sabato 31 maggio 2008

Rom e Sinti, condanniamo le dichiarazioni razziste di Mantovano

Il sottosegretario, Alfredo Mantovano, di Alleanza Nazionale, in una intervista al quotidiano “Il Tempo” ha dichiarato: «Come dimostrano i numeri e la realtà sociologica i rom sono una etnia connessa con un certo tipo di reati. Furti, rapine, per arrivare, come nel caso di Ponticelli, anche al sequestro di persona».
Il sottosegretario Alfredo Mantovano, in particolare per la sua funzione nel Governo dello Stato Italiano, dovrebbe conoscere che la responsabile penale è individuale e non collettiva o di etnia. Le dichiarazioni del sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano sono gravissime e violano la legge, norme e principi fondanti della legalità e dei diritti.
Sono un Rom e non ha mai rubato, né rapinato qualcuno, ne sequestrato alcuna cosa o persona, e come me moltissime persone Rom e Sinte non hanno mai commesso nessuno di tali reati, pertanto le dichiarazioni generalizzate all’etnia rom del sottosegretario sono false.
A nome personale quale appartenente alla minoranza Rom e quale legale rappresentante della Federazione Rom e Sinti Insieme, contesto con indignazione le dichiarazioni, impregnate di discriminazione razziale verso le minoranze Rom e Sinte, del sottosegretario dell’Interno Alfredo Mantovano, rilasciate al quotidiano “Il Tempo”. A nome personale quale appartenente alla minoranza Rom e quale legale rappresentante della Federazione Rom e Sinti insieme chiederò alle Istituzioni preposte la tutela delle minoranze Rom e Sinte nel rispetto delle leggi per le dichiarazioni del sottosegretario Alfredo Mantovano. di Nazzareno Guarnieri, Presidente della Federazione Rom e Sinti Insieme

venerdì 30 maggio 2008

Razzista? No, ma...

«Non sono razzista, spacco solo la faccia». L’outing del mazzolatore capo del Pigneto ci rassicura. Però, un dubbio: se io vado in spedizione, punitiva contro un privato nemico, altri 10/15 che fanno squadra con me non li trovo. Coma mai, se batto il quartiere al grido «marocchini bastardi», invece li trovo? Razzismo? No, disagio urbano.
Sempre a Roma, fermata di bus: «le porte si spalancano e dai passeggeri, squadrate le tre donne Rom, ecco cosa esce: Voi non salite, zingare di merda, vi bruciassero tutte». Cronaca del «Corsera ». Razzismo? No, bus troppo affollato.
Una strada della Capitale per Almirante. Era razzista Almirante? Un pò tanto, tanto tempo fa. Poi divenne padre della patria. E De Gasperi, Nenni, Saragat, Craxi, Spadolini, Moro e tutti gli altri che, comunisti a parte, Almirante lo tennero sempre fuori dall’uscio della Costituzione e della Repubblica cosa erano, della patria patrigni?Come ognun vede non c’è ombra di razzismo in Italia. Chiedere a un Italiano se è razzista è come chiedergli se va a puttane: Io? Mai! Infatti il 90 per cento (sondaggio di giornata) è per riaprire i casini. Ma non per sé, per gli altri, s’intende. di Mino Fuccillo

Pisa, mamma rom cacciata dalla stanza

«Nessuno vuol dividere la stanza con una “zingara”. Basta chiedere in giro per sentire cosa dice la gente e la risposta sarà sempre la stessa. Con i “nomadi” nessuno vuole avere a che fare. Per cui è inutile scandalizzarsi».
A parlare è un medico dell’ospedale Santa Chiara. Commenta così quel che è accaduto qualche giorno fa, quando una rom, dopo aver partorito, è stata trasferita in una stanzetta messa a disposizione delle urgenze della clinica ospedaliera e di quella universitario di ostetricia e ginecologia del Santa Chiara.
Le partorienti e le neomamme non volevano stare con lei: per cui è stato necessario sistemarla altrove. Il tutto sarebbe accaduto lunedì. La ragazza, una giovanissima che ha data alla luce un bel bimbo, sano, è stata dimessa ieri mattina.
Una vicenda che però ha scandalizzato alcuni medici, soprattutto quelli più giovani, anche se i dirigenti delle cliniche e i ginecologi impegnati dei parti la notizia l’hanno appresa dai giornalisti.
A gestire tutta la questione sarebbe stato il personale paramedico, ormai avvezzo a questo tipo di questioni.
«Hanno gridato al razzismo? - si chiede un’infermiera - Allora dovrebbero scandalizzarsi continuamente. Perché non è mica la prima volta che una cosa del genere accade. Succede spesso, tutte le volte che a partorire sono persone che vivono ai margini della società».
Fatto sta che lunedì la ragazza è arrivata in clinica universitaria, quella diretta dal professor Andrea Genazzani, per partorire, ed era insieme ad un nutrito gruppo di gente, come accade spesso. Una volta diventata mamma, l’hanno messa in camera con altre signore ed è scoppiato il finimondo.Una controversia gestita direttamente dal personale infermieristico, che alla fine, per evitare discussioni, ha spostato la ragazza in una stanza comune ai due reparti, quello ospedaliero e quello universitario. La cosa sembrava finita lì, ma l’episodio non ha mancato di suscitare sdegno, soprattutto in un gruppo di giovani medici specializzandi. La notizia quindi ha varcato le mura della clinica.

Ordinarie emergenze partenopee

In una Napoli invasa dall’immondizia con strade e marciapiedi inondati dai sacchetti, con i blocchi stradali, le colonne di fumo nero ecc, il 13 maggio 2008 scoppia l’ “emergenza rom”. Sembra l’inferno. Nessuna delle due “emergenze” è ovviamente un’emergenza ma il frutto di politiche sbagliate e/o di mancati interventi programmatici. Nemmeno a farlo a posta ancora una volta i “rifiuti” sono accomunati.
I fatti di questi giorni. Una donna accusa una ragazza rom di aver tentato di rubare sua figlia nel quartiere Ponticelli, la ragazza rom viene aggredita e rischia il linciaggio da parte di un gruppo di cittadini napoletani, la polizia ferma la ragazza che viene poi portata nel carcere minorile di Nisida.
L’episodio rimbalza sui media nazionali, cresce l’isteria per lo zingaro che ruba i bambini, un gruppo nutrito di persone di Ponticelli attacca i campi abusivi del quartiere, ci sono episodi di aggressione fisica e verbale, vengono lanciate molotov incendiarie e alcune baracche prendono fuoco. I rom si rintanano tutti in due campi, alcune volanti della polizia (poche) presidiano l’area. Sul luogo, alle 14 del 13 maggio c’è Michele Cocuzza per girare “la vita in diretta”. Si scatena il putiferio, in presenza della polizia vengono lanciate altre molotov e i campi continuano a bruciare. La folla è inferocita. I rom sono terrorizzati e reclusi. La polizia presidia i campi. La folla di napoletani controlla la polizia. I rom devono andare via.Arriviamo in serata e un poliziotto ci dice: “siamo rassicurati dalla vostra presenza, fino ad ora non si è visto un politico”. Alcune ore di discussione sul da farsi, arriva la protezione civile, “non ci sono soluzioni, né tende provvisorie, né chiese, né altro”, dicono. Non c’è spazio dove metterli al sicuro. di Francesca Saudino, continua a leggere...

Venezia, i Sinti: «è Favaro casa nostra»

«Vogliono mandarci via, rimandarci a casa nostra, ma dove? È Favaro casa nostra...». «Aspettiamo questo momento da così tanti anni che finché non lo vedo costruito il nuovo campo, non ci credo». «Da qui a 500 metri più in là cosa cambia? Ci conoscono tutti, i nostri figli vanno tutti a scuola nei dintorni, le donne vanno a fare la spesa nei supermercati di Favaro, noi andiamo a tagliarci i capelli dai barbieri della città, beviamo il caffè nei bar, e pure lo spritz». «Noi non viviamo con i soldi del Comune, ma con il nostro lavoro». «Vado anche a donare il sangue, io. Scrivilo, scrivilo che se qualcuno di voi “gaggi” [così vengono chiamati coloro che non sono sinti] ha bisogno di sangue deve ringraziarmi…».
A parlare questa volta sono loro: i residenti del “campo nomadi” di via Vallenari. Siamo entrati nel “campo”, accompagnati dagli operatori dell’Etam che da anni seguono per il Comune la comunità sinta, per ascoltare le voci dei suoi residenti. Sulla scia dei disordini avvenuti in alcuni insediamenti rom a livello nazionale, anche il “campo nomadi” di via Vallenari è stato in questi giorni investito da polemiche, proprio in occasione dell’inizio dei lavori per il nuovo “campo” previsto dal Comune.
Anzi per il “Villaggio dei sinti”: il Comune realizzerà un villaggio dignitoso, con bagni privati e strutture prefabbricate ordinate, a poche centinaia di metri da quello attuale, più distante dalle abitazioni e più vicino a Favaro che è il paese a cui si sentono più legati coloro che vivono da 40 anni in via Vallenari.

