Il 2020 è l'ultimo anno di attuazione
della Strategia nazionale d'inclusione dei rom, dei sinti e dei
camminanti 2012 – 2020 comunicazione della Commissione europea n. 173/2011, approvata dal Governo
italiano nel febbraio 2012. Sucar Drom, Istituto di cultura sinta e
Articolo 3 Osservatorio sulle discriminazioni e Nevo Drom hanno raccolto l'invito
dell'UNAR di indicare le criticità rilevate in questi anni e offrire
proposte per la scrittura della nuova Strategia nazionale. Il
documento, inviato alcune settimane fa al Governo, lo pubblichiamo in
due post distinti per facilitare la lettura. Nelle prossime settimane
il documento sarà inviato alla Commissione europea con alcune
modifiche. Per ricevere il documento completo in formato pdf scrivi a
osservatorio@articolo3.org.
Offrire un bilancio esaustivo sulla
Strategia 2012 – 2020 è impossibile perché non è stato
consegnato alle associazioni un consuntivo sulle azioni/progettualità
attuate. Difficile anche indicare priorità od offrire una
considerazione sugli spunti di riflessione sulle sei possibili linee
di policy discusse a livello europeo perché sono state offerte
scarne informazioni alle associazioni e non vi è stato un confronto
politico tra la piattaforma e l'attuale Governo italiano.
L'approvazione della Strategia
nazionale è stata preceduta da:
- il Rapporto conclusivo dell'indagine
sulla condizione dei rom, sinti e camminanti in Italia della
Commissione Straordinaria per la Tutela e la Promozione dei Diritti
Umani del Senato italiano;
- l'azione della Magistratura che ha
demolito l'impianto discriminatorio delle politiche (decreti
emergenza nomadi) volute dal Governo italiano a partire dal giugno
2008;
- le manifestazioni in tutto il Paese
della Federazione Rom e Sinti Insieme, culminate nella grande
manifestazione di novembre 2011.
La Strategia approvata a febbraio 2012
- annunciava «[…] è necessario
superare l'approccio di tipo assistenzialista e/o emergenziale ed
attuare misure adeguate e specifiche, affinché siano pienamente
affermati l'uguaglianza, la parità di trattamento (art. 3 della
Costituzione italiana) e la titolarità dei diritti fondamentali e
dei doveri inderogabili (art.2 della Costituzione italiana). Il
richiamo all'articolo 3 della Costituzione, che riconosce la pari
dignità sociale a tutti i cittadini, appare essenziale per la
condizione dei Rom, Sinti e Caminanti, popolazioni spesso
discriminate, emarginate e stigmatizzate»;
- definiva «[…] obiettivo generale […]
quello di promuovere la parità di trattamento e l'inclusione
economica e sociale delle comunità RSC nella società […]».
L'approccio della Strategia prevedeva,
alla sua base e ossatura, il contrasto delle discriminazioni per poi
costruire l'azione sui quattro assi d'intervento: lavoro, istruzione,
salute e abitazione.
Le azioni di sistema a contrasto delle
discriminazioni non sono state attuate e di conseguenza le persone
appartenenti alla minoranza linguistica sinta e rom rimangono le più
colpite da discorsi d'odio e discriminazioni, anche istituzionali. Le
persone subiscono una discriminazione sistemica (etnico-razziale) che
ha effetti più gravi nei confronti dei minori e anziani (età),
delle donne (genere), dei disabili (disabilità), degli stranieri
(nazionalità) e degli appartenenti alla comunità lgbt+
(affettività). La maggior parte delle persone appartenenti alla
minoranza sinta e rom subisce discriminazioni su fattori multipli.
Il Governo italiano non ha implementato
azioni concrete per contrastare i discorsi xenofobi, i discorsi da
odio e l'incitamento alla violenza a cui sono sottoposti nel discorso
pubblico e politico le persone appartenenti alla minoranza. La
Campagna Dosta è stata implementata per soli due anni con una
dotazione finanziaria irrisoria.
