venerdì 27 gennaio 2017

Il Porrajmos è unico, ma l'infezione della discriminazione serpeggia

Campo di concentramento di Agnone
Oggi, Il Giorno della Memoria, in molte città italiane si commemora non solo la Shoah ma anche il Porrajmos, la persecuzione su base razziale subita dalle persone appartenenti alla minoranza linguistica sinta e rom. In questi anni il Porrajmos (divoramento) o Samudaripen (tutti morti) sta uscendo dall'oblio, grazie anche al lavoro che dalla fine degli Anni Novanta l'Istituto di Cultura Sinta e l'Associazione Sucar Drom hanno portato avanti con la pubblicazione di quattro libri, una mostra fotografica/documentaria, diversi video, il museo virtuale e tantissimi incontri divulgativi organizzati e tenuti sopratutto nel Nord e nel Centro Italia.

Oggi sappiamo senza più nessun dubbio che il fascismo, in Italia, e il nazismo, in Germania, hanno costruito una propria “scienza razziale”, su base spirituale/biologica in Italia (Renato Semizzi e Guido Landra) e su base biologica (Ritter e Justin) in Germania. L'undici settembre 1940 il Governo italiano ha ordinato a tutti i Prefetti del Regno d'Italia di arrestare e internare in appositi campi di concentramento tutte le famiglie sinte e rom, soluzione caldeggiata da Guido Landra nell'articolo “Il problema dei meticci in Europa” pubblicato sulla rivista “La difesa della razza”.

Le testimonianze raccolte in questi anni, per esempio dai sinti sopravvissuti al campo di Prignano sulla Secchia (MO), ci hanno fatto conoscere alcuni aspetti della vita nei campi italiani. Si mangiava pochissimo e durante l'inverno si pativa il freddo. A Prignano, per esempio, gli uomini venivano prelevati e portati a spaccare pietre da usare per fare la manutenzione delle strade. E sappiamo che sempre a Prignano i Carabinieri tutti i giorni contavano le persone internate. A Prignano sulla Secchia non si era al confino, ma in un campo di concentramento.

giovedì 26 gennaio 2017

Mantova, Porrajmos e Shoah

A Mantova e provincia quest'anno si terranno numerose iniziative per Il Giorno della Memoria. Vi invitiamo a partecipare alle tre iniziative istituzionali di domani:

Ricordo dei deportati ebrei
Ore 10.30, Sinagoga "Tempio Norsa" - via G. Govi, 13

Porrajmos, commemorazione della persecuzione razziale subita dai sinti e dai rom in Italia
Ore 15.00, Binario 1 - Stazione ferroviaria, piazza Don Leoni

Seduta congiunta del Consiglio provinciale e del Consiglio comunale, prolusione tenuta da Marcello Flores (Università di Siena)
Ore 17.00, Teatro Bibiena, via Accademia, 47

Il Giorno della Memoria, la testimonianza di Dolores Carboni

A poche ore da Il Giorno della Memoria pubblichiamo un estratto della testimonianza di Dolores Carboni (in foto), sinta mantovana, testimone del Porrajmos. Dolores è nata a Pegognaga (MN) nel 1916 ed è morta a Mantova nel 2008. Dolores è stata insignita dal Sindaco di Mantova dell'Edicola di Virgilio il 27 gennaio 2005.

Sono nata il 29 gennaio del 1916. Brutta gente erano i fascisti, facevano del male ai sinti. Ci sono stati buttati dei miei fratelli in Germania e ringraziando Dio sono venuti a casa. Ormai, però, sono morti tutti e due. Si chiamavano Suffer Catullo che portava il nome del papà e Zinberger Oliviero. In Germania ci sono stati nel '43. Sono stati trattati male, trattati come i cani. Ci han tagliato tutti i capelli, trattati male.

Io non sono stata in campo di concentramento, ringraziando Iddio, ma quelli che sono andati erano trattati male. Anche nei campi in Italia. Erano trattati male anche in Italia, da quella brutta razza di fascisti, quella brutta discendenza.

Li hanno buttati dentro ad un casotto, i miei fratelli, e là non ci davano neanche l'acqua da bere, domandavano l'acqua e non ce la davano. Mio fratello lo hanno tirato fuori per tenere l'ordine a tutti, per tenere l'ordine per gli altri. Non ci davano neanche l'acqua da bere. E' una brutta razza quella fascista.