Più che accampamento un camping. Chi è stato almeno una volta in un qualsiasi campeggio sul litorale veneziano non troverebbe molto diverso il campo di via Vallenari: casette prefabbricate e roulottes con la veranda, piccoli cortili personalizzati e decorati con fiori, persino una statuetta della Madonna adornata con lumini rossi, qualche cane che gironzola libero, bambini che giocano, donne sedute che chiacchierano insieme.
Un uomo attraversa la strada interna a petto nudo con l’asciugamano sotto braccio: è appena rientrato dal lavoro e va a fare la sua doccia. Sembrerebbe davvero un camping se non fosse che quelle 38 famiglie non si trovano lì in villeggiatura, ma da ormai 40 anni risiedono lì, arrangiate alla meno peggio, con i bagni in comune, per lo più diroccati e con l’acqua fredda (vedi la foto): «Pensi che ci piacciano i bagni in comune? - dice Paolo, uno degli uomini del campo - Pensi che non vorremmo un bagno privato, pulito e accogliente, come tutti? Non viviamo nel fango per scelta, non siamo sporchi, non siamo ladri, siamo gente che lavora».
Via Vallenari, una comunità tranquilla. Siamo all’aperto, in un cortile di ghiaia bianca nella zona più interna del “campo”. I capifamiglia si siedono intorno a un tavolo di legno color verde bosco, all’ombra di un salice, mentre alcuni bambini giocano poco distante. Maria Paola, la moglie di Paolo, che siede anche lei taciturna intorno al tavolo, apprensiva, ogni tanto rimprovera i bambini per paura che si facciano male.
«Casi di furto, omicidi, violenze, rapine: quando mai è stato coinvolto qualcuno della nostra comunità di via Vallenari? Anzi, a dir la verità siamo noi a guardare il telegiornale la mattina e sentire ogni giorno di questi casi compiuti da italiani… siamo noi ad essere preoccupati per le nostre famiglie e i nostri figli… altro che ladri di bambini… Noi lavoriamo tutto il giorno: ogni famiglia ha un camioncino con il quale gli uomini vanno a fare la raccolta del ferro. Abbiamo un patentino di Veritas, noi lo raccogliamo e poi lo consegnamo alla ditta Colombara che ci paga: facciamo un servizio alla città, nel Comune di Venezia. Le donne invece restano nel campo, si occupano della casa e dei bambini, alcune lavorano come addette alle pulizie».
Molti i pregiudizi da sfatare. A sedersi intorno a un tavolo con loro si possono smantellare velocemente parecchi pregiudizi. Innanzitutto si scopre che i sinti di via Vallenari non sono le stesse persone che si vedono girare per la città a chiedere l’elemosina e che spesso si fingono zoppicanti e storpi per impietosire.
I sinti non sono rumeni; le persone che risiedono al campo sono principalmente appartenenti a tre famiglie, di origine Istriana: «Pensa te – dice Paolo – i nostri nonni erano italiani…». Per cercare nei loro tratti somatici elementi identificati come “tipici” dei nomadi bisogna fare un po’ di fatica.
La carnagione scura, i capelli mori sono un po’ troppo poco per definire qualcuno come “zingaro”. Tra i giovani e i bambini è praticamente impossibile: molti di loro hanno i genitori misti e poi vestono in modo curato, soprattutto i ragazzi: abiti firmati, acconciature alla moda… Per non parlare poi della lingua che parlano: il dialetto veneziano.
«Nessuno è santo - dice uno dei più anziani - anche noi possiamo avere qualche problema ogni tanto, in passato possono esserci anche stati episodi spiacevoli, ma mai di tale gravità da giustificare un così forte pregiudizio: è vero abbiamo fatto forse un po’ di confusione per qualche festa, ma non abbiamo mai rubato nulla o violentato nessuno. Possono controllare, che chiedano alla polizia». «Fino a 5 anni fa - continua Paolo - pochissimi sapevano che eravamo qui. Poi hanno costruito dei condomini a ridosso del campo. E allora siamo diventati troppo invadenti, troppo rumorosi, troppo dediti alla vita all’aperto da disturbare le abitudini di coloro che vivevano negli appartamenti con la terrazza che dava sul campo. Ma noi eravamo qui prima di loro. Hanno cominciato ad accusarci, leggiamo sui giornali le dichiarazioni di persone che ci conoscono e che credevamo amici, ma che ora ci voltano le spalle».
«Comunque ce ne andiamo volentieri – prosegue un altro – ora che ci spostano nel nuovo villaggio: siamo contenti, finalmente avremo dei bagni privati, dove poter lavare i nostri figli d’inverno senza farli morire di freddo».
Qualche episodio spiacevole con la polizia. Il fatto che la comunità di via Vallenari non abbia mai avuto problemi con la giustizia non li esenta dal ricevere puntualmente una o due volte la settimana la visita della polizia: «Passa di qua la pattuglia – dice Paolo – controllano. E non trovano niente. Noi non abbiamo problemi: che passino pure, li salutiamo. Il problema è quando vengono con la violenza: è capitato anni fa che ci hanno caricati tutti su due pullman per farci fotografare e schedare. Tutti, anche i bambini, a spintoni trattandoci come criminali. La polizia era addirittura in divisa antisommossa. Poi l’anno scorso fecero un controllo in tutti i campi del Veneto: vennero all’alba, era freddo, e ci buttarono tutti fuori dal letto in malo modo, eravamo tutti in pigiama, buttarono per aria tutto, ci fecero altre foto e comunque non trovarono nulla. In altri campi qualcosa saltava fuori, ma qui da noi non trovarono nulla. Questo per dire che non bisogna mai generalizzare. Ci sono anche i criminali, i ladri, come ci sono tra di voi, ma non in via Vallenari».
Le difficoltà di integrazione però esistono. «E pensare che noi vorremmo semplicemente lavorare e stare con la nostra famiglia – continua Paolo – ci piacerebbe anche fare altri lavori, abbiamo più volte chiesto in giro e a prima vista nessuno ci crea problemi, ma quando viene fuori il nostro cognome, dove viviamo e chi siamo ci penalizzano».
Migliori risultati si ottengono sul piano scolastico, dove l’integrazione è avviata da tanti anni e comincia a produrre i primi risultati: «I nostri figli vanno tutti a scuola – dice Maria Paola – e anche all’asilo, ormai». Nonni e genitori non hanno frequentato la scuola, perché non fa parte della loro cultura, ma piano piano questa abitudine si sta radicando.
«Qualche problema – continua – c’è invece alle medie, dove i ragazzi non riescono ad integrarsi e spesso dopo il primo anno abbandonano lo studio, per riprenderlo più avanti e ottenere la licenza di terza media e poter quindi accedere ad alcune professioni. Alle elementari va molto meglio, grazie anche agli operatori del Comune che vengono ad aiutare i bambini con i compiti».
Un diverso concetto di “casa”. In questa direzione è stato portato avanti il progetto del nuovo villaggio, al quale hanno collaborato con il Comune gli stessi residenti, evidenziando elementi e necessità che altri non avrebbero potuto intuire. Per questo lo aspettano con trepidazione e non vedono l’ora di potersi trasferire per poter vivere dignitosamente ma anche nel rispetto di una loro tradizione, secondo la quale anche il giardino è “casa”.
Ma quando è stato il momento di decidere se trasferirsi nel nuovo villaggio o se rientrare nelle graduatorie per la casa comunale per molti è stata una scelta sofferta. Dietro questa scelta c’è la storia di un popolo, e forse è un po’ troppo facile chiedere semplicemente di “adattarsi”…
«Fino all’ultimo ci abbiamo riflettuto – dice Paolo – ma alla fine abbiamo deciso che non potevamo farcela. Alcune famiglie già in passato si sono trasferite in appartamento, ma per alcuni è stato traumatico, c’è chi non riusciva ad avvicinarsi alle finestre perché soffriva di vertigini: non siamo abituati a vivere con qualcuno sotto o sopra di noi, non siamo abituati all’altezza, e soprattutto non siamo abituati a vivere al chiuso… Ci piace stare tutti insieme con le nostre famiglie: se andassimo a vivere in appartamento dovremmo separarci. E poi abbiamo già perso tutte le nostre tradizioni, almeno questa vorremmo mantenerla…».
In sette famiglie invece hanno deciso di fare il passo. «Non si può essere “zingari” per sempre – dice un uomo appartenente a una di quelle sette famiglie che ha fatto domanda per trasferirsi in appartamento – ho scelto l’appartamento perché ho pensato ai miei figli e ai miei nipoti: il mondo cambia e dobbiamo anche noi civilizzarci. Spero in questo modo incontreremo meno pregiudizi».
Più conoscenza per combattere i pregiudizi. «Non è facile vivere sempre con il pregiudizio sulla testa – dice con una vena di amarezza Paolo – cosa dobbiamo fare per far capire chi siamo? Basterebbe solo che la gente sapesse la verità . Ci sono molte persone che ci conoscono e sanno come viviamo, il mio medico ad esempio viene spesso a cena a casa mia e non ha paura perché mi conosce».
Poi conclude: «Ringraziamo il sindaco e tutti coloro del Comune che finora ci hanno aiutato. Ringraziamo anche il Patriarca che è stato qui con noi, è stata una bella giornata di festa. E a coloro che continuano a vederci con diffidenza diciamo: che vangano qui a vedere, che vengano a conoscerci prima di parlare e di giudicare». di Francesca Bellemo, Gente Veneta, n. 23 del 2008 (in foto il libro pubblicato dalla Provincia di Venezia)

giovedì 29 maggio 2008

Maroni, entro la fine dell'anno non ci saranno più "campi" abusivi

“Entro la fine dell'anno risolveremo la questione dei campi nomadi abusivi, il che significa che ci sarà il rispetto delle leggi”, ha dichiarato il Ministro Maroni, annunciando che il Consiglio dei Ministri approverà domani le ordinanze sui poteri straordinari ai prefetti di Milano, Roma e Napoli per l'emergenza nomadi.
Sui campi abusivi il ministro ha spiegato che “per prima cosa ci sarà un censimento di chi sta nei campi, specie in quelli abusivi: a Roma sono una novantina di piccole dimensioni, a Napoli 8-9 grandi. Quindi ogni città dovrà adottare piani su misura. Io - ha aggiunto - ho esteso l'indagine a tutti i prefetti d'Italia, perché voglio sapere quanti sono i campi per provincia e chi ci sta dentro”.
In questi insediamenti, ha proseguito il ministro, “c'è gente perbene che vive in condizioni misere e tanti minorenni. Naturalmente noi non entreremo con le ruspe e li spianeremo, ma occorre trovare una soluzione”.
Secondo RaiNews24 i dati in possesso del Viminale indicano in 152mila la presenza dei Rom e dei Sinti in Italia, di cui il 37% sono italiani. Secondo sucardrom questi dati sono completamenti errati. Secondo le stime dell’istituto di Cultura Sinta in Italia ci sono meno di 100mila persone, appartenenti minoranze sinte e rom, di cui più del 60% Cittadini italiani.

Emmaus Italia prende posizione sui recenti fatti riguardanti il razzismo e la sicurezza in Italia

Smascheriamo l'ipocrisia e il perbenismo di questa nostra società. Smascheriamo il gioco fatto sulla pelle dei poveri. Una parte della società e della politica, sostenuta dal tam tam martellante dei media, ha cavalcato con eccesso la tigre della paura, del bisogno di sicurezza, dell'assedio e dell'invasione da parte dello straniero, dei Rom, dei poveri che mendicano nelle nostre città. Abbiamo identificato il nemico. Oggi questa parte della società si meraviglia delle reazioni violente e incontrollate avvenute ultimamente nei confronti dei Rom a Napoli e altrove.
L'Abbè Pierre ci ha insegnato a guardare la realtà non con gli occhi di chi cerca solo ed esclusivamente di ricavarne un tornaconto ma con la preoccupazione di chi vuole lavorare per la difesa dei diritti delle persone. In questo senso ci ha insegnato a non aver paura del sentimento della collera; non una collera che si sprigiona solo quando sono in pericolo i nostri interessi ma al contrario quando sono in gioco i diritti degli ultimi, dei più poveri…quando la collera è del tutto disinteressata".
Riportiamo una frase dell'Abbè Pierre: «Bisogna proprio attendere le catastrofi annunciate e ben documentate per riuscire a mobilitarsi? Molte autorità municipali, soprattutto quelle di alcune grandi città, tradiscono - si tradiscono! - rifiutando il loro sostegno ai più deboli… Unitevi tutti per mettere in comune le vostre lotte, i vostri successi e sostenere la vostra azione perché ovunque vengano serviti per primi i più deboli».