Le
associazioni sinte e rom non sono sostenute nel lavoro di
monitoraggio e denuncia delle autrici e degli autori di discorsi
sulla superiorità razziale che colpiscono le persone appartenenti
alla minoranza. Il comma 12 dell'articolo 44 del D.lgs 286/1998 non è
applicato e manca in tutto il Paese, ad esclusione, in parte, della
Regione Emilia Romagna, una rete di centri di osservazione, di
informazione e di assistenza legale per le vittime delle
discriminazioni per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.
Le Provincie, che hanno la competenza del contrasto alle
discriminazioni sul lavoro, non svolgono nessuna azione in tal senso.
Il fondo attivato per tutte le vittime di discriminazioni dall'UNAR e dato in gestione al Consiglio
Nazionale Forense risarcisce euro 600,00 per grado di giudizio. Il
procedimento per accedervi è complicato e scoraggia sia la maggior
parte delle vittime che le stesse associazioni sinte e rom.
Il Governo italiano non ha attivato
nessuna azione per promuovere e sostenere l'associazionismo
espressione della minoranza, né si è impegnato attraverso l'UNAR ad
implementare la partecipazione dei singoli nei processi economici,
sociali e politici. Esiste una segregazione culturale oltre che
fisica come quella dei campi nomadi. Questa segregazione si è
incrinata solo 15 anni fa con il lavoro svolto da Sucar Drom che ha
portato l’elezione di Yuri Del Bar nel consiglio comunale di
Mantova e la nascita di tante associazioni formate da persone
appartenenti alla minoranza. Mancano tutt'ora azioni del Governo
italiano per implementare percorsi di partecipazione diretta.
Il Governo italiano e lo stesso UNAR
continuano ad attuare azioni che escludono la partecipazione delle
persone appartenenti alla minoranza dai processi sia decisionali che
operativi.
Il Governo italiano non svolge nessuna
politica a contrasto delle discriminazioni e delle molestie subite
dalle e dai minori appartenenti alla minoranza linguistica sinta e
rom nella scuola. In molte città italiane la maggior parte delle
bambine e dei bambini subiscono la Certificazione DSA (Disturbi
specifici dell'apprendimento) che li immettono in percorsi
differenziati. Nelle scuole non si contrasta l'antiziganismo e la
stragrande maggioranza dei bambini e delle bambine è vittima di
bullismo. La scuola non condanna le molestie che i bambini e le
bambine subiscono tutti i giorni, come l'essere apostrofati con
epiteti tipo: “zingara”, “zingara di merda”, “vattene
zingara”.
In questo contesto l'Italia non
riconosce
- alle persone lo status di minoranza
linguistica e i Governi succeduti negli anni non hanno stimolato la
discussione nel Parlamento italiano. Le proposte di legge presentate
in Parlamento fin dal 3 luglio 2007 (XV legislatura, proposta di
legge n. 2858) non sono mai state discusse dal Parlamento italiano;
- l’inserimento nella Legge 211/2000
del Porrajmos (divoramento), la persecuzione su base razziale subita
dalle persone appartenenti alla minoranza linguistica sinta e rom
durante il fascismo.
Solo nove (9) su ventuno (21) sono le
Regioni italiane dove si è implementata la Strategia nazionale, ma
nella sola Regione Emilia Romagna è attivo e finanziato un Piano
regionale dal 2015 e solo in due Regioni (Emilia Romagna e Calabria)
è stata approvata una nuova Legge regionale in linea con la stessa
Strategia. Il Governo non si adopera per implementare nelle altre
Regioni italiane la Strategia nazionale. In particolare è da
segnalare che la Regione Veneto e la Regione Lombardia – da dove
riceviamo il maggior numero di segnalazioni di discriminazioni –
non hanno costituito in sette anni nemmeno un tavolo di lavoro. In
Lombardia è stata cancellata la Legge regionale 77/89 e i
consiglieri regionali al termine della votazione nell'aula sono stati
fotografati intorno ad una ruspa; l'UNAR non è intervenuto.
