Dal 6 ottobre cambia il procedimento per l’azione giudiziaria civile anti-discriminazione - D.lgs. 01.09.2011, n. 150 (G.U. 21.09.2011, n. 220). Le controversie in materia di discriminazione per motivi di nazionalità, etnico-razziali, di credo religioso, età, disabilità o orientamento sessuale, di genere nell’accesso ai beni e servizi, saranno regolate dal rito sommario di cognizione.
Trascorsi quindici giorni dalla data di pubblicazione sulla G.U. del d.lgs. 01.09.2011 n. 150 (“Disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi dell’art. 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69”), avvenuta il 21 settembre scorso (in G.U. 21.09.2011, n. 220), il 6 ottobre entrano in vigore le nuove disposizioni in materia di procedimento per l’azione civile anti-discriminazione prevista dall’art. 44 del d.lgs.n. 286/98.
Con l’entrata in vigore dell’art. 28 del d.lgs. n. 150/2011, le controversie in materia di discriminazione per motivi, fra l’altro di nazionalità, di cui all’art. 44 del d.lgs. n. 286/98, per motivi etnico-razziali di cui all’art. 4 del d.lgs. n. 215/2003, per motivi di credo religioso o convinzioni personali, eta’, disabilita’ o orientamento sessuale, di genere sessuale nell’ambito dell’offerta di beni e servizi di cui all’art. 55-quinques del codice per le pari opportunità, saranno regolate dal rito sommario di cognizione di cui al capo III bis del titolo I del libro quarto del codice di procedura civile (art. 702-bis, ter e quarter del c.p.c.) e non piu’ dal procedimento cautelare atipico di cui al vecchio art. 44 del T.U. imm.
Le nuove disposizioni si applicheranno solo per i procedimenti avviati e dunque per i ricorsi depositati dopo il 6 ottobre 2011, data di entrata in vigore del decreto legislativo, mentre le norme relative al rito cautelare atipico di cui al vecchio art. 44 d.lgs. n. 286, ora emendato, continueranno ad applicarsi alle controversie ancora pendenti al 6 ottobre 2011.
Di conseguenza, per le azioni civili anti-discriminazioni instaurate dopo il 6 ottobre 2011 sarà competente il tribunale in composizione monocratica del luogo di domicilio del ricorrente, con l’applicazione delle norme di cui all’art. 702-bis del c.p.c. che prevedono la costituzione del convenuto non oltre dieci giorni prima dell’udienza e la notifica del ricorso al convenuto con almeno trenta giorni di anticipo rispetto alla data fissata per la sua costituzione. Avverso l’ordinanza emanata in primo grado dal giudice monocratico, potrà essere presentato ricorso alla Corte di Appello entro trenta giorni dalla sua comunicazione o notifica . L’ordinanza del collegio giudicante della Corte di Appello potrà essere impugnata dinanzi alla Cassazione. La principale novità, dunque, è costituita dal fatto che l’ordinanza emessa dal giudice monocratico, se non appellata, produce gli effetti di cui all’art. 2909 del c.c., quindi passa in giudicato, mentre con il testo precedente di cui all’art. 44 del d.lgs. n. 286/96 l’ordinanza veniva pronunciata nell’ambito di un procedimento avente natura cautelare e dunque non poteva avere carattere definitivo, implicando la possibilità per la parte di iniziare il procedimento civile ordinario di merito al termine del procedimento ex art. 44 T.U.
Per il resto, il nuovo testo dell’art. 44 del T.U. imm., introdotto dal d.lgs. n. 286/98 non apporta novità significative. Viene ribadito il principio, del resto imposto dalle direttive n. 2000/43/CE e n. 2000/78/CE, del bilanciamento dell’onere probatorio, per cui il ricorrente vittima di una discriminazione può limitarsi a fornire in giudizio gli elementi di fatto dai quali si può desumere prima facie l’esistenza della discriminazione, mentre spetterà al convenuto l’onere di provare l’insussistenza della discriminazione. Un’importante precisazione viene introdotta dall’art. 28 c. 5, che stabilirebbe l’obbligo del giudice, in caso di discriminazioni a carattere collettivo, ove il giudice intenda ordinare un piano di rimozione delle medesime, di sentire l’associazione legittimata ad agire che ha inoltrato il ricorso.