Abbiamo paura del diverso e viviamo questa presenza come una “ferita”. Oggi dobbiamo “rischiare” di vivere ed annunciare che la sola “sicurezza”, la pace e il vero progresso nascono dall'incontro con l'altro, col diverso; dall'abbattere piuttosto che innalzare mura, dalla fiducia reciproca, dal capire e vivere che l'interesse più nobile e alto è quello che coinvolge tutti; che la fraternità non è un'utopia ma che per realizzarla vale la pena spendere la nostra vita e il nostro tempo.
Una politica intelligente di accoglienza, storicamente, ha sempre dato risultati più positivi di un regime di segregazione, di persecuzione e di rifiuto.
Non siamo dei disincantati che vivono fuori dalla storia; ci rendiamo conto che l'immigrazione porta anche problemi ed è causa di situazioni tragiche; ma proprio perché siamo una civiltà matura e intelligente non facciamo di tutta un'erba un fascio e non criminalizziamo popoli interi per colpa di qualcuno che delinque.
La collera, che l'Abbè Pierre ci ha insegnato, ci aiuti a non perdere questa passione profonda per l'uomo e soprattutto per l'uomo che soffre e che viene considerato “spazzatura”.
L'Abbè Pierre ci ha insegnato a guardare la realtà non con gli occhi di chi cerca solo di ricavarne esclusivamente un tornaconto ma con la preoccupazione di chi vuole lavorare per la difesa dei diritti delle persone. In questo senso ci ha insegnato a non aver paura del sentimento della collera; non una collera che si sprigiona solo quando sono in pericolo i nostri interessi ma al contrario quando sono in gioco i diritti degli ultimi, dei più poveri… quando la collera è del tutto disinteressata. Emmaus Italia

Milano ospiterà il campionato del mondo di calcio per senzatetto nel 2009

Il Comune di Milano ha annunciato oggi che il capoluogo lombardo ospiterà il campionato del mondo di calcio per senzatetto nel 2009.
La manifestazione, che si disputa ogni anno in una città diversa, è un torneo di calcio da strada a cui partecipano decine di squadre composte da persone che hanno avuto difficoltà abitative o hanno sofferto di situazioni di emarginazione in generale.
"I giocatori di ogni paese rappresentato hanno un passato difficile di emarginazione", ha detto Andrea Canfora dell'associazione Milano Myland, responsabile locale per l'organizzazione del campionato. "L'obiettivo della manifestazione è sfruttare il potere del calcio di cambiare le persone".
Secondo uno studio fatto dalla Homeless world cup, l'associazione che nel 2003 ha ideato la manifestazione, il campionato ha un effetto estremamente positivo sui partecipanti: il 77% dei giocatori ha dichiarato che vivere quest'esperienza ha cambiato in positivo la sua vita, il 40% ha detto che dopo è riuscito a migliorare la propria situazione abitativa e il 38% a trovare un lavoro dignitoso.
All'edizione del 2009, parteciperanno 64 nazionali diverse con oltre 700 giocatori, che si affronteranno per otto giorni nel mese di settembre su campi appositamente studiati e montati all'interno dell'Arena del parco Sempione.

Il calcio da strada si gioca in quattro contro quattro su un terreno sintetico lungo circa 20 metri con piccole porte e bordi rigidi che delimitano il campo rendendo possibile il gioco di sponda.
Avendo vinto già due edizione della coppa, nel 2004 a Gotheborg in Svezia e nel 2005 a Edimburgo in Scozia, l'Italia spera di riconquistare il titolo anche quando giocherà in casa. La sfida sportiva, infatti, è parte integrante dell'obiettivo sociale della manifestazione.
"L'importante è avere un obiettivo nella vita", ha ricordato il calciatore francese Eric Cantona nel video di presentazione della Coppa del mondo dei senza fissa dimora mostrato alla conferenza stampa organizzata dal Comune di Milano.
Un pensiero confermato da Bogdan Kwappik, allenatore polacco della nazionale italiana.
"La squadra italiana è nata cinque anni fa in un campo rom della periferia di Milano fra gente che aveva pochissime prospettive nella vita", ha detto Kwappik intervenendo alla conferenza stampa.
La nostra nazionale dei senzatetto è composta da immigrati e italiani riuniti nell'associazione Nuova multietnica, che si batte per il rispetto dei diritti delle minoranze attraverso l'educazione e lo sport.
Con sudamericani, nordafricani, asiatici ed europei che giocano insieme, la squadra rappresenta un crogiolo di culture che condividono una passione per il pallone e un passato difficile.
"Il clima che si crea durante gli allenamenti e nello spogliatoio è la cosa fondamentale", ha detto Kwappik. Dandosi un obiettivo, molti ragazzi sono riusciti a ritrovare la fiducia in sé stessi e ad aiutarsi fra loro. "Si è creato un clima di grande solidarietà e tutti si scambiano informazioni e consigli su come uscire da situazioni difficili", ha aggiunto.

Roma, i Rom: "pronti a collaborare con le istituzioni e a isolare i delinquenti"

Uniti al di là delle diverse etnie e nazionalità, i Rom dei “campi nomadi” autorizzati si impegnano a emarginare i delinquenti e a collaborare con le istituzioni. Questa la proposta che alcuni delegati rom hanno presentato il 28 maggio 2008 al sindaco Alemanno per evitare che le loro sorti vengano decise da altri.
Moduli abitativi che potrebbero diventare abitazioni definitive per le famiglie, un punto di coordinamento per l’orientamento al lavoro, un ambulatorio di medici volontari per l’emergenza sanitaria, piccoli laboratori artigianali e depositi della raccolta differenziata in collaborazione con l’Ama: sono questi alcuni punti del progetto presentato.
“Al Casilino 900 – ha ricordato Naio Adzovic, portavoce del campo – c’è gente che lavora e che vuole integrarsi, avere una casa, dei documenti e una vita normale. Non è giusto che sia giudicata male un’intera popolazione per colpa di una minoranza che delinque, con cui noi non vogliamo avere nulla a che fare.”

Si sono riuniti i rappresentanti dei campi Salviati 1 e 2, Castel Romano, Salone, Candoni (Magliana), Gordiani e le associazioni Capodarco e Ermes; al loro fianco il gruppo Stalker dell’università Roma Tre, il Cesv, Centro Servizi per il volontariato, e di alcuni rappresentanti della Commissione europea.
Tra gli altri ad esprimere solidarietà al popolo rom ci sono anche il rabbino Di Segni, Massimo Converso, presidente dell’Opera Nomadi di Roma, Sveva Belviso, assessore alle politiche sociali del Comune, che il 27 maggio hanno fatto visita al “campo nomadi” di via Candoni alla Magliana.
“I bambini devono andare a scuola – ha detto la Belviso – e non a mendicare nelle strade. Proporrò a Laura Marsilio, assessore alla scuola del Comune, di fare una sorta di monitoraggio per censire i bambini rom che vanno effettivamente a scuola. Se si vogliono diritti, si devono avere anche dei doveri.”

mercoledì 28 maggio 2008

Milano, i "bravi cittadini" tentano di stuprare una dodicenne

«Ci avete rubato tutto, anche i nostri figli! Adesso vedi che cosa facciamo noi alla tua bambina!». Queste le parole di disprezzo pronunciate verso un padre di etnia rom da un energumeno che sabato sera ha tentato di trascinare via e stuprare sua figlia di 12 anni.
E, quando l’assalto è stato respinto, in circa 20 ragazzi hanno preso d’assalto il camper. Assediandolo. Battendolo con pugni e bottigliate. Insultando ancor più selvaggiamente i componenti di quella famiglia. Che, fortunatamente, è riuscita a ripartire e a fuggire. Il tutto è accaduto in un luogo tranquillo e soprattutto tra decine di palazzi, in piazza Torello, utilizzata il sabato per il mercato del centro cittadino di Collegno.
I fatti risultano dalla denuncia presentata alla stazione cittadina dei carabinieri poco dopo l’accaduto da Boro Brambilla, 46 anni, rom italiano, residente nel “campo nomadi” di strada della Berlia con la moglie Gabriela, i figli e i nipoti.
«Ma da qualche tempo non posso più dormire lì per problemi di salute – racconta l’uomo -. Così passiamo la notte nel camper, io mia moglie e la nostra figlia più piccola». Proprio lei, che chiameremo Diana (il nome è di pura fantasia trattandosi di minorenne), era la vittima predestinata di quel terribile tentativo di violenza. «Da qualche tempo dormivamo in piazza Torello – racconta ancora Boro Brambilla -. Evidentemente a qualcuno non andavamo a genio». Così, probabilmente, è nata l’idea di quello che appare essere un raid punitivo in piena regola. «Ma punitivo di che? – chiede l’uomo – Noi non abbiamo fatto niente…» [sic!].

Così, sabato alle 22,30 circa, Diana sente bussare con forza alla porta del camper. Pensa che sia sua madre, che tornava dall’ospedale di Venaria dove aveva prestato assistenza a una parente. Apre. Un ragazzo rapato a zero, dell’età presumibile compresa tra 25 e 30 anni, l’afferra per il colletto della maglietta e poi per i capelli. Cerca di trascinarla via, ma lei si regge con le braccia ai sostegni della porta e urla disperata. Il padre, che dormiva, si sveglia. Corre e l’afferra, trascinandola dentro il mezzo. Nel frattempo arriva la madre, che si accorge che vicino al camper ci sono tante persone. Che la insultano pesantemente. Lei prima prova a discuterci, poi capisce che hanno cattive intenzioni e corre nel camper. Intanto due dei ragazzi si slacciano i pantaloni e le mostrano il membro. «Aspettaci che arriviamo», le dicono.
A quel punto i 20 ragazzi prendono delle bottiglie di vetro, chi le ha già e chi dalla spazzatura, e si dirigono verso il mezzo. Lo battono con violenza, gli rompono il parabrezza. Brambilla, disperato, accende il motore e riesce a uscire dall’assedio. Scappa in direzione di via Roma. E una notte che avrebbe potuto essere di tragedia finisce nella vicina caserma dei carabinieri, in piazza 1° Maggio. di Davide Petrizzelli

Rom, anche dagli Usa un monito all'Italia contro razzismo e xenofobia

Anche dagli Usa un monito all'Italia contro razzismo e xenofobia. L'Anti Defamation League (Adl), la principale delle organizzazioni americane ha chiesto al governo italiano di «condannare pubblicamente (gli atti di) xenofobia contro i Rom e la retorica contro i Rom», perché «rischiano di incoraggiare l'atmosfera che ha reso possibile attacchi come quelli a Milano e a Napoli».
Il direttore nazionale dell'Adl, Abraham Foxman (in foto), ha scritto una lettera al ministro dell'interno Roberto Maroni, spiegando che a suo avviso «la vitale democrazia italiana uscirà rafforzata da un chiaro messaggio del governo» attraverso il quale «si impegna a proteggere i suoi residenti Rom e tutte le vittime della violenza razzista».
Un silenzio del governo, secondo Foxman «potrebbe inviare un messaggio sbagliato» e cioè che chi «commette violenza xenofoba in Italia rimane impunito».
«Il governo - ha risposto il ministro Maroni - ripetutamente ha già condannato in modo esplicito ogni forma di violenza». Maroni parla delle iniziative «contenute nel pacchetto sicurezza che puntano a garantire a tutti coloro che vivono in Italia libertà e tranquillità». «La dichiarazione che ci viene chiesta - prosegue il ministro dell'Interno - è stata già diffusa dal governo a Napoli, da tutti i ministri e ovviamente da quello dell'Interno. Ma oltre le dichiarazioni abbiamo fatto di più: il pacchetto sicurezza».

Napoli, Bassolino: esplosione di intolleranza gravissima

Anche oggi Napoli e la Campania hanno dovuto registrare un atto di intolleranza nei confronti dei Rom. Lo ha detto il presidente della Regione, Antonio Bassolino, in un intervento sul suo blog.
"Oggi a Ponticelli qualche delinquente ha incendiato uno dei campi rom risparmiati dalle fiamme dei giorni scorsi. Ancora una volta siamo chiamati tutti a fare i conti con un'esplosione di intolleranza gravissima, che dopo tante giuste polemiche e denunce, e dopo anche assurde giustificazioni, continua a covare sotto la cenere di quei roghi.
Innanzitutto dobbiamo impegnarci per evitare che si scateni nuovamente quella violenza. Dopo gli attacchi e la fuga dei nomadi da Ponticelli, rischiamo infatti di vedere quelle tensioni trasferirsi in altre zone della città, magari già afflitte da situazioni di degrado".
Il governatore ha inoltre scritto che la Regione ha convocato un tavolo a cui, oltre a rappresentanti della Prefettura, del Comune e della VI Municipalità, partecipano Opera Nomadi, Sant'Egidio e Caritas.
"Per trovare risposte adeguate alla questione l'assessorato alle Politiche sociali ha attivato due gruppi di lavoro, uno per le problematiche logistiche, uno per quelle giuridiche. Da un lato - spiega - si tratta di individuare aree o strutture disponibili per accogliere gli insediamenti in modo dignitoso. Dall'altro vanno sostenuti legalmente, prima di tutto, coloro che giungono qui da Paesi in cui sono oggetto di discriminazione e persecuzione. Bisogna fare in fretta e collaborare per garantire accoglienza e sicurezza".

