Quel pasticciaccio del pacchetto sicurezza del ministro Roberto Maroni sui bambini fantasma. A dieci giorni dall'entrata in vigore della legge - 8 agosto - prefetture, questure e associazioni del volontariato annaspano nella confusione. Alle preoccupazioni, avanzate a Prato al tavolo sulla sicurezza, riguardo alla legge Maroni, il ministero dell'Interno, sollecitato dal Tirreno, ci ha impiegato un'intera giornata per precisare che «le notizie riguardanti la possibilità che le nuove norme contenute nel pacchetto sicurezza impediscano ai genitori non in regola con il permesso di soggiorno di iscrivere all'anagrafe il figlio nato in Italia sono destituite di fondamento».
Maroni rassicura. Il Viminale aggiunge anche che per gli atti di stato civile, tra cui rientra quello di nascita, «non è richiesta l'esibizione del permesso di soggiorno» e che le straniere irregolari «che hanno un figlio in Italia hanno titolo ad un permesso di soggiorno con validità fino a sei mesi dopo il parto, che può essere anche rilasciato al padre».
Dunque Giovanni Daveti, il funzionario della prefettura di Prato che si occupa di cinesi e gli altri esponenti del tavolo della sicurezza pratese, hanno preso un colpo di sole, in questo torrido fine luglio? Non è così. Le norme non sono chiare. E le perplessità attraversano le associazioni di volontariato mentre dalla questura di Prato spiegano che non esiste ancora una circolare applicativa.
L'articolo della discordia. Lo stesso Riccardo Mazzoni, deputato del Pdl di Prato, pur negando che ci possano essere rischi per i figli di mamme clandestine, ammette: «Il contestato articolo 1, comma 22, lettera g del ddl stabilisce in effetti l'obbligo per il cittadino straniero di esibire il permesso di soggiorno anche per i provvedimenti inerenti agli atti di stato civile, ma nessun articolo e nessun comma impedisce di dichiarare la nascita di un figlio. Le singole norme vanno lette all'interno dell'intero sistema normativo».
Il cavillo dietro l'angolo. Già, l'intero sistema normativo. Una norma che rimanda all'universo mondo delle norme: il massimo della semplificazione. E si sa, lo sanno bene soprattutto i legislatori, nei dettagli delle norme si rintana spesso il cavillo. Ma cerchiamo di capire i dubbi, le perplessità. Dunque la legge sulla sicurezza all'articolo 6 prevede che una donna clandestina possa recarsi all'ospedale per partorire senza esibire il permesso di soggiorno. Come d'altra parte tutti i clandestini che hanno urgente bisogna di cura. L'ospedale rilascia loro una tessera, la Stp (Straniero temporaneamente presente). Così come può effettuare la dichiarazione di nascita e di riconoscimento del figlio naturale anche senza permesso. Da clandestina.
Chi non il passaporto. Il Viminale aggiunge anche che le straniere irregolari che devono partorire un figlio hanno titolo ad un permesso di soggiorno dopo il terzo mese di gravidanza e fino a 6 mesi dopo il parto. Ma l'associazione Save the Children denuncia che per ottenere tale permesso di soggiorno è necessario presentare il passaporto. Di cui molte donne clandestine sono prive, come ad esempio donne rifugiate che hanno ricevuto un diniego in prima istanza e che sono ricorrenti, o donne di origine rom. «Conseguentemente, non potendo esibire questo documento non possono neanche ottenere questo permesso di soggiorno temporaneo. E quindi non possono registrare e riconoscere il figlio», secondo l'associazione Save the Children.
E dopo i sei mesi? Tutto questo non è vero? L'associazione sfida Maroni: «Emettere una circolare esplicativa che non lasci spazio ad interpretazioni restrittive». Poniamo che, nonostante le norme confuse e pasticciate, una donna irregolare possa riconoscere il proprio figlio. Resta l'interrogativo: dopo i sei mesi cosa succede alla donna? Se si ricongiunge con un familiare che è già regolare sul territorio lei stessa viene regolarizzata.
Inoltre, spiega il sottosegretario Alfredo Mantovano, per sei mesi sia la madre che il padre del bimbo sono regolari. E il babbo può trovare lavoro, mettersi in regola. «Altrimenti come tutti gli altri clandestini devono lasciare il paese», sottolinea Mantovano (vedi intervista a parte). E se la mamma è sola, senza marito? E se in sei mesi uno non trova lavoro? O lo trova e lo riperde? Quale futuro per un bambino di 6 mesi? Il Viminale tace. I dubbi restano. di Mario Lancisi
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