Dilettanti allo sbaraglio. Non sembra esserci espressione più appropriata per definire l’ondivago e claudicante procedere della giunta Alemanno su qualsiasi tema che abbia un minimo di impatto sociale e mediatico. A tornare per qualche ora sotto i riflettori è stato stavolta il famoso “piano rom”, più volte sbandierato dal primo cittadino della capitale come un esempio della possibilità di coniugare «rigore e solidarietà». L’ennesima gaffe porta il nome di Giordano Tredicine, lo sgomitante presidente pidiellino della Commissione Politiche Sociali di Roma Capitale che, qualche giorno fa, ha fatto ricoprire il quartiere romano di Tor Fiscale di manifesti inneggianti allo sgombero dei rom che da circa due mesi vengono ospitati in uno stabile di proprietà della Caritas, situato in Via di Torre Branca.
I rom in questione, tanto per la cronaca, sono quelli sgomberati dal campo abusivo di Via dei Cluniacensi, sulla Tiburtina, che lo scorso Venerdì Santo si erano rifugiati nella Basilica di San Paolo in cerca di un riparo e la cui situazione di emergenza aveva determinato un acceso conflitto fra l’amministrazione, da un lato, e la Caritas e la Comunità di Sant’Egidio dall’altro (v. notizia precedente). Lo stallo creatosi si era infine sbloccato quando la Caritas aveva messo a disposizione delle famiglie rom il capannone sito nel IX municipio della capitale.
«Risultato raggiunto! Tor Fiscale libera!!! Chiusa la struttura dei nomadi» ammiccavano, dai muri del quartiere, la mattina di sabato 25 giugno, i manifesti firmati Tredicine. Senonché, dopo poche ore, lo stesso consigliere era costretto a fare marcia indietro, spiegando che «il trasferimento è stato rinviato di concerto con la Caritas, perché si stanno vagliando altre due o tre destinazioni possibili, per venire incontro alle esigenze e alle richieste della comunità rom». «Dopo aver annunciato il trasferimento in pompa magna, dopo aver riempito il quartiere di manifesti, i rom sono rimasti dov’erano. Ormai questa amministrazione sfiora il grottesco», non perdeva occasione di dichiarare, di lì a poco, il coordinatore del Forum Immigrazione del Pd di Roma Sergio Gaudio. A quest’ultimo rispondeva a stretto giro Ugo Cassone, Pdl, vicepresidente della Commissione Politiche Sociali: «Condivido pienamente l’impegno del presidente Tredicine, finalizzato a coniugare la tutela dei residenti di Tor Fiscale con la garanzia di condizioni di vita dignitose per i rom».
Nelle ore successive, sull’intera vicenda dell’annunciato trasferimento, e sul ruolo giocato in essa dalla diocesi, il mistero si infittiva. Con un comunicato stampa, la Caritas di Roma esprimeva infatti «rammarico e preoccupazione» per le dichiarazioni di Tredicine (come anche per quelle di Gaudio) appellandosi al senso di responsabilità di politici e giornalisti al fine di evitare, secondo le parole usate dal direttore mons. Enrico Feroci, «il gioco della strumentalizzazione degli schieramenti politici sulla pelle di chi vive nel disagio e nella povertà». La diocesi, sempre tramite lo stesso comunicato stampa, rendeva anche noto di non aver «in alcun modo interloquito» né con Tredicine, né con Gaudio. Per cui il rinvio del trasferimento «di concerto con la Caritas» sarebbe in realtà un’invenzione di Tredicine, ansioso, al pari di molti altri suoi colleghi appartenenti al Centrodestra romano, di cavalcare e di strumentalizzare tanto l’esasperazione dei cittadini residenti nei quartieri popolari di Roma (indirizzandone il malcontento verso risposte xenofobe) quanto l’attenzione ai temi sociali propria di buona parte dell’elettorato cattolico e di un pezzo delle gerarchie ecclesiastiche.
Diversa la versione dei fatti fornita dagli operatori della cooperativa Popica, attiva nel campo di Tor Fiscale, secondo i quali non solo la Caritas sarebbe stata informata del rinvio, ma sarebbe anche stata d’accordo, almeno inizialmente, con il trasferimento dei rom nella ex cartiera di via Salaria, oggetto di un dossier di denuncia da parte della Associazione 21 luglio per le condizioni di estrema precarietà di alloggio e assistenza. «Solo dopo la nostra ferma opposizione», ha dichiarato a Repubblica Gianluca Staderini di Popica, «gli operatori della Caritas hanno fatto marcia indietro. Eppure proprio loro avevano sottoscritto con noi e con la cooperativa “Un sorriso”, che gestisce il campo, un progetto di inserimento lavorativo e alloggiativo di lunga durata». Gli operatori della Caritas presenti a Tor Fiscale, dal canto loro, smentiscono categoricamente la versione di Popica. di Marco Zerbino
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