Emergenza della quale ha parlato oggi telefonicamente con il ministro dell'Interno, Roberto Maroni per "uno scambio di informazioni e di idee in relazione alla prossima ordinanza di Protezione Civile che nomina il prefetto Pansa commissario ai Rom".
Bassolino aggiunge che "per andare avanti in modo giusto, accanto alle attività del Commissariato, saranno indispensabili politiche attive del Governo e di tutte le istituzioni locali, iniziative delle associazioni e del volontariato, un forte investimento sulla scuola come grande luogo di dialogo e di inclusione. Un luogo in cui i nostri figli costruiscano assieme ai figli dei cittadini immigrati e, sempre di più, assieme ai figli dei Rom una società più aperta e consapevole di quella in cui viviamo noi".
"Negli occhi - conclude - scorrono ancora le immagini dei bambini Rom spaventati davanti alle fiamme, i loro volti impauriti e, per contrappunto, le brutte facce rabbiose ed invasate di teppisti e di camorristi che infierivano sugli accampamenti. Quelle immagini tolgono il respiro. Facciamo in modo che non accada mai più".

Napoli, nelle polemiche ancora le fiamme

Ancora fiamme in un campo rom di Ponticelli. Stamattina vandali hanno dato fuoco all'insediamento situato in via Virginia Woolf, che era stato abbandonato dopo i progrom delle scorse settimane
Nell’insediamento fino a questa mattina si potevano notare le baracche costruite con una certa perizia, ora terreno da caccia per i ratti, in cui restano oggetti di vita quotidiana sistemati in bell'ordine o in completo caos. Quaderni, videocassette («Palermo Milano solo andata», «Il Tagliaerbe», «Titanic»), un vangelo in romeno; i tavoli da cucina spesso infiorettati.
Sulla tettoia in lamiera di un tugurio fa bella mostra anche una parabola satellitare. Il campo è stato nei giorni scorsi anche saccheggiato, soprattutto perché si è aperta la «caccia» ai filamenti di rame, strappati anche dai phon e dalle televisioni. Un campo «congelato» al momento della fuga che somiglia a una sorta di moderna e malinconica «Pompei rom».
Intanto continuano le polemiche sulle esternazioni e sui temi degli alunni di una scuola elementare che nei componimenti hanno dato in molti casi piena adesione alla rivolta contro «gli zingari». Il fatto è stato apertamente stigmatizzato dall'arcivescovo di Napoli, cardinale Crescenzio Sepe, che ha definito «spaventoso» l’episodio dei temi.
Il porporato è intervenuto alla presentazione del libro «Il caso zingari» presso la Pontificia università Agostinianum. «Questo episodio è spaventoso perché fa capire che c’è un certo estremismo ideologico che riesce a colpire anche nelle menti dei bambini». Ai giornalisti, poi, il cardinale ha confidato: «Quelli di Ponticelli non sono bambini, sono adulti cresciuti improvvisamente». «L’unica presenza nei campi rom dell’area di Napoli in tutti questi anni - ha poi denunciato il cardinal Sepe - sono state unicamente quella della Chiesa e quella della Comunità di Sant’Egidio».

Reggio Calabria, sulla questione Rom il Sindaco si riesce a inventare qualsiasi cosa

Il sindaco di Reggio Calabria già da qualche mese sta diffondendo una storia secondo la quale lui avrebbe cancellato i ghetti rom in città applicando una sua ricetta e vincendo le resistenze dei Rom e dell’Opera Nomadi.
È vero che il 29 agosto 2007 il Comune ha demolito il ghetto storico dell’ex caserma “208” in cui, per 36 anni, le Amministrazioni comunali hanno emarginato circa 60 famiglie rom di cittadinanza italiana. Ma è altrettanto vero che mentre si eliminava questo ghetto il Comune contribuiva a costituirne uno molto più grande nel quartiere di Arghillà che, oggi, ospita 106 famiglie rom.
Una buona parte delle famiglie rom dell’ex caserma 208 sono state concentrate nel ghetto di Arghillà nord dove già risiedevano circa 60 nuclei rom.
Il sindaco non ha eliminato affatto i ghetti rom della città, visto che oltre al “208” ampiamente rimpiazzato, esistono da qualche decennio altri due insediamenti ghetto che ospitano complessivamente 80 nuclei rom.

Per quanto riguarda la ricetta abitativa della delocalizzazione che consiste nel far vivere i rom equamente distribuiti nei condomini insieme alle famiglie non rom, bisogna dire che questo modello è stato proposto dalle famiglie rom e dall’Opera Nomadi locale a partire dal 1993, ottenendo risultati eccellenti per l’inclusione delle famiglie.
Il sindaco Scopelliti che si attribuisce la paternità del modello della delocalizzazione, come abbiamo già detto, lo ha accettato solo in parte. Difatti nel mese di marzo il sindaco che aveva promesso ai rom l’assegnazione di quattro alloggi popolari delocalizzati in tre cooperative edilizie, non l’ha fatto perchè i vicini di casa si sono opposti.
L’Opera Nomadi e la comunità rom hanno denunciato la discriminazione razziale promossa da queste famiglie non rom e l’incoerenza del sindaco il quale si vanta di aver sghettizzato le famiglie rom anche se non ha la determinazione per farlo. di Giacomo Marino, Opera Nomadi Reggio Calabria

Amnesty International, l'Italia viola sistematicamente i diritti umani

Irene Khan, segretario generale di Amnesty International, tiene in mano il Rapporto 2008, un libro dalla copertina nera, un censimento delle violazioni dei diritti umani compiute in 150 Paesi: «I leader dei governi debbono chiedere scusa al mondo per le promesse tradite, per l’ingiustizia, la diseguaglianza, l’impunità», dice.
C’è anche un capitolo sull’Italia, disteso su tre pagine, che non sono poche per una nazione «civile» e membro del G8 (per un paragone, il Sudan ha cinque pagine piene di misfatti e la Cina quattro).
Al governo di Roma viene contestato l’atteggiamento nei confronti di immigrati e rifugiati, romeni e rom in particolare.
Sotto il titolo «Discriminazione dei Rom» viene preso in considerazione il decreto legge del 2 novembre 2007 «che consente alle autorità di espellere cittadini dell’Unione europea in base a preoccupazioni di pubblica sicurezza».Secondo la direttrice dell’Ufficio campagne e ricerca della sezione italiana di Amnesty, Daniela Carboni, il rischio è che si apra una «caccia alle streghe». Un clima creato da «dichiarazioni discriminatorie da parte delle istituzioni e atti normativi approvati in modo affrettato e propagandistico». Continua a leggere...

Roma, le associazioni si mobilitano

Ieri mattina si è tenuta a Roma un’affollata assemblea pubblica indetta dalle principali associazioni che operano nel sociale e nel mondo del lavoro per denunciare i rischi e le possibili conseguenze del pacchetto sicurezza.
Tra le proposte più importanti quella di organizzare una grande assemblea a giugno contro il razzismo [in corrispondenza con la discussione in Commissione europea della direttiva sui rimpatri] e una campagna di sensibilizzazione nei confronti dell’opinione pubblica italiana.
Erano presenti, tra gli altri, i rappresentanti delle Acli e dell’Arci, Antigone, la Cgil, il Cnca, Libera con don Ciotti, Lunaria, la federazione “Rom Sinti Insieme” con Nazzareno Guarnieri, Magistratura democratica, il Progetto diritti, le madri per Roma città aperta con la mamma di Renato Biagetti mentre per le istituzioni c’erano l’assessore regionale al Bilancio Luigi Nieri, la consigliera regionale Anna Pizzo e l’europarlamentare Vittorio Agnoletto.
In apertura dei lavori, Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, ha spiegato che «le iniziative proposte servono a creare una rete nel segno del rispetto dei diritti di tutti, in un momento in cui a parole di odio si sommano provvedimenti odiosi e pratiche violente».
Intervento di Nazzareno Guarnieri (in foto), federazione Rom e Sinti Insieme, il quale ha detto che «ora tocca anche direttamente ai rom che sono in Italia assumersi la responsabilità della partecipazione pubblica».

E se Filippo Miraglia, responsabile immigrazione dell’Arci, ha ammesso che la situazione che si è creata è molto difficile, Vittorio Agnoletto ha ribadito la necessità di realizzare una giornata intera di mobilitazione collettiva e ha ricordato l’ultima vittima dei Cpt, un cittadino marocchino morto di recente per cause ancora da chiarire nel centro «modello» di Torino.
La mamma di Renato, ucciso a Focene due anni fa da due giovani fascisti, ha invece espresso tutta la sua rabbia di fronte all’incapacità politica di «chiamare le cose con il loro nome, perché il fascismo non venga scambiato per bullismo». Infine, la consigliera regionale Anna Pizzo, ha lanciato un segnale di democrazia importante parlando della nuova legge regionale sull’immigrazione, in contro tendenza rispetto alla normativa nazionale, la cui discussione è già stata avviata in Consiglio.
La consigliera, prima firmataria della nuova legge, ha invitato tutte le associazioni e i singoli a partecipare a un’assemblea pubblica il 3 giugno prossimo, alle 15, nella sala Mechelli del Consiglio regionale del Lazio [via della Pisana].
L’incontro, al quale prenderanno parte anche numerosi consiglieri provinciali, regionali, comunali e municipali, ha lo scopo di «costruire un luogo condiviso nel quale discutere delle conseguenze delle iniziative di repressione nei campi –ha detto la consigliera–e cercare di coordinare gli interventi per rispondere in modo tempestivo ad una prevedibile accentuazione di atti di intolleranza nei confronti delle comunità rom e sinti. L’assemblea potrebbe dar luogo alla istituzione di un tavolo di coordinamento interistituzionale in grado anche di monitorare le condizioni di vita nei campi ed eventualmente, ove necessario, agire anche sul piano legislativo».

martedì 27 maggio 2008

Pesaro, cresce la psicosi rom ma il Comune rassicura con parole razziste

Da giorni i centralini delle forze dell’ordine sono subissati da chiamate che segnalano la presenza di rom per le vie pesaresi: "C’è uno zingaro che cammina vicino a casa mia. Venite alla svelta''. Un altro: ''Fate un giro dalle parti di via Cimarosa, ci sono due nomadi che chiedono l’elemosina ma intanto addocchiano le case''. E soprattutto: ''Questi sono sempre agli incroci, fate qualcosa per mandarli via''. Centralini di polizia, carabinieri e giornali pieni di segnalazioni di questo tipo.
Succede da giorni e la frequenza sta aumentando. Significa che i cittadini non guardano più distrattamente il passaggio di “nomadi” ma li seguono. Dice l’assessore ai servizi sociali Marco Savelli: ''Qui a Pesaro i nomadi non attecchiranno mai. E sapete perché? Non c’è acqua per quei pesci, perché qui la gente lavora. Le relazioni si costruiscono solo col mondo del lavoro perché Pesaro è una città calvinista a differenza di altre. Il nomade non ha un terreno di cultura a lui favorevole perché anche lo straniero che abita qui, ha un lavoro o lo cerca attivamente. Quindi il nomade non trova sponde da nessuno, e se ne va in fretta o viene allontanato''.

