Un centinaio di giovani, armati di spranghe, bastoni e bombe carta, hanno dato l’assalto al campo abusivo abitato da rom a Torino. Lo hanno fatto per vendicare una ragazza stuprata da due “zingari”. La ragazza, però, ha mentito: nessuno "zingaro" l’ha violentata.
Non mi interessa sapere il motivo per cui la ragazza ha dichiarato il falso, a questo penserà la magistratura. Ciò che mi pare preoccupante è constatare, che la prima persona ad essere venuta in mente alla sedicenne è stata uno “zingaro”. All’epoca del delitto di Novi erano gli albanesi i primi a cui si pensava in caso di violenza, oggi, invece, sono gli “zingari”. Ma, a ben conoscere la storia del popolo rom, lo “zingaro” è stato da sempre uno splendido e indifeso capro espiatorio. Più di ogni altra etnia, lo “zingaro” mette d’accordo tutti: compatta l’opinione pubblica. Non c’è bisogno di dimostrare niente: lo "zingaro" è responsabile sulla fiducia. A prescindere.
Mi viene da pensare a quante campagne elettorali si sono vinte agitando al primo punto del proprio programma elettorale la “risoluzione del problema zingari”. E’ risaputo che affrontare problemi quali la scuola o la salute o il lavoro per vincere le elezioni, non è conveniente. E allora, quando siamo a corto di idee, va bene agitare lo spettro degli "zingari". In questo modo ognuno può sentirsi parte attiva perché tutti abbiamo a portata di mano la soluzione giusta al “problema zingari”. Teorie più o meno strampalate da spiegare e sventolare in faccia a quei “buonisti” degli studiosi o dei docenti universitari o dei volontari dell’Arci o di Sant’Egidio o della Caritas o di altre associazioni.
Gli “zingari” sono meravigliosi perché permettono a tutti di non sentirsi, almeno una volta nella vita, l’ultima ruota del carro. E così a Torino un gruppo di persone si sono sentite nel giusto organizzando un pogrom per eliminare “il problema zingari”.
Ma “il problema zingari” si risolve solo affrontando “il problema che hanno i rom”. Diventa perciò importante l’azione che svolge la Federazione Rom e Sinti Insieme nel cercare il dialogo con il governo, ponendo all’ordine del giorno il diritto a beneficiare di diritti. In Italia, i rom e i sinti non sono nemmeno considerati una minoranza linguistica al pari di quella occitana piemontese o catalana di Alghero. In molti campi nomadi si vive con tre bagni per trecento persone e se si prova a costruirne uno, si è accusati, come fece in mia presenza un consigliere comunale di Udine, di abuso edilizio. A Ponticelli i rom vivono in baracche con tetti di eternit e senza acqua né corrente elettrica. In diversi comuni è una rete metallica a separare i campi nomadi ufficiali dalle discariche. Potrei andare avanti chissà quanto.
Solo riconoscendo dei diritti è possibile chiedere il rispetto delle regole. di Pino Petruzzelli, continua a leggere...
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