale. Sic!
Comunque è una buona notizia perchè se la sentenza fosse stata di segno diverso sarebbe stato un vero disastro. In effetti la scolarizzazione dei minori rom ma anche sinti è un problema irrisolto ma non certo per la cattiva volontà delle famiglie (anche se casi possono esserci) ma per un sistema scolastico e di diritto allo studio che non riconosce questi bambini e di conseguenza li segrega, come denunciato dalle maggiori organizzazioni internazionali. Speriamo che nel dispositivo della sentenza (che non abbiamo letto nella sua completezza) sia chiarito quali obblighi abbia la famiglia e quali obblighi abbia il Comune di Parma per offrire il diritto allo studio alla bambina rom. Perchè è da rilevare che il Comune di Parma negli ultimi anni non si è certo distinto in azioni positive a favore delle famiglie rom, profughe dalla Bosnia (ex Yugoslavia).

3 commenti:

Fabrizio ha detto...

Da Altrenotizie.org

Kaptin Bluddflagg ha detto...

No, scusate ma "non si allontana un minore dalla propria famiglia perchè non frequenta la scuola o perchè vive in condizioni condizioni igieniche precarie".

Fermi tutti: certo che sì, e specie nel caso delle condizioni igieniche precarie! Unica eccezione che posso capire, come in questo caso, è quando non sussista il dolo da parte della famiglia. Ma quando esso sussiste, e quindi la famiglia non sta facendo il proprio dovere, ECCOME se il minore va allontanato.

u velto ha detto...

In tutti i casi da noi osservati, compresi tanti casi di famiglie non appartenenti alle minoranze sinte e rom, i Tribunali dei Minorenni non ha mai allontanato i minori per le precarie condizioni igieniche sanitarie, ma imponeva agli EE.LL. (in particolare al Comune di residenza) di attivarsi per mettere in campo azioni che portassero a migliorare la condizione igienico sanitaria.
se non fosse così avremmo in Italia l'allontanamento dalla propria famiglia di centinaia di migliaia di bambini, soprattutto nei territori dell'Italia più depressi economicamente.