La gente che telefona a ritmo serrato ai numeri di polizia e carabinieri per segnalare il passaggio degli zingari che cosa significa, che cosa sta a dimostrare? ''E’ una psicosi generata dalla percezione di minaccia e di insicurezza. In assenza di certezze sul piano del reddito, delle garanzie per la propria vita l’immediata ricaduta è su coloro che rappresentano una minaccia. Un ruolo importante è quello dei media che amplificando la situazione, può portare alle ronde o alle missioni punitive come quelle di Roma. Gli amici spagnoli secondo me non hanno sbagliato del tutto a definirci razzisti''.
''Io sono convinto che alla gente che ha paura di ritrovarsi zingari dentro casa, che rovistano nei cassetti, va data una risposta. Ma al pari di altri che delinquono. Se arriviamo invece a stabilire il concetto che lo straniero, nomade o no rappresenti sempre un pericolo, allora stiamo debordando. Ed è un fenomeno drogato che sono in tanti ad alimentare. Secondo me, la vera paura deve arrivare da quello che è successo qualche giorno fa all’imprenditore Signoretti: una bomba e gli spari contro la fabbrica e la casa''.
''Questo è un fatto che deve spaventare veramente. E non credo che siano stati i nomadi. Oggi i padri temono per il futuro dei loro figli come non mai in passato, quando invece sognavano per loro solo condizioni migliori. Ma sono paure immotivate. Va ricostruita una strada che permetta di ritrovare una sicurezza sociale ed economica in nome di una convivenza civile che invece si sta sfilacciando''.

Napoli, alunni di Ponticelli: bene i campi rom bruciati

Lo hanno scritto e lo hanno anche ribadito: "La gente ha fatto bene a bruciare i campi rom di Ponticelli". In alcuni casi, a quei raid, hanno anche preso parte ed ora, alunni di età tra i 9 anni e gli 11 anni, proprio del quartiere di Napoli, Ponticelli, dicono "Non se ne sono andati con le buone, abbiamo dovuto incendiare i loro campi".
Che siano pochi o molti ad averlo scritto nei temi, dice Mariano Coppola, il vicepreside della scuola coinvolta, l'istituto comprensivo San Giovanni Bosco, "poco importa, è grave anche se è stato uno solo ad averlo detto". "Dietro le frasi dei nostri alunni, ci sono gli adulti, le famiglie - dice il vicepreside - i ragazzi hanno raccontato di aver preso parte a quei raid e, dopo tutto quello che hanno visto, hanno anche ribadito la loro posizione".
"Non tutti, sia chiaro, hanno detto di approvare quei gesti di violenza", dice il vicepreside. Del resto in quella scuola, fino a poco tempo fa c'erano anche alunni rom "e mai sono stati oggetto di azioni di intolleranza".
Ed infatti, i disegni degli alunni della scuola lo confermano. Ci sono case che fumano, gente che lancia bottiglie incendiarie e scritte come "abbiamo sbagliato, aiutiamoli", "non bruciamo le speranze di chi ne ha ancora"; "siamo uguali anche vivendo in mondi diversi"; "nessuno ha diritto di uccidere".

Solidarietà, dunque, voglia di fare qualcosa per i coetanei rom come ha scritto nel suo tema Anna che per risolvere il problema ha pensato a dei "parchi europei che dovrebbero funzionare come piccole società". In tanti dicono: "I rom possono restare ma devono lavorare, devono rispettare i bambini". "Non gli chiediamo di fare lavori duri, possono sopravvivere con qualsiasi attività, basta che non sia illegale", dice Francesca.
Ma in quei temi c'é anche altro: condivisione di violenze e accuse. "Hanno fatto bene - ha scritto Giuseppe - visto che non se ne sono andati con le buone, abbiamo dovuto usare le maniere forti". E poi Ugo: "Non siamo razzisti, ma loro si sono presi troppo la mano e quindi noi abbiamo dovuto incendiare i loro campi".
"I residenti - dice Francesco - sono stati eccessivi ma forse hanno ragione perché sono stati lasciati soli. Ora che il problema è stato sollevato, lo Stato intervenga per risolverlo". Ed ancora, Serena: "La gente ha fatto bene a bruciare i campi rom perché abbiamo già troppi problemi e ci bastano. Lo Stato potrebbe far costruire alcuni palazzi solo per i rom". Temi, questi, che per don Tonino Palmese, responsabile campano di 'Libera', associazione contro le mafie, "sono segnali da non sottovalutare". "Certo, non si può ancora parlare di intolleranza - spiega - ma può diventarla sulla base di discorsi qualunquisti".

I vespri napoletani di Ponticelli

Le vicende dello sgombero forzato dei campi di romeni dal quartiere napoletano di Ponticelli sotto la pressione di gruppi della popolazione esasperata e manovrata da nascosti fili ma non tanto costituiscono un‘autentico affaire che va disvelato con una corretta informazione ed interpretazione per cogliere la posta in gioco, gli attori secondo una regia nascosta ma reale, ed il concorso di fattori e disfunzioni che emergono alla prova dei fatti.
In primo luogo, la posta in gioco era la disponibilità di un’area occupata da campi abusivi di famiglie di rom per la costruzione di abitazioni, servizi privati e pubblici come il Palaponticelli, per la quale secondo il Programma di Recupero Urbano (PRU) approvato dalla Giunta Comunale erano destinati 67 milioni di euro.
Se entro il 4 agosto 2008 non iniziavano i lavori dei cantieri per gli edifici previsti venivano revocati i finanziamenti ministeriali con una perdita non solo per le imprese edili. Questo è il primo fatto ma altrettanto scatenante nella situazione di crescente degrado del quartiere è stato, a nostro avviso, il recupero di una sicurezza esistenziale minacciata non solo dai rom “ladri di bambini” - secondo uno stereotipo diffuso e confermato da un presunto rapimento di un bambino - e più in generale dal diverso che disturba per stile di vita e manifestazioni di devianza da standard sociali (sporcizia, roghi di copertoni per estrarne il rame, accattonaggio, ecc.). Quindi disponibilità di un’area da acquisire con modalità civili e così per il rapporto con il diverso da accogliere civilmente in vista di una possibile inclusione sociale. di Domenico Pizzuti, continua a leggere…

Rom: sono il nemico pubblico uno?

«Prima dell’entrata della Romania nell’Unione Europea, Roma era la capitale più sicura del mondo... Bisogna riprendere i rimpatri». Era inizio novembre e l’allora sindaco di Roma, Walter Veltroni, non faceva prigionieri e identificava senza esitazione i colpevoli dell’ondata di criminalità che stava allarmando i cittadini della capitale. La tragica morte di Giovanna Reggiani a seguito della brutale aggressione da parte di un cittadino romeno aveva scosso profondamente la città. Il governo, che si apprestava a varare il tanto annunciato «pacchetto sicurezza», decideva allora di estrarne alcuni provvedimenti da rendere operativi immediatamente attraverso il decreto-legge n.181/2007. L’obiettivo era facilitare l’espulsione di cittadini comunitari ritenuti dalle autorità una minaccia per la pubblica sicurezza e per la sicurezza dello Stato.
La tempistica dell’intervento è stata oggetto di critiche, talvolta da posizioni opposte. Secondo un funzionario del dipartimento per i Diritti e le Pari Opportunità intervistato nelle settimane calde dell’emergenza, «fino a non molto tempo fa la situazione appariva sotto controllo e non di nostra competenza e, probabilmente, abbiamo sottovalutato la portata del fenomeno». A conferma di ciò, in un’intervista al «Financial Times», Romano Prodi affermava: «nessuno poteva prevedere un flusso di tale portata. Nessuno si aspettava un tale esodo dalla Romania verso l’Europa».
Nonostante gli sforzi compiuti dal Ministro Ferrero e dal Sottosegretario De Luca nei mesi precedenti alla crisi per stemperare la tensione e promuovere l’integrazione dei rom, alcuni osservatori hanno evidenziato come la carenza di coordinamento tra i vari ministeri e tra il governo centrale e i comuni abbia indebolito l’efficacia di queste pur valide iniziative.