Tanti dei nostri sono stati ammazzati e ci hanno fatto di tutto. Dei nostri. Li torturavano. Gli hanno tirato via le unghie dei piedi, le unghie delle mani. Torturavano i nostri italiani, i nostri sinti, li torturavano quella brutta razza. Ci tiravano via le unghie delle mani e dei piedi! Li portavano anche nei campi di concentramento.

venerdì 20 gennaio 2017

Bolzano, le iniziative per Il Giorno della Memoria

L’associazione Nevo Drom per Il Giorno della Memoria 2017 ha organizzato, insieme alla Provincia e al Comune di Bolzano, alcuni eventi per aiutare i cittadini e le cittadine a comprendere sempre meglio le persecuzioni su base razziale subite dalle persone appartenenti alla minoranza linguistica sinta in Italia e in Germania, durante il fascismo e il nazismo.

Il primo appuntamento è il 27 gennaio, dalle ore 10.15, in via Resia n. 80 a Bolzano davanti alla targa commemorativa (in foto) che ricorda i sinti vittime dell'Olocausto. La commemorazione sarà guidata da Radames Gabrielli, Presidente della Nevo Drom e interverranno i rappresentanti del Comun e della Provincia di Bolzano. In chiusura verrà suonata con un violino una canzone commemorativa.

Il secondo appuntamento è per sabato 28 gennaio per la conferenza Scenari di Antiziganismo in Italia tra Passato e Presente. La conferenza si terrà dalle ore 9.00, presso la Sala di rappresentanza del Comune di Bolzano in Viale Gumer, 7. La conferenza sarà tenuta dal prof. Leonardo Piasere e dalla dott.ssa Eva Rizzin che affronteranno sia il tema della persecuzione subita dalle persone appartenenti alla minoranza linguistica sinta durnate il fascismo e il nazismo che le discriminazioni su base razziale ancora oggi subite dai sinti.

In ultimo il 2 febbraio, Radames Gabrielli, insieme con alcune ragazze sinte e alcuni ragazzi sinti - Deyon Spada, Raoul Spada, Ginevra Spada, Caterina Pasquale, Nella Miriana Pasquale, Braian Pasquale e Isha Sharma- participeranno al Treno della Memoria organizzato dalla provincia di Mantova. Insieme ad altri 600 ragazzi e ragazze di Bolzano andranno in visita al campo di Auschwitz – Birkenau.

giovedì 19 gennaio 2017

Il Giorno della Memoria, la testimonianza di Adelaide De Glaudi

A pochi giorni da Il Giorno della Memoria 2017 pubblichiamo un estratto della testimonianza di Adelaide “Titina” De Glaudi (in foto), sinta mantovana, internata con la famiglia a Novi Ligure in provincia di Alessandria. Adelaide è nata a Ponte Nizza (PV) nel 1934 ed è morta a Mantova nel 2011. Adelaide è stata insignita dal Sindaco di Mantova dell'Edicola di Virgilio il 27 gennaio 2005.

Sono nata nel 1934 a Ponte Nizza in provincia di Pavia. I miei primi ricordi risalgono a quando abitavamo ad Alessandria. Ricordo che eravamo con mia mamma vedova, con mia sorella, avevamo affittato una piccola stanza. Poi io e mia sorella siamo state messe in un asilo perché mia mamma andava a manghél [attività di piccolo commercio porta a porta, in lingua sinta]. Dopo, alla sera, ci veniva a prendere e ci portava a casa.

Durante la guerra, ci hanno mandato in un campo di concentramento a Novi Ligure. Gli uomini andavano a lavorare, noi, donne e bambini, eravamo lì e ci portavano sempre qualcosa da mangiare. C'era uno stanzone lungo e vi erano tanti letti. Gli uomini andavano a lavorare e poi venivano a casa alla sera. Non mi ricordo esattamente che lavoro facevano... avevo nove anni.

Nel campo non c'era certo abbondanza di cibo. Non mi pare che ci trattassero male. Piuttosto ci trattavamo male tra di noi perché eravamo tutto il giorno insieme chiusi in quel camerone. Non mi ricordo quanti eravamo in quella stanza. I fascisti ci passavano un po' di legna perché lì dentro c'era qualche stufa... Non ricordo molto ma non era certo una vita bella.

La sua testimonianza integrale è presente nel volume “Porrajmos, la persecuzione razziale dei rom-sinti durante il periodo nazi-fascista” di Virginia Donati, pubblicato a Mantova nel 2003 dall'Istituto di Cultura Sinta. Nei prossimi giorni pubblicheremo la testimonianza di Dolores Carboni. 