Il Governo Monti aveva previsto la
riconversione dei fondi destinati alla cosiddetta Emergenza nomadi –
dichiarata illegittima e discriminatoria dalla Magistratura – per
finanziare azioni dettate dalla Strategia. Nel febbraio 2012 a poche
ore dall'approvazione, Sucar Drom interveniva sull'incoerenza tra il
quadro di azioni da attuare rispetto alle risorse messe a
disposizione. La stessa Conferenza delle Regioni e delle province
autonome riteneva i fondi a disposizione – pari a 17 milioni
''peraltro non ancora utilizzabili del ministero dell'Interno'' –
insufficienti ''soprattutto se attengono interventi sociali e
soluzioni abitative, richiedono impegni finanziari ben più
consistenti di quelli messi a disposizione''. Tutto ciò in un
momento in cui le risorse per le politiche sociali avevano subito,
nell'ultimo triennio, un forte decremento in Italia. Purtroppo nel
2014 è stato chiaro che i pochi fondi messi a disposizione (circa
cinquanta milioni di euro) sono stati spesi in azioni completamente
in contrasto alle azioni previste nella Strategia come ad esempio a
Vicenza dove si è deciso di ristrutturare il “campo nomadi”
invece di realizzare tre micro-aree per le famiglie sinte residenti.
A Milano e Roma i fondi sono stati utilizzati per sgomberare senza
soluzione alternativa intere famiglie o per finanziare progetti di
guardiania e gestione dei “campi nomadi”. A Roma i fondi sono
finiti nell'inchiesta denominata "Mondo di mezzo” che ha
portato alla condanna definitiva di Buzzi, Carminati, Gramazio e
altri. A tal proposito la Commissione diritti umani del Senato,
all'inizio del 2015, ha licenziato una risoluzione in cui si legge
«Le recenti inchieste giudiziarie hanno evidenziato come la gestione
dei "campi nomadi" a Roma rientrasse all'interno di un
sistema corruttivo finalizzato all'assegnazione di appalti e
finanziamenti pubblici che ha portato negli ultimi anni a un
peggioramento delle condizioni di vita delle comunità rom, alla loro
segregazione e a un spreco di risorse pubbliche: nel solo 2013 e
nella sola Capitale sono stati impegnati oltre sedici milioni di
euro, di cui circa il 60% rappresentato dai soli costi di gestione».
La strategia ha sempre vissuto
un'inadeguatezza delle risorse rispetto agli obiettivi prefissati, la
stessa ministra Cécile Kyenge e la viceministra con delega alle pari
opportunità Maria Cecilia Guerra evidenziavano, nel settembre 2013,
il bisogno di unire le forze e di “un maggiore coordinamento delle
politiche di inclusione di Rom e Sinti in ambito regionale e di
favorire lo sviluppo di piani locali di integrazione sociale,
d’intesa con i comuni, oltre allo sviluppo di linee di indirizzo
tematico a livello nazionale sui fronti dell’occupazione, della
salute, dell’educazione e delle politiche abitative”.
In tale contesto è rilevante ricordare
le tantissime difficoltà in cui è occorso l'Ufficio per la
promozione della parità di trattamento e la rimozione delle
discriminazioni fondate sulla razza o sull'origine etnica (UNAR),
individuato dal Governo italiano quale Punto di Contatto Nazionale
per la Strategia: dal ridimensionamento dell'estate 2012, agli
infortuni accorsi ai Direttori De Giorgi e Spano. UNAR ha attuato
un'azione esile a favore dell'implementazione della Strategia che in
alcuni momenti è stata evidentemente assente. Un'azione frammentata
e in assenza di risorse.