Il provvedimento «urgente e necessario» nelle prime ore ha riscosso l’approvazione pressocchè unanime delle forze politiche italiane – i distinguo sono iniziati solo dopo qualche giorno, soprattutto in sede di dibattito parlamentare – mentre ha suscitato un coro di proteste da parte delle associazioni e del volontariato, ma anche di importanti osservatori internazionali, che hanno manifestato perplessità per un provvedimento che, per quanto di portata generale nella forma, appariva nella sostanza diretto a un gruppo specifico di persone: i rom romeni.
Per il Presidente dell’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa: «l’arresto di un cittadino rumeno sospettato per l’omicidio [della signora Reggiani] non deve portare a una caccia alle streghe. Il Governo italiano ha il diritto di espellere dei soggetti sulla base di considerazioni legate alla sicurezza, ma tutte le decisioni devono essere prese su base individuale e non collettiva».
Il 19 dicembre, due settimane prima della scadenza dei termini per la conversione in legge, il Ministro per i Rapporti con il Parlamento, Vannino Chiti, riferiva all’Assemblea l’intenzione del Governo di rinunciare alla conversione per dei vizi formali. Dieci giorni dopo, il 29 dicembre, un nuovo decreto (n.249/2007) veniva inviato al Presidente della repubblica per la necessaria firma. Il nuovo provvedimento riprende ampiamente la sostanza del decreto precedente e la estende includendo anche misure per contrastare il «terrorismo internazionale».
A distanza di qualche mese e con un nuovo governo che utilizza ampiamente la retorica della sicurezza e criminalizza stranieri e zingari, può tornare utile una riflessione su cosa è effettivamente accaduto nei mesi trascorsi, come è stato applicato il decreto, chi e quante persone sono state oggetto di provvedimenti di espulsione e quale è stato il suo impatto reale sui rom.
Una nuova caccia alle streghe?
Il decreto è stato presentato dai rappresentanti del Governo Prodi come una risposta necessaria al crescente allarme sociale causato dall’arrivo in Italia di un cospicuo numero di migranti romeni e dalla comparsa di insediamenti di fortuna abitati soprattutto da romeni di etnia rom in tutte le maggiori città italiane.
Per cogliere l’atmosfera che si respirava lo scorso novembre, «un continuo recriminare contro gli stranieri senza precedenti nella storia recente dell’Italia» secondo il corrispondente del quotidiano britannico «The Guardian», può essere utile ricordare le parole pronunciate in conferenza stampa dall’allora prefetto di Roma a seguito dell’emanazione del decreto n.181: «Firmerò subito i primi decreti di espulsione. La linea dura è necessaria perché di fronte a delle bestie non si può che rispondere con la massima severità».
Le reazioni al decreto sono state diverse, coprendo un arco che va da chi ha condannato il provvedimento come razzista e in violazione dei diritti umani, a coloro che hanno suggerito che il decreto fosse in linea con la direttiva dell’Unione Europea sulla libertà di circolazione dei cittadini degli Stati membri nel territorio dell’Ue (2004/38/CE), a coloro che hanno visto nel decreto una risposta populista all’allarme sociale ma senza alcun impatto reale, o perchè superfluo in quanto la normativa in vigore già permetteva le espulsioni in casi di minaccia alla pubblica sicurezza o perchè troppo limitato nella sua portata.
A partire da gennaio 2007, quando Romania e Bulgaria sono entrate nell’Unione Europea, la minaccia di un’«invasione» di migranti provenienti da questi due paesi verso l’Italia ha occupato spazio crescente nei media. L’arrivo dei rom romeni, iniziato in realtà ben prima dell’allargamento dell’Ue con l’abolizione dei visti nel 2000, la nascita di campi irregolari, una serie di episodi di criminalità riportati con clamore nei media e vecchi e profondi stereotipi e pregiudizi verso «gli zingari» hanno contribuito a creare un senso di allarme e minaccia crescente nell’opinione pubblica.
La tragica morte di Giovanna Reggiani ha fatto esplodere le tensioni che si andavano cumulando e ha messo in evidenza e amplificato quello che si va a configurare come un fondamentale terreno di confronto e scontro nella campagna elettorale in corso: la sicurezza.
Molte delle posizioni espresse dai politici dei vari schieramenti nei giorni caldi di novembre possono essere lette come parte di una battaglia di posizione per la conquista di questo terreno. Per Veltroni, il decreto n.181/2007 è stato «la prima iniziativa politica» del Partito Democratico che ha rotto la classica dicotomia tra sicurezza di destra e solidarietà di sinistra. Anche la sinistra radicale ha provato a dare una risposta alla questione sicurezza e mentre il senatore di Rifondazione Comunista Caprili invitava urgentemente la sinistra a «ritrovare una connessione sentimentale con il proprio popolo», ricordando che «i campi nomadi non sono nei quartieri bene ma nelle periferie», il Presidente della Camera dei Deputati Fausto Bertinotti affermava che per la sinistra non è sufficiente essere tollerante. Sull’altro versante dello spettro politico, Gianfranco Fini si faceva portavoce del fronte anti-immigrati attraverso dichiarazioni che hanno suscitato sconcerto tra le associazioni anti-razziste e una mezza crisi diplomatica con la Romania.
In un’intervista al «Corriere della Sera», Fini definiva i rom come «una comunità non intergrabile nella nostra società», persone che considerano «pressoché lecito e non immorale il furto, il non lavorare perché devono essere le donne a farlo, magari prostituendosi, e non si fanno scrupolo di rapire bambini o di generare figli per destinarli all’accattonaggio». Fini accusa il decreto di essere blando e dice che dovrebbero essere espulse 200-250 mila persone dall’Italia. Dalla Lega Nord, invece, è arrivato un tentativo di allargare la cornice interpretativa dell’emergenza all’intera questione immigrazione. Umberto Bossi sulle pagine de «La Padania» dichiara: «Adesso tutti parlano di rom e di romeni, tutta l’attenzione è puntata lì. E si dimenticano che ci sono tutti gli altri immigrati, con tutti i problemi connessi. Non sono solo i rom a creare problemi in questo paese». E un altro esponente del Carroccio rivendica la paternità di alcune delle misure incluse nel decreto n.181, anche se «copiate male e troppo tardi» dal centrosinistra.
In generale, si può affermare che la crisi ha prodotto un impoverimento della qualità della dialettica politica. Secondo un esponente dell’Ufficio Nazionale Anti-discriminazioni Razziali (Unar), «assistiamo ad un deterioramento del dibattito politico. Ciò che una volta era considerato razzismo è ora accettabile ed è spesso sostenuto e legittimato con un uso strumentale e inaccurato di dati statistici».
Una preoccupante conseguenza di questo abbrutimento è stata l’apertura di spazi di legittimazione per quei gruppi e movimenti di estrema destra che da tempo fanno della lotta «contro gli zingari» il loro cavallo di battaglia. Così, se il movimento di Storace accusa la sinistra per «i milioni di immigrati che hanno invaso l’Italia» e chiede il dispiegamento dell’esercito, Forza Nuova tappezza la capitale di manifesti contro i rom e comunica attraverso il suo sito che il tempo è scaduto e che «da oggi in poi tutti gli italiani sono moralmente autorizzati all’uso di metodi che vanno oltre le semplici proteste per difendere i compatrioti».
Gli effetti diretti e indiretti del decreto
Al 18 dicembre 2007, il decreto aveva prodotto 408 espulsioni, di cui 262 per motivi di pubblica sicurezza, 124 per «motivi imperativi di pubblica sicurezza» e 22 per cessazione dei requisiti di soggiorno. Dieci giorni dopo, il 27 dicembre, a poche ore dalla decadenza del decreto, il computo era salito a 510 espulsioni, di cui 181 per motivi imperativi.
Pertanto si può affermare che il provvedimento non è stato applicato per legittimare espulsioni di massa, come alcuni avevano temuto e altri avevano sperato.
Rispetto alla nazionalità degli espulsi, i dati ufficiali non offrono delucidazioni. Si tratta come è evidente di un dato sensibile viste le accuse mosse al provvedimento di essere diretto a un gruppo specifico. A ogni modo, dalle informazioni raccolte in alcune città italiane (Roma, Milano, Napoli e Bologna) attraverso associazioni, prefetture e giornali, sembrerebbe che i cittadini romeni, soprattutto di etnia rom, siano stati il gruppo più colpito. Il dato sembra confermato anche dal fatto che i campi, regolari e irregolari, sono stati oggetto di un setacciamento sistematico da parte delle forze di polizia in tutta Italia.
Ma, al di là dell’applicazione diretta del provvedimento, il decreto ha avuto anche degli effetti collaterali, più o meno voluti, sia sul piano simbolico che materiale.
Il decreto, infatti, riconoscendo ufficialmente l’esistenza di una «emergenza sicurezza» ha legittimato non solo quei gruppi di estrema destra che tradizionalmente adoperano la paura dell’altro per fare politica, ma anche quelle autorità locali che ormai da alcuni anni – a Bologna, Cofferati ha iniziato la sua «battaglia per la legalità» nel 2005 con ripetuti e sistematici sgomberi degli insediamenti non autorizzati di rom romeni – contrastano l’insediamento di rom nei loro territori con l’arma degli sgomberi. In un anno il solo comune di Roma ha sgomberato oltre seimila persone, molte delle quali rom. I rom, romeni e non, anche se non rappresentano una minaccia alla pubblica sicurezza (nonostante i controlli a tappeto gli espulsi sono stati pochi) sono sicuramente quelli che hanno risentito maggiormente non solo del clima generale di caccia alle streghe, ma anche dell’applicazione del decreto. La campagna di sgomberi dei comuni, i controlli nei campi e la schedatura condotta dalla polizia, le accuse generalizzate da parte dei politici e gli attacchi di matrice razzista hanno contribuito a diffondere un clima di grande insicurezza tra i rom. Molte persone hanno deciso di abbandonare le città dove vivevano per tornare in Romania o per spostarsi in luoghi meno pericolosi. I bambini rom hanno risentito particolarmente di queste migrazioni forzate, essendo costretti ad abbandonarela scuola e i luoghi conosciuti. Costretti alla macchia con i loro genitori da iniziative politiche che forse producono vantaggi elettorali nel breve periodo, ma che sul lungo termine creano criticità, riducono la fiducia nelle istituzioni di quelli che sarebbero nuovi cittadini e minano ogni tentativo, pur piccolo, di integrazione che si era avviato. di Nando Sigona

Ue, interventi vergognosi di quattro parlamentari italiani

Pubblichiamo le trascrizioni degli interventi di alcuni Parlamentari europei italiani che abbiamo ricevuto da Dominguel, un lettore di questo spazio web. Come tutti possono evincere questi interventi sono vergognosi ed alcuni passaggi sono da censurare come forme di istigazione all’odio razziale. Rileviamo poi una completa ignoranza dei nostri Parlamentari sulla questione rom che è stata irrisa da tutto il Parlamento.

Luca ROMAGNOLI. «Signor presidente ho l'impressione le ripetute accuse dei socialisti spagnoli contro l'Italia e il suo sovrano diritto alla sicurezza interna vengono da chi amministra rigidamente il controllo delle coste, da chi è fresco della vicenda di Ceuta e Melilla, da chi tratta l'indipendentismo catalano e basco mettendo sullo stesso piano polemica politica e terrorismo. Lo sanno i socialisti spagnoli di quanta generosità l'Italia accorda ai Rom? Lo sanno quanto ricevono in termini di assistenza sociale godendo di sostegni economici, d'istruzione e di assistenza sanitaria di cui i cittadini italiani non godono? Lo sanno anche quanta parte di reati di allarme sociale è ascrivibile ai cosiddetti nomadi? Vorrei chiedere al commissario Špidla chi tutela i bambini che chiedono l'elemosina, vendono le rose, puliscono i vetri delle auto nelle città italiane ai semafori, insomma bambini sfruttati di cui spesso non si sa assolutamente la genia?
Perchè non attivarsi ad esempio per controllare il DNA di tutti questi bambini allo scopo duplice di tutelare il minore e verificarne i legami parentali? C'è il precedente in argentina dei figli desaparecidos se non sbaglio?

Nessun campo rom in italia a mio giudizio, come del resto è in romania, come del resto, sig. Špidla, è in tutti gli altri paesi dell'unione europea. Anzi, affinchè i rom e cosi via, possano esprimere al meglio la loro identità e perché sia tutelata e perché si possano meglio autogovernare, propongo che l'unione europea promuova la creazione di uno stato rom, magari in un'area dell'Est europeo visto che in gran parte vengono da quell'area. Finirebbe così la loro diaspora, potrebbero amministrarsi e governarsi autonomamente, migliorerebbe la loro qualità di vita e la sicurezza sociale e, finalmente, migliorerebbe anche la nostra».

Roberto FIORE (NI, IT). «Grazie presidente, vorrei dire che qui c'è un atto d'accusa nei confronti di un governo che per due anni ha permesso l'entrata di centinaia di migliaia di persone e ha permesso allo stesso tempo che queste persone vivessero in uno stato di degrado incredibile, creando un nuovo sottoproletariato.
Va anche fatto un atto di accusa nei confronti di chi non ha pensato a una moratoria nel momento in cui la Romania ed altri paesi entravano nella Comunità europea.
Io penso che l'Italia non abbia la possibilità di affrontare questo problema, visti i gravissimi problemi, pensiamo ai rifiuti, pensiamo al lavoro, pensiamo al problema della casa;
Il problema dei rom è un problema insormontabile visto che i campi di cosiddetta solidarietà sono i campi, e lo dimostra la trasmissione di ieri "porta a porta", teoricamente legali, ma dove vi sono continuamente abusi nei confronti dei bambini e le situazioni igienico-sanitaire sono assolutamente terribili.
Io penso che l'unica cosa che l'Italia può fare con l'appoggio dell'Europa, sia:
1. Rivedere del trattato di Schengen per almeno sei mesi per quanto riguarda l'Italia, visto che questa assise riconosce che c'è un problema di emergenza rom in Italia, quindi sospensione del trattato di schengen.
2. L'isitituzione anche in Italia del reato di immigrazione clandestina che in altri paesi esiste.
3. Negoziare, assieme alla Romania, alla Bosnia, alla Macedonia, alla Serbia, cioè paesi comunitari ed extracomunitari, il rimpatrio umano dei rom presenti sul territorio nazionale».