Ti invitiamo a visitare il museo virtuale Porrajmos.

Mantova, Ighlif Triberti in concerto

 

Ighlif Triberti presenta a Mantova il suo nuovo disco “Il Gitano”. Appuntamento il prossimo 4 febbraio alla discoteca CALIPSO a Bondanello di Moglia. Leggi la nostra intervista a Ighlif e ascolta il nuovo singolo Osche Tu.

lunedì 16 gennaio 2017

Mantova, la prima Adunanza in sinto lombardo nella Sala del Regno

Domenica 27 novembre scorso si è tenuto a Mantova un evento importante per le persone appartenenti alla minoranza linguistica sinta. Nella Sala del Regno dei Testimoni di Geova si è svolta un'adunanza in sinto lombardo. La prima adunanza in Italia in lingua sinta è stata organizzata dal ministro itinerante dei Testimoni di Geova Ivo Di Blasio con il supporto di Simone D'Agostino. L'adunanza è stata condotta dallo stesso Simone D'Agostino e da Jovica Jacupovic, appartenenti alla minoranza linguistica sinta e rom. Ha inoltre svolto una parte del discorso, sempre in lingua sinta, Simone Vella pur non essendo un'appartenente alla minoranza linguistica.

Già due anni fa avevo incontrato Simone D'Agostino che era venuto all'Istituto di Cultura Sinta per avere notizie e testi sulla sua lingua, il sinto lombardo. Simone ha svolto il suo servizio per cinque anni a Roma, presso la Filiale Italiana dei Testimoni di Geova, dove è stato incoraggiato, essendo un'appartenente alla minoranza linguistica sinta, a iniziare un lavoro di traduzione nella sua lingua. I Testimoni di Geova ritengono importante che le persone sentano la predicazione attraverso la propria lingua del cuore, tant'è che i contenuti presenti nel sito jw.org sono tradotti in più di 800 lingue.

L'adunanza ha visto la partecipazione di diverse persone appartenenti alla minoranza linguistica sinta e rom, ma anche alcune persone non sinte. Il presidente dell'adunanza, Simone D'Agostino, in apertura ha dato il benvenuto a tutte le persone intervenute, si è intonato un cantico e si è pronunciata la preghiera iniziale. Ha poi spiegato il perché di una adunanza in sinto lombardo: "i Testimoni di Geova stanno predicando la Buona Notizia del Regno di Dio come unica soluzione dei problemi dell’umanità in più di 800 lingue in tutta la terra in armonia con le parole di Gesù Cristo riportate nel vangelo di Matteo 24:14". “Pertanto", ha sottotitolato D’Agostino, “il nostro Dio Yavéh non poteva dimenticarsi di noi” -Kamava ta pinà ke u Testimoni du Yavéh ili in krol u velto i laci notizia ila predicata in 800 lingue. I mengur Déval na bistardaspe mendar, i kamiàs koa diva koa evento kai-. Poi ha spiegato, in lingua sinta, i motivi dell'adunanza e ha introdotto il discorso biblico che ha avuto come tema: Oské u kamlo Deval kamela u vies koa? -Perché mai un Dio d'amore permette le sofferenze?-.

venerdì 13 gennaio 2017

Mantova, Omocausto e Porrajmos: storia e testimonianze

Alla vigilia de Il Giorno della Memoria vi invitiamo all'evento sul Porrajmos e sull'Omocausto, domenica 15 gennaio dalle ore 11.00, presso l’Atelier Des Arts, in vicolo della Mainolda n°19. L'evento è organizzato dall'ArciGay La Salamandra, in collaborazione con l'Istituto di Cultura Sinta.

Durante l'evento Barbara Nardi, Presidentessa dell'Associazione Sucar Drom leggerà le testimonianze di Dolores Carboni e Adelaide De Glaudi, mentre Carlo Berini terrà un breve intervento sul Porrajmos in Italia. Rachele Bertelli, consigliera del direttivo di Arcigay la Salamandra, interverrà sull'Omocausto la persecuzione delle persone appartenenti alla Comunità LGBTI. Un'attrice leggerà una testimonianza e in ultimo interverrà Diego Zampolli, Presidente dell'ArciGay.