La questione che vale la pena sottolineare, invece, è che con il medesimo decreto legislativo sono stati ricondotti al rito sommario di cognizione di cui agli artt. 702-bis, ter e quarter del c.p.c. tutta una serie di procedimenti giudiziari civili, molti dei quali inerenti alle controversie in materia di diritto dell’immigrazione e dell’asilo, tra cui quelle relative all’allontanamento dei cittadini di Stati membri UE e loro familiari, al riconoscimento della protezione internazionale, per le quali viene mantenuta la competenza territoriale del tribunale del capoluogo del distretto di corte di appello in cui ha sede la commissione territoriale asilo. La riconduzione dell’azione civile anti-discriminazione al rito sommario civile di cognizione potrebbe dunque comportare un allungamento dei tempi del procedimento rispetto alla tempistica anche molto rapida registrata in molti casi in questi anni di applicazione del procedimento cautelare atipico di cui al vecchio art. 44 del d.lgs. n. 286/98. da ASGI
Di seguito pubblichiamo il testo integrale dell’art. 28 del d.lgs. n. 150 dd. 01.09.2011:
Art. 28 Delle controversie in materia di discriminazione
1. Le controversie in materia di discriminazione di cui all'articolo 44 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, quelle di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215, quelle di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216, quelle di cui all'articolo 3 della legge 1° marzo 2006, n. 67, e quelle di cui all'articolo 55-quinquies del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, sono regolate dal rito sommario di cognizione, ove non diversamente disposto dal presente articolo.
2. È competente il tribunale del luogo in cui il ricorrente ha il domicilio.
3. Nel giudizio di primo grado le parti possono stare in giudizio personalmente.
4. Quando il ricorrente fornisce elementi di fatto, desunti anche da dati di carattere statistico, dai quali si può presumere l'esistenza di atti, patti o comportamenti discriminatori, spetta al convenuto l'onere di provare l'insussistenza della discriminazione. I dati di carattere statistico possono essere relativi anche alle assunzioni, ai regimi contributivi, all'assegnazione delle mansioni e qualifiche, ai trasferimenti, alla progressione in carriera e ai licenziamenti dell'azienda interessata.
5. Con l'ordinanza che definisce il giudizio il giudice può condannare il convenuto al risarcimento del danno anche non patrimoniale e ordinare la cessazione del comportamento, della condotta o dell'atto discriminatorio pregiudizievole, adottando, anche nei confronti della pubblica amministrazione, ogni altro provvedimento idoneo a rimuoverne gli effetti. Al fine di impedire la ripetizione della discriminazione, il giudice può ordinare di adottare, entro il termine fissato nel provvedimento, un piano di rimozione delle discriminazioni accertate. Nei casi di comportamento discriminatorio di carattere collettivo, il piano è adottato sentito l'ente collettivo ricorrente.
6. Ai fini della liquidazione del danno, il giudice tiene conto del fatto che l'atto o il comportamento discriminatorio costituiscono ritorsione ad una precedente azione giudiziale ovvero ingiusta reazione ad una precedente attività del soggetto leso volta ad ottenere il rispetto del principio della parità di trattamento.
7. Quando accoglie la domanda proposta, il giudice può ordinare la pubblicazione del provvedimento, per una sola volta e a spese del convenuto, su un quotidiano di tiratura nazionale. Dell'ordinanza è data comunicazione nei casi previsti dall'articolo 44, comma 11, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, dall'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215, dall'articolo 4, comma 2, del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216, e dall'articolo 55-quinquies, comma 8, del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198
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