Mario BORGHEZIO (UEN, IT). «Presidente, come anche lei ben sa, è il popolo nel nostro paese a volere che il governo affronti senza buonismi, con realismo, l'emergenza criminalità, anche dei rom. Difendere i diritti umani ma bisognava farlo anche a Ceuta e invece lì c'è stato il silenzio omertoso dell'Internazionale socialista, compagno Shulz o no?
Difendere anche e soprattutto dall'illegalità di tutti, anche dei rom, i cittadini onesti, io personalmente mi batterò affinché il governo italiano faccia diventare figura di reato l'associazione a delinquere tipica delle famiglie rom, finalizzata a commettere furti e rapine, e magari anche reati più gravi.
La violenza xenofoba non appartiene al nostro popolo, meno che mai ai cittadini campani e napoletani, appartiene alla camorra, che dobbiamo combattere.
Il popolo chiede sicurezza, cosa che non esclude provvedimenti umanitari e di solidarietà, ma prima la sicurezza, che è un dovere altrettanto importante da garantire. Il blabla della Commissione non ci convince, i cittadini, nel nostro paese e in Europa, chiedono sicurezza dall'immigrazione selvaggia e dalle invasioni di chi non emigra per lavorare, si tratta molto spesso di delinquenti che emigrano e non di emigranti che delinquono».

Romano LA RUSSA (UEN, IT). Ha anzitutto precisato che aveva previsto un intervento, tuttavia alla luce di quanto asserito dal collega che lo ha precedeuto, ne avrebbe fatto un altro. «Ritengo, da quanto ho appena ascoltato in quest'aula, e me ne dispiaccio moltissimo che le motivazioni che hanno indotto a questo dibattito siano palesemente mosse da un intento persecutorio, accusatorio e punitivo nei confronti di uno Stato membro e di un governo che è stato eletto con larghissima maggioranza di consensi, ma ahimè per alcuni ha la colpa di non essere un governo di sinistra.
Non è colpa nostra se in Italia i rom si manifestano quasi esclusivamente per rapine, furti, rapimenti di minori, accattonaggio abusivo. Questa è l'immagine in Italia, nostro malgrado, dello zingaro, questa è l'immagine che viene data dai rom. Io sono ancora alla ricerca, qualcuno me lo segnali se lo conosce, di un rom in Italia con un lavoro regolare, legale e che paghi regolarmente le tasse.
Non accusatemi di razzismo, siate seri, difendo solo gli europei onesti e anche i rom onesti.
Ogni Stato deve avere come priorità la sicurezza dei propri cittadini, diversamente, i cittadini si sentono giustificati a farsi giustizia da sé.
Per tanto, gradirei che governanti spagnoli e parlamentari europei invasati e di parte tacessero e guardassero un po' di più a casa loro».

Demir Mustafa, troppo facile prendersela con noi rom...

Demir Mustafa è un rom macedone, vive in Italia dall’89. Ha fondato Amalipe Romano (Amicizia Rom) ed è vicepresidente della federazione “Rom e Sinti Insieme”.
In Italia si parla di “emergenza criminalità” legata ai Rom.
Nessuno nasce ladro o criminale. Il problema per tutti gli immigrati in questo paese è che quando arrivano trovano solo emarginazione, come ad esempio nei campi, e in queste situazioni è più facile che cadano in episodi di microcriminalità. Anche tra i rom ci sono persone che delinquono. Ma questo vale per tutti: rom, marocchini, albanesi e italiani. Per questo sono fondamentali le politiche di superamento dei campi o con l’inserimento nelle case popolari o con progetti di autorecupero di immobili abbandonati.
Pensa che in Italia ci sia un problema di razzismo?
I rom e i sinti sono la più numerosa minoranza linguistica europea ma l’Italia non ha una legge in merito e non ci riconosce. Inoltre nel 2006 ci sono stati fondi europei stanziati specificamente per i rom che l’Italia non ha speso. Anche quest’anno verranno stanziati più di 300milioni di euro per l’integrazione. Noi come federazione “Rom e Sinti Insieme”, ci batteremo per il riconoscimento dei rom e porteremo avanti la battaglia contro il razzismo.

Che ne pensa degli episodi di violenza contro di voi come quelli a Napoli?
Si tratta di una guerra tra poveri, nel sud Italia la situazione è difficile per tutti. E poi ci sono le mafie. E mi chiedo: quanti italiani sono morti a causa dei rom e quanti a causa di camorra e ‘ndrangheta? Eppure si scarica l’odio sui più deboli. Nutrendolo di superstizioni. Come quella che i rom rubano i bambini? Nel 1800 erano gli ebrei ad essere accusati di rubare i bambini dei cristiani. Quando accadeva qualcosa a un bambino scattavano i pogrom. Oggi accade con i rom. Ma se guardiamo i fatti, le cose sono diverse.
Adesso lei vive in una casa, lavora, è “inserito”. Ma tutto sembra essere iniziato da capo con un nuovo afflusso di rom, e non solo dalla Romania. Cosa ne pensa?
In Romania ci sono oltre due milioni e mezzo di rom. C’è stato un regime comunista molto duro. Molti di loro, sono poverissimi, così appena sono entrati nell’Unione Europea sono venuti alla ricerca di una vita migliore. Come hanno fatto tanti italiani che sono emigrati negli Usa o in Germania. La situazione non si risolve con un Commissario.
Cosa significa rom?
Rom in romanes (la lingua di origine indiana parlata dalla maggioranza dei rom, ndr) vuol dire uomo e marito. Tutti i rom, sinti e camminanti si chiamano così. Non “zingari”, “gitani” o “nomadi”.
Si sente offeso se la chiamano zingaro?
Non mi offendevo se qualcuno mi chiamava zingaro in Macedonia: a scuola stavamo tutti insieme, albanesi, macedoni, rom. Ognuno con la propria cultura. Ci rispettavamo. Invece, quando sono arrivato qui, nell’89, ho sentito il disprezzo. Stavamo nei “campi nomadi”. Se volevamo lavarci dovevamo andare nei bar e la gente ci guardava male, pensava che volevi rubare.
Perché emigrò?
Sono nato e cresciuto a Skopje, ho studiato, sono diventato tipografo. Ma nella mia famiglia eravamo 4 fratelli e 3 sorelle, e quindi, dopo il militare, ho iniziato a lavorare. Nel frattempo però, primi anni ’80, era morto Tito, le fabbriche chiudevano, i rom venivano licenziati...
Così ha deciso di lasciare il suo paese...
Avevo 26 anni. Prima sono andato a Bruxelles per 7 mesi. Poi in Germania, per 17. Mi hanno dato una casa, facevo l’interprete. Ma non potevo fare richiesta d’asilo politico: non scappavo da una guerra, scappavo dalla povertà. E allora sono venuto a Firenze e per la prima volta mi sono ritrovato in un campo.
Com’è stato l’impatto con il campo?
Stavamo nelle roulotte, che avevo sempre associato al campeggio, al mare. Ma poi è arrivato l’inverno, ci è nato il terzo figlio. Non avevamo luce, acqua, niente. E mi sono chiesto: davvero dovrò vivere tutta la mia vita qui? Poi dal ’91 ho iniziato a fare il mediatore culturale. A studiare la storia dei rom, a scrivere poesie. Intanto la situazione nell’ex Jugoslavia esplodeva…. Eravamo ormai 700-800 persone, c’erano i bosniaci che scappavano dalla guerra. Poi nel ’99 i kosovari che fuggivano dalle pulizie etniche. E allora abbiamo fondato l’associazione Amalipe Romano, nel 2000, per avere rapporti con le istituzioni. Molti hanno avuto lo status di rifugiato politico.
Anche i rom hanno avuto un olocausto, il porrajmos. Perchè non se ne parla?
I rom sono un popolo che subisce le guerre da sempre. Che viene perseguitato. Almeno 500mila rom e sinti sono morti nei campi nazisti. Siamo solo una minoranza etnica, non abbiamo uno stato, una terra, un leader politico. A chi interessa difendere i nostri diritti? di Beatrice Montini

Roma, manifestazione domenica otto giugno

A Roma domenica 8 giugno 2008, si terrà una manifestazione promossa da intellettuali italiani e Rom, associazioni, artisti e persone di buona volontà che non vogliono essere strumentalizzati da nessuno. L’evento sarà l’occasione per costituire un coordinamento permanente per la difesa della dignità della cultura e dei diritti civili dei Rom e Sinti in Italia.
Le Associazioni che aderiscono all’iniziativa diventano automaticamente anche organizzatori e promotori partecipando con i propri singoli rappresentanti al coordinamento nazionale nel rispetto dei principi che hanno mosso l’iniziativa.
Il programma provvisorio prevede durante la mattinata un corteo per le vie di Roma, una conferenza stampa e libera discussione da parte dei manifestanti e dei rappresentanti delle Associazioni aderenti all’evento e la creazione di un Coordinamento nazionale permanente per la difesa della dignità della cultura e dei diritti civili dei Rom e Sinti in Italia. Nel pomeriggio si terranno delle esibizioni musicali con Alexian Group, Taraf de Bucarest e di tutti i musicisti e artisti aderenti. Di seguito il manifesto dell'evento a cui l’associazione Sucar Drom e l'Istiuto di Cultura Sinta aderiscono.
Domenica 8 Giugno si svolgerà a Roma un corteo di protesta civile contro atti di razzismo nei confronti dei Rom in Italia. L’iniziativa è promossa da intellettuali italiani e Rom, artisti e persone di buona volontà che non vogliono essere strumentalizzati da nessuno. Dopo l’ultimo delitto crudele della mistificazione e della calcolata disinformazione non si può più restare in silenzio, occorre agire, questo silenzio è assordante e colpevole.
C’è un’oscura connivenza tra una parte del giornalismo italiano, una parte delle forze dell’ordine, una parte della politica italiana per giustificare un’incivile repressione.
Domenica 8 Giugno le Associazioni Rom e Sinte in Italia e le associazioni di volontariato, gli artisti, gli intellettuali e le persone di buon senso organizzano a Roma un corteo di protesta civile. Aderite e fate aderire prima che sia troppo tardi!!
Occorre ribadire alcuni concetti che vengono mistificati
Tutti credono che Rom siano solo stranieri. Non è vero! Infatti l’80% dei Rom e Sinti che vivono in Italia sono cittadini italiani
Tutti credono che i Rom sono nomadi. Non è vero! Infatti la maggior parte di quelli presenti sul territorio italiano sono sedentari.
Tutti credono che il campo nomadi sia la soluzione ideale. Non è vero! Infatti i rom arrivati in Italia nei loro paesi di origine avevano le case, il campo non è un tratto culturale della popolazione romanì, ma un’imposizione dovuta alla non conoscenza.
Tutti credono che “zingaro” sia il nome di questo popolo. Non è vero! Infatti il termine corretto è Rom o Sinto. Occorre far rispettare le convenzioni internazionali nei confronti dei Rom, il 70% degli italiani sono razzisti nei confronti dei Rom, la carta dei diritti dell’uomo in Italia per i Rom non vale. Non abbiamo nulla se non il nostro coraggio!!!