La Strategia in Italia ha dato
pochissimi risultati anche dove è stata implementata e lo stesso è
successo nel resto dell'Unione europea per le ragioni esposte e per
un errore di fondo: l'inclusione sociale. Lo Stato italiano dagli
Anni Sessanta ad oggi ha attuato nei confronti delle persone
appartenenti alla minoranza linguistica sinta e rom politiche di
separazione (abitare) con l'obiettivo finale di integrare ovvero
assimilare, attraverso la scuola (a partire dalle scuole Lacio Drom),
le persone in una società dove le regole erano dettate da una
maggioranza che non ha mai ritenuto utile ridiscuterle con la
minoranza. Ghetti separati e scuole per “insegnare il vivere
civile” alle bambine e ai bambini con lo scopo di arrivare
all'assimilazione.
L'inclusione sociale, come scrive Gustavo Zagrebelsky, «mira alla società omogenea, in cui le
differenze culturali si attenuino fino a scomparire. Il suo
presupposto è che con la seduzione o con la forza le culture possano
cambiarsi confluendo l'una nell'altra. L'integrazione non è ostile
all'ingresso, ma rinvia la dinamica tra una cultura che integra e una
che è integrata, cioè ad una asimmetria tra l'una, più vitale e
l'altra, considerata meno vitale. L'integrazionismo è così
fatalmente ideologia della cultura dominante e prima o poi manifesta
la sua vera natura che non è l'integrazione, ma l'assimilazione.
L'assimilazionismo, presupponendo la superiorità di una cultura
sulle altre, è una versione mite di razzismo culturale che
giustifica la pretesa di fagocitare culture recessive e così di
cancellarle dalla faccia della terra o al più di lasciarle
sopravvivere come folklore. Ma può tradursi anche in azione
violenta. Se la cultura diversa non è integrabile, o si dice che
così sia, (come accadde nella Germania nazista per ebrei o oggi per
le comunità islamiche), la società omogenea si sente autorizzata a
praticare politiche di segregazione e perfino di annientamento».
In Italia le persone appartenenti alla
minoranza subiscono spesso una politica caritativa paternalista che
“offre il diritto ad un alloggio solo a chi lo meritava”: dovevi
meritare il diritto all'abitazione ma anche all'istruzione, alla cura
ecc. Questa politica si è imposta in maniera totalizzante a partire
dal dicembre 2006 quando ad Opera (MI) la Casa della Carità ha
proposto di far firmare ad ogni capo famiglia appartenente alla
minoranza il “Patto di legalità” diventato poi “Patto di socialità e legalità” e poi “Patto di cittadinanza” ecc. Ad
Opera finì in un pogrom contro le tende, allestite dalla Protezione
civile, dove dormivano settantasei persone. Ciò non scoraggiò il
Governo italiano e le amministrazioni comunali che tutt'ora fanno
firmare tale patto in violazione dei principi costituzionali, in
particolare quello di uguaglianza di fronte alla legge stabilito
dall’articolo 3.
Il processo di segregazione e
discriminazione abitativa subito dalle persone appartenenti alla
minoranza è così evidente in Italia che la stessa Commissione
europea, a partire dal 2016, è stata sul punto di avviare un processo d'infrazione.
L'Italia non riconosce il patrimonio
culturale e sociale apportato dalle persone appartenenti alla
minoranza linguistica sinta e rom. La lingua non è tutelata, le
espressioni culturali e artistiche -si pensi alle centinaia di
giostre in legno perdute per sempre- non sono supportate ma in molti
casi sono anche brutalmente ostacolate. Lo Stato italiano non
sostiene le espressioni artistiche né le tutela dalla possibile
scomparsa. La Strategia non ha un'asse cultura né si adopera in
maniera efficace nella ricerca storica sull'apporto culturale,
sociale, politico e artistico offerto dalle persone appartenenti alla
minoranza.
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