Ieri pomeriggio alla Conferenza Europea sulla Popolazione Rom, gli interventi dei sindaci Scopelliti (Reggio Calabria), Cofferati (Bologna), Fontanelli (Pisa), Chiamparino (Torino), oltre al Presidente della Puglia Nichi Vendola, al prefetto di Roma Carlo Mosca e al ministro della Solidarietà Sociale Paolo Ferrero, hanno chiuso la prima giornata di lavori. A coordinare a tavola rotonda Gad Lerner. Assenti poco giustificati il Presidente della regione Lombardia Roberto Formigoni e quello del Veneto Giancarlo Galan, forse alle prese con gli stravolgimenti politici delle ultime ore.
Ad aprire il dibattito è un breve intervento di Chiamparino, che sottolinea l'importanza di evitare atteggiamenti "schizofrenici e securitari" sul tema, in base al luogo e al pubblico a cui si parla.
Scopelliti racconta l'esperienza di integrazione della sua città, purtroppo limitata a poche famiglie Rom, mentre è il prefetto Mosca a individuare nella garanzia "per tutti" dei diritti sociali basilari (scuola, casa, salute), la chiave per garantire sicurezza al territorio nazionale. La scolarizzazione, che tra i bambini Rom scende progressivamente man mano che dalla materna si arriva all'insegnamento nelle scuole superiori, è senza dubbio un punto focale da affrontare il più presto possibile, così come Cofferati conferma ("La scuola è il primo laboratori di integrazione sociale), ricordando quale elemento essenziale il lavoro quotidiano impostato su dati reali, attraverso un potenziamento degli strumenti di organizzazione del territorio, per evitare concentrazioni etniche che molto somigliamo all'idea di ghettizzazione.
Secondo Nichi Vendola esiste una visione "fantasmatica, avventuristica e folkloristica dello sconosciuto", laddove il dato di realtà è invece "l'emergenza politica e culturale della questione". Il governatore pugliese invita a "scorre le rassegne-stampa del Nord-America dei primi decenni del Novecento"; per scoprire che in quegli anni "i ladri, gli stupratori e i mafiosi eravamo noi". Ma c'è sempre un'eccezione tra le cattive azioni, e un'eccezione può moltiplicarsi soltanto con una vera e concreta solidarietà tra gli individui. "Ha ragione Bauman -conclude Vendola- quando afferma che ci troviamo di fronte a una società liquida, che inevitabilmente produce anche una paura liquida"; provocata principalmente dai "narratori del reale", quei mass-media che operano consapevolmente dei pericolosi "slittamenti semantici", come avvenuto nella tragica vicenda di Tor di Quinto, della quale, ad esempio, nessuno ha più rimarcato la denuncia del colpevole provenuta proprio da una donna Rom. Il tutto, per lasciare nell'aria "l'allarmante profumo di nuovi apartheid".
La chiusura spetta al ministro Ferrero (in foto) che inizia la sua relazione sottolineando l'importanza della conferenza per due motivi: "La prima è che vuol dire che il governo non è ancora caduto -riassume ironicamente-; l'altro è che tra pochi giorni ricorre la giornata della memoria (27 gennaio).
Il ministro ribadisce "il livello di pregiudizio talmente alto, che non ci si accorge più del fatto che parlare degli «zingari» vuol dire parlare di noi". Un concetto ribadito con forza, perché "in Italia il razzismo sta crescendo, soprattutto al nord, dove lo spaesamento e la paura del futuro portano quasi naturalmente a individuare il capro espiatorio nello «zingaro»". Di qui l'urgenza di un deciso intervento politico e sociale, che riduca "il grado generale di insicurezza riscontrabile nel nostro paese", per facilitare un ritorno a legami sentiti e solidali tra individui nella società italiana. "Ecco perché -chiosa Ferrero- parlare degli «zingari» vuol dire parlare della società italiana".
Oggi la conferenza verrà conclusa dall'intervento del ministro dell'Interno Giuliano Amato, seduto nel corso dell'intera giornata in prima fila, e che prima di lasciare la sala commenta: "Questa conferenza già conferma che molte volte si decidono dei provvedimenti non in base a dei giudizi, bensì a dei pre-giudizi. Informarci nella maniera corretta è il primo dei nostri compiti".
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