Guidoni: "i rom sono il capro espiatorio dei nostri mali"

Umberto Guidoni, è noto ai più per i suoi voli nello spazio. Dal 2004 eletto nel Parlamento europeo iscritto nel gruppo Sinistra Europea- Sinistra Verde Nordica è intervenuto più di una volta sul tema della sicurezza. Rivist@ gli ha posto qualche domanda per sapere come dall'Europa vedono questo nostro "improvviso" interessamento alla questione Rom.
Rom è l'emergenza italiana di questo momento. Come è visto in Europa questo improvviso interessamento?
E' chiaro a tutti che è la logica conseguenza di una campagna elettorale impostata sulla psicosi della sicurezza e sulla criminalizzazione dell'immigrato, del rom, ormai divenuto il capro espiatorio di tutti i nostri mali. Non si tratta di una vera e propria emergenza. La domanda di sicurezza è legittima, ma le emergenze in Italia sono altre: i salari, la precarietà del lavoro, la criminalità organizzata, ecc. Si parla contro i rom e gli immigrati per distogliere l'attenzione da quelli che sono i reali problemi. L'opinione pubblica europea ha visto i campi incendiati ed è preoccupata del clima che si vive in Italia.
L'europarlamentare Rom ha accusato che i Rom stanziati in Italia godono delle peggiori condizioni in Europa. Alla fine il fenomeno Rom, sembra essere una conseguenza di questa affermazione, cioè si comportano male, perché li trattiamo come emarginati?

Con circa dieci milioni di persone, la comunità rom costituisce la più grande minoranza dell'Ue. Secondo l'Agenzia europea per i diritti fondamentali, i rom subiscono una discriminazione sistematica nell'educazione, nel sistema sanitario pubblico, nei servizi e nel mondo del lavoro. E' un dato da non sottovalutare, che coinvolge tutta l'Europa. In Italia, poi, molti campi nomadi sono veri e propri ghetti, dove i requisiti minimi igienici non vengono rispettati. L'esclusione sociale e l'emarginazione non portano necessariamente a delinquere, ma comportano la crescita di un disagio sociale che si manifesta nelle forme più svariate. Occorre affrontare con fermezza i comportamenti delinquenziali, ma poi spetta alla politica analizzare e comprendere quel disagio e tentare di porvi rimedio. Questo non significa chiudere gli occhi sui reati commessi da alcuni individui, ma piuttosto aprirli sulle drammatiche condizioni di degrado ed esclusione sociale in cui vive la gran parte dei Rom in Europa e, particolarmente, in Italia.
Molti paventano nella politica italiana un ritorno al concetto di Razza. Come si possono placare i toni?
Occorre dialogo e, sopratutto, non dimenticare la nostra storia. Simili considerazioni, non troppi anni fa, ci hanno portato a vivere momenti bui da cui è stato difficile risollevarsi. Non dobbiamo lasciarci andare ad ondate emozionali. La classe dirigente del paese non dovrebbe mai permettere che principi fondamentali, quali la responsabilità individuale, la non discriminazione, la solidarietà, siano messi in discussione. Al contrario, la Destra in Italia ha cavalcato le ondate xenofobe e razziste per meri fini elettorali.
Nel Parlamento europeo c'è più preoccupazione per la questione sicurezza o per le modalità con cui l'Italia sta affrontando il problema?
Il Parlamento europeo, che rappresenta i popoli d'Europa e non i governi nazionali, vive con maggiore obiettività la questione sicurezza e non la sente, quindi, come un'emergenza. C'è, invece, una certa preoccupazione per la brutta deriva che sta interessando il nostro Paese. I recenti incidenti accaduti in Italia, gli assalti ai campi rom, cui è seguito un vergognoso silenzio, e le misure del pacchetto sicurezza, che contrastano con i principi fondamentali della Carta dei diritti dell'Ue, destano molta preoccupazione alla maggioranza del Parlamento europeo. Continua a leggere…

lunedì 26 maggio 2008

Roma, i Rom: «non lasciateci soli»

Nel momento in cui si abbatte una nuova tempesta di odio sul popolo rom, noi rappresentanti delle comunità presenti a Roma ci appelliamo ai cittadini democratici, alle associazioni di solidarietà, alle forze sociali e culturali, ai partiti democratici, agli organi di informazione alle autorità religiose: non lasciateci soli.
Soli nei nostri campi di miseria, soli nella nostra emarginazione, nei nostri ghetti, soli nella nostra disperazione senza futuro.
Viviamo in mezzo a voi da secoli, molti di noi sono cittadini italiani, altri sono qui da diversi decenni. Abbiamo seppellito qui i nostri padri e qui sono nati i nostri figli.
Siamo finiti nei campi per non dividere le famiglie, noi amiamo i nostri cari, siamo finiti nei campi perché nulla di meglio ci è stato offerto. Vivevamo nelle misere case di Sarajevo, di Mostar, di Vlasenica e di Bucarest e Craiova ora siamo il popolo delle discariche, ma i rifiuti che ci assediano non sono nostri.
I nostri bambini sono stati accolti nelle scuole e ve ne siamo grati. Alcuni ancora non vanno regolarmente e dovremo continuare a sensibilizzare i genitori, ma per tutti, grandi e piccoli, serve almeno una speranza. Poter vedere una luce nel futuro fatto di un lavoro onesto ed una casa.
Non siamo nomadi, non siamo zingari, siamo rom. Abbiamo una storia costellata di persecuzioni, lutti e dolori, abbiamo una cultura millenaria ed una lingua antica.
In questi giorni sentiamo la paura che ci assedia la notte più del giorno quando rimaniamo soli nelle nostre baracche e non sappiamo se presto arriverà anche da noi un bomba incendiaria, una folla inferocita o l’ennesimo controllo della polizia.

Non tutti tra noi sono in regola. Siamo avvolti in una spirale infernale. Non abbiamo lavoro e non otteniamo il permesso di soggiorno. Senza permesso di soggiorno ad un rom nessuno da lavoro. Non resta che arrangiarsi e sperare che domani sia meglio di oggi. I cittadini italiani hanno accumulato tanto rancore verso di noi. Qualcuno di noi non si comporta bene è vero, come è vero che nei quartieri dove riusciamo a vivere in pace con voi sono sempre nate amicizie e fraternità. Mentre oggi qualcuno ha deciso che dobbiamo essere dipinti come la causa principale di tutti i mali dell’Italia.
Alcuni giornali non fanno altro che parlare dei nostri furti e un incidente provocato da un rom ubriaco diviene un fatto di cronaca di cui si parla per mesi. Anche le forze politiche che si sono riconciliate con gli ebrei a noi non hanno mai chiesto scusa anzi ci additano con il peggiore dei mali.
Si sta perdendo la memoria di come sono nati i pogrom e le persecuzioni. Proprio così prendendo a pretesto i comportamenti illegali di alcuni per criminalizzare una intera popolazione.
Chiediamo a cittadini democratici di non lasciarci soli perché i nostri diritti, la nostra dignità vi riguardano. Se le persone infrangono la legge e cominciano a farsi giustizia da soli oggi è toccato a noi, ma domani potrebbe toccare a chiunque, italiano, rom o straniero che sia.
In questo momento, nel momento del dolore si misura l’amicizia e in nome dell’amicizia e della solidarietà che chiediamo a tutti quelli che non ci odiano di sostenerci, di essere uniti. In questo momento non sono ammesse divisioni sulla nostra pelle. Serve il confronto aperto e leale, la solidarietà vera, la ricerca di nuove strade per cambiare la nostra vita.
Per discutere di quali iniziative, per respingere questa marea di odio nei nostri confronti per cercare le risposte adeguate a rilanciare una politica per la nostra dignità per i nostri diritti a vivere, lavorare, abitare, studiare, vi invitiamo ad una assemblea cittadina che si terrà martedì 27 maggio 2008 dalle ore 17.00 presso il CENTRO CONGRESSI CAVOUR, via Cavour 50/a. Per contatti Rom... Oggi...

Imperia, la Cgil raccoglie firme per i Rom

E’ emerso in maniera esplicita, - viene dichiarato all’interno della nota stampa di Costanza Florimonte (in foto), della segreteria CGIL Imperia - un atteggiamento diffuso di sospetto, se non di razzismo ed intolleranza nei confronti degli “zingari”, italiani e immigrati. Al fine di contrastare questi atti, alcuni operatori esperti nel campo dell’immigrazione e dei problemi sociali, con diverse ispirazioni politiche, culturali e religiose, hanno lanciato un appello, a cui è possibile aderire firmando, nelle sedi della CGIL di Imperia. L'appello propone all’attenzione del governo nazionale, regionale e locale, dei media, nonché degli operatori sociali così come di quelli di polizia alcuni punti fondamentali:
- Combattere la campagna mediatica volta a creare atteggiamenti razzisti e xenofobi nei confronti degli zingari, ma anche dell’immigrazione in generale.
- Adottare efficaci politiche di sicurezza e chiudere i campi nomadi, in quanto ghetti e fonte di emarginazione ed illegalità, incentivando misure di vera accoglienza ed integrazione di queste comunità; i “campi nomadi” sono costosi, perpetuano le discriminazioni, ostacolano una reale integrazione. Sono anche una ‘zona grigia’ di illegalità, su cui occorre che sia fatta luce, per tutelare in primo luogo i più deboli tra coloro che vi vivono.
- Procedere ad un vero e completo censimento dei singoli e dei nuclei familiari di “zingari” presenti in Italia, come primo passo verso misure di integrazione diversificate ed efficaci;

- Per i minori e i giovanissimi, nati e vissuti nelle baracche, occorre prevedere con coraggio e creatività opportunità di integrazione e anche di cittadinanza, capaci di rompere un circuito davvero infernale di sottrazione di futuro;
- Ridurre i casi di espulsione solo per le persone che non hanno titolo o che hanno commesso reati legalmente comprovati; chi ha tale titolo, inoltre, deve essere trattato con rispetto e dignità. Prevenire le condizioni di emarginazione, miseria e criminalità sarà sempre più razionale e anche più economico che reprimerne gli esiti.
- Occorre un’integrazione tra il livello europeo, quello nazionale, quello regionale e comunale: occorre evitare infatti che la sindrome del ‘non nel mio cortile’: i rom non sono immondizia.
- Mantenere la memoria collettiva del Porajmos, anche incentivando la ricerca storica sui campi di concentramento costituiti dal governo italiano nel periodo fascista, un evento rimosso e colpevolmente dimenticato.
- Incoraggiare la voce dei Rom e Sinti italiani, che ad oggi sono l’unica minoranza linguistica storica del nostro Paese a non godere di alcuna tutela: auspichiamo che sorga un’associazione rappresentativa della comunità “zingara” italiana.
La denigrazione verbale, genericamente diretta a queste comunità – commenta Florimonte - ed anche gli episodi di aperta violenza e razzismo nei loro confronti, non possono essere tollerati. E' necessaria una politica che si basi sulla sicurezza dei singoli e della collettività, che parta dall'analisi delle cause che portano ad una maggiore devianza tra queste persone (come emarginazione sociale e culturale, assenza di politiche d’integrazione) offrendo misure atte a governare davvero l’immigrazione, ad le politiche di sicurezza con quelle di accoglienza ed integrazione.
Ecco le sedi dove si può firmare: Imperia, via De Sonnaz 10; Sanremo, via Morardo 11; Ventimiglia, via Sottoconvento 42; Bordighera, via Marconi 8; Arma di Taggia, II Traversa via Cornice, 9; Diano Marina, via Milano 19.