L’iniziativa di Maroni di schedare i Sinti e i Rom con rilievi biometrici ha fatto scoppiare la polemica in Italia. Soprattutto alimentata dalle dichiarazioni del ministro che anche i bambini sinti e rom saranno sottoposti a tale rilievo.
Il Ministro si fa forte di quanto previsto nelle tre ordinanze (Lombardia, Lazio e Campania) firmate dal Presidente Berlusconi il 30 maggio scorso. Se analizziamo queste ordinanze potremmo trovare molte similitudini con le ordinanze sindacali che ogni giorno vengono emesse, soprattutto nel Nord Italia, contro le popolazioni sinte e rom.
Il Ministro Maroni e gli esponenti della Lega Nord continuano a ripetere che le misure previste sono a favore dei Sinti e dei Rom ma in effetti non troviamo nelle ordinanze la principale misura richiesta a gran voce dalle popolazioni sinte e rom e da tutte le organizzazioni internazionali: il riconoscimento ai Sinti e ai Rom dello status di minoranze.
Anzi, nelle ordinanze troviamo i soliti luoghi comuni che associano le minoranze sinte e rom ai problemi dell’immigrazione ma in Italia la stragrande maggioranza di Sinti e Rom hanno la Cittadinanza italiana perché presenti circa seicento anni.
Certo ci sono situazioni critiche a Milano, Roma e Napoli ma la responsabilità è di chi non ha mai voluto governare l’immigrazione. E il problema non possono essere certo i circa duemila Rom rumeni a Milano, una metropoli di oltre un milione e mezzo di abitanti. Inoltre, in queste Città chi ha amministrato non ha mai promosso una seria politica per la casa non solo per i Rom ma per tutti i Cittadini.
Tutti noi siamo consapevoli dei problemi di queste tre Città ma è indubbio che la volontà che sottende a questi interventi è persecutoria e razzista, come lo sono le innumerevoli ordinanze sindacali che in questi anni sono state emesse, perché in queste ordinanze non vi è nemmeno una delle azioni che ad esempio il Parlamento europeo o il Consiglio d’Europa ha chiesto di attuare negli Stati membri.
Confrontiamo ad esempio la Raccomandazione 1557/2002 del Consiglio d’Europa con l’Ordinanza per la Lombardia. Nella raccomandazione si pongono sei condizioni
1) Riconoscere lo stato giuridico di minoranze ai Sinti e Rom. Azione non presente nell’ordinanza.
2) Elaborare ed attuare programmi specifici atti a migliorare l'integrazione dei rom e dei sinti nella società come individui, comunità, gruppi minoritari, assicurare inoltre la loro partecipazione ai processi decisionali a livello locale, regionale, nazionale ed europeo. Azione non presente nell’ordinanza.
3) Garantire ai Sinti e ai Rom trattamenti in quanto gruppo minoritario nel campo dell'istruzione, dell'impiego, della assistenza medica, dei servizi pubblici, della sistemazione abitativa. Azione non presente nell’ordinanza.
4) Sviluppare e mettere in atto azioni positive che favoriscono le classi svantaggiate quali appunto i rom e i sinti nel campo dell’istruzione del impiego degli alloggi. Azione non presente nell’ordinanza.
5) Prendere provvedimenti precisi e creare istituzioni speciali per proteggere la lingua, la cultura, le tradizioni, di identità sinte e rom. Azione non presente nell’ordinanza.
6) Combattere il razzismo, xenofobia, l'intolleranza e garantire un trattamento non discriminatorio dei rom/sinti a livello locale, regionale, nazionale, internazionale. Azione non presente nell’ordinanza.
È quindi evidente che il problema non è tanto la “schedatura” con rilievi biometrici per i minori e anche per gli adulti ma è un’impostazione criminalizzante che persegue l’obiettivo di negare a Sinti e a Rom i diritti che ogni Cittadino italiano ed europeo gode dalla nascita.
Tant’è che anche i politici, i giornalisti e la società civile in generale si scandalizzano oggi per l’intento del Ministro Maroni di attuare il rilievo biometrici per i bambini rom e sinti ma non si scandalizzano se dei Cittadini italiani sono rinchiusi in un “campo nomadi” con un presidio di Forze dell’ordine all’entrata che controlla i tesserini di chi entra e chi esce. Ne si scandalizzano quando una famiglia di Cittadini italiani è cacciata prima dal luogo di residenza perché non hanno obbedito al “patto di legalità e socialità” e gli vengono tolti i figli dopo alcuni mesi perché non hanno più una “casa”. di Carlo Berini
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