Vi aspettiamo numerose e numerosi a questo importante evento sulla memoria!

lunedì 9 gennaio 2017

Addio a Zygmunt Bauman, il filosofo della modernità

E' morto Zygmunt Bauman, filosofo e sociologo polacco che ha spiegato a tutti e tutte noi la post modernità della società contemporanea. E' una grande perdita perché la sua voce in questi ultimi anni si levava contro l'Europa e l'Occidente dei muri e del razzismo. In questo triste giorno vi riproponiamo la metafora del giardino, tratta dal libro Modernità e Olocausto in cui Bauman ha spiegato che la discriminazione e infine l'Olocausto non sono incidenti nel percorso secolare di crescita dell'Occidente, ma sono inestricabilmente legati alla logica interna della stessa modernità così come si è sviluppata nella nostra società.

La cultura moderna è una cultura del giardinaggio. Essa si definisce come il progetto di una vita ideale e di un perfetto ordinamento della condizione umana. A ben guardare, essa definisce se stessa e la natura, nonché la distinzione tra le due cose, attraverso la propria radicata diffidenza verso la spontaneità e la propria aspirazione a un ordine migliore, necessariamente artificiale.

A prescindere dal progetto complessivo, l'ordine artificiale del giardino richiede strumenti e materie prime. Inoltre ha bisogno di essere difeso dal costante pericolo costituito, ovviamente, dal disordine. L'ordine, concepito anzitutto come progetto, determina poi quali debbano essere gli strumenti, quali le materie prime, che cosa è inutile, che cosa è irrilevante, che cosa è dannoso, quali sono le erbe infestanti o i parassiti. Esso classifica tutti gli elementi dell'universo in rapporto a se stesso.

Questo rapporto è l'unico significato che esso concede loro e che tollera, è l'unica giustificazione dell'azione del giardiniere, differenziata in funzione di quel rapporto. Dal punto di vista del progetto tutte le azioni sono strumentali, mentre tutti gli oggetti dell'azione sono o mezzi o impedimenti.

Il genocidio moderno, analogamente alla cultura moderna in generale, può essere concepito come il lavoro di un giardiniere. È semplicemente uno dei tanti compiti che devono essere svolti da quanti trattano la società come un giardino. Se il progetto di un giardino definisce le proprie erbe infestanti, allora vi sono erbe infestanti dovunque vi sia un giardino. E le erbe infestanti vanno sterminate. Sradicarle è un'attività creativa, non distruttiva. Non differisce per sua natura da altre attività che contribuiscono alla costruzione e alla conservazione del giardino perfetto.

Tutte le immagini della società come giardino definiscono alcune parti dell'ambiente sociale come erbe infestanti umane. Analogamente alle altre erbe infestanti, esse devono essere isolate, arginate, bloccate nella loro propagazione, rimosse e tenute fuori dai confini della società; se tutti questi mezzi si rivelano insufficienti, esse devono essere sterminate.

Zygmunt Bauman, Modernità e Olocausto, Il Mulino, 1992, pagine 135 e 136

Foto del settembre 2012 al Festival Letteratura di Mantova

lunedì 2 gennaio 2017

Ighlif Triberti, "Il Gitano" è il nuovo album

Ighlif Triberti è un un musicista che pubblica e canta molte delle sue canzoni in lingua sinta. E' molto conosciuto per le diverse apparizioni televisive su Canale Italia. Quest'anno ha avuto un grave problema di salute che ha messo a repentaglio la sua splendida voce, ma grazie alla sua tenacia ha sconfitto la malattia e nelle scorse settimane è uscito il suo nuovo album dal titolo “Il Gitano” per le Edizioni Musicali Ardiente. Da qualche giorno è stato lanciato su YouTube il nuovo video Osche Tu e per questa ragione lo abbiamo intervistato.

Le prime sette canzoni del tuo nuovo disco sono in lingua sinta, perché questa scelta?
Canto nella mia lingua per il semplice motivo che personalmente mi esalta di più cantare in sinto e comunque le canzoni cantante in lingua sinta diventano uniche nel loro genere e questo incuriosisce molto il pubblico di gagi che mi segue numeroso. I brani in lingua sinta, ci tengo ad evidenziarlo, sono scritti e composti da me e tutti registrati alla Siae

Come nasce una canzone?
Una canzone nasce dal mix di passione, vocazione e ispirazione che messo insieme diventa kryptonite per la musica. Poi sono aiutato dalla mia casa discografica, grazie al lavoro di Roberto Ghisoli che è un bravo musicista e compositore, Roberto Attarantato che organizza tutta la logistica e Giampaolo Bonaiuti che si occupa delle registrazioni.