A Roma, dopo la tragedia di febbraio e l'intervento del Presidente Giorgio Napolitano, il Sindaco Gianni Alemanno ha iniziato a verificare la fattibilità per assicurare un alloggio alle diverse centinaia di persone che vivono ancora in baracche di fortuna. Si è pensato, ad esempio, di fare una tendopoli ma i soldi erano insufficienti e non si riusciva ad indicare un luogo perchè subito si alzavano minacciose le proteste politiche e di piazza.
Dopo alcuni mesi di tentennamenti e ricerca di soluzioni il Sindaco di Roma ha deciso di procedere con le stesse modalità che da tre anni sono attuate dal Comune di Milano che vanta il triste record: 500 sgomberi!
A ridosso della Pasqua iniziano a Roma gli sgomberi. La Polizia Municipale, coadiuvata dalle Forze dell'Ordine e da alcuni assistenti sociali, si presentano negli accampamenti di fortuna e propongono alle donne con bambini con meno di dodici anni la soluzione di una sistemazione provvisoria in Comunità, mentre per gli anziani, gli uomini e i minori con più di dodici anni nessuna soluzione viene prospettata. Quindi la soluzione per buona parte di ogni famiglie è quella di trovare un diverso luogo dove ricostruire una baracca.
Di fatto il Comune di Roma chiede alle famiglie di dividersi senza nessuna progettualità di lungo periodo e quindi nell'incertezza. Le famiglie, nella stragrande maggioranza dei casi, non accetta e quindi la Polizia Municipale gli intima di allontanarsi immediatamente, senza dare tempo, e procede con le ruspe ad abbattere la baracca di queste famiglie.
Ciò è possibile perchè la normativa italiana impone al Sindaco la tutela dei minori ma nessuna norma impone al Sindaco quanto affermato dalla nostra Costituzione che riconosce negli articoli 29, 30 e 31 la centralità sociale dell'istituzione famigliare.
Dopo i primi sgomberi la società civile romana s'indigna e con la Comunità di Sant'Egidio in prima fila denuncia l'inadeguatezza di questo metodo barbaro di risolvere problematiche presenti nella Capitale da decenni.
L'Amministrazione comunale non ascolta, ribatte alle accuse con veemenza e tira dritto con gli sgomberi. Ma alcune famiglie dopo essere state sgomberate si rifugiano dentro la Basilica di San Paolo fuori le Mura (territorio vaticano). Il caso diventa nazionale e dopo lunghi giorni di trattativa le famiglie rom hanno la meglio. La Caritas si impegna a trovare un alloggio e l'unità famigliare viene assicurata.
L'Amministrazione comunale rimane di fatto isolata politicamente e nel pieno delle Festività pasquali e a pochi giorni dalla beatificazione di Giovanni Paolo II blocca gli sgomberi.
Questa settimana sono ricominciati con una nuova regola. Sgombero di tutte le famiglie che non hanno minori che frequentano la scuola e quindi la Polizia Municipale passa qualche ora prima in questi accampamenti di fortuna e con una bomboletta spray rossa segna con un NO le baracche che non devono essere abbattute (vedi foto). Per le famiglie “salvate” dallo sgombero oggi si attende la fine della scuola a giugno e poi anche per loro ci sarà lo sgombero.
Per adesso gli sgomberi interessano le famiglie rom immigrate dalla Romania alcuni anni fa ma è indubbio che presto saranno prima interessate le famiglie rom profughe dalla ex Yugoslavia e poi le famiglie di sinti italiani che vivono ancora in luoghi che sono tollerati da decenni ma non sono considerati “campi nomadi comunali”. A Milano la situazione è ancora più tragica perchè il Comune di Milano ha intimato lo sgombero anche alle famiglie rom italiane che vivono nel campo noamdi comunale di via Idro e per questo ci sono delle cause pendenti, sostenute anche da Sucar Drom.
Ciò che succede da tre anni in maniera sistematica a Milano e quello che inizia a Roma è il fallimento delle politiche sociali per i sinti e rom italiani ma anche delle politiche di accoglienza per chi è arrivato profugo dalla ex Yugoslavia e da chi è scappato dalla Romania per i pogrom messi in atto all'inizio degli Anni Novanta e per chi è invece è arrivato dalla Romania per cercare di costruire un futuro diverso per i propri figli. Stiamo parlando di piccoli numeri: a Roma sono presenti circa 7.000 tra rom e sinti italiani, ex yugoslavi e rumeni; a Milano molti meno, circa 2.500 persone. Situazioni al limite della sopravvivenza e di fatto discriminanti che permangono non da qualche anno ma da decenni nell'assoluta indifferenza delle istituzioni o, peggio, la stigmatizzazione e la criminalizzazione istituzionale, politica e mediatica.
L'Unione europea, sia la Commissione che il Parlamento, stanno cercando faticosamente di costruire un piano di azione europeo che sappia contemperare in maniera rigorosa ma rispettosa diritti e doveri per persone che appartengono alla più numerosa minoranza dell'Unione. In Italia non si vede quasi nulla: i diritti sono quotidianamente calpestati dalle stesse Istituzioni e i doveri sono di fatto misure draconiane che calpestano la normativa, oltre che il buon senso. Se come qualcuno affermava i sinti e rom sono la cartina tornasole del livello di civiltà di un Paese, il livello di civiltà nel nostro Paese è basso, direi drammaticamente basso. di Carlo Berini
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