sabato 29 dicembre 2007

Moira Orfei si racconta...

L'arte del circo e quella del cinema sono particolarmente presenti nelle parole di Moira (nome d'arte, quello originario è Miranda) Orfei, che in questa intervista narra anche la storia avventurosa della sua famiglia, presente da quasi duecento anni in Italia ma originaria del Montenegro: Moira ed in generale la sua famiglia, gli Orfei, sono infatti Sinti Italiani, cioè appartenenti ad una delle minoranze nelle quali si distinguono le popolazioni, denominate in maniera discriminatoria “zingare” o “nomadi”.
Gli Orfei sono un nome molto noto dello spettacolo in Italia, non solo per il Circo di Moira e di altri Orfei della famiglia, ma anche per ruoli svolti, in pellicole cinematografiche ed in televisione, non soltanto da Moira, ma anche, ad esempio, da Liana Orfei (cugina di Moira) e della figlia Ambra. Nato dall'amore tra un prete dei Balcani ed una Sinta, il Circo Orfei è attualmente uno dei più importanti del mondo, ed ha, tra fine 2007 ed inizio 2008, in agenda una serie di appuntamenti nel Lazio, in Sicilia ed in Campania, nei quali saranno presenti, tra gli altri, i classici numeri atletici, comici, e con numerosi animali (tigri, elefanti, ippopotami, cavalli, ed altri ancora..), riguardo i quali viene assicurato siano trattati con i giusti affetto ed attenzioni. Leggi l’intervista a Moira…

venerdì 28 dicembre 2007

Roma, SOLIDeALI

L’Associazione culturale “Amici nel Pineto” in collaborazione con Biblioteche di Roma – Casa del Parco e ARCI Solidarietà Lazio con il Patrocinio del Municipio Roma 19 presenta SOLIDeALI, incontro multietnico di solidarietà. Il titolo dell’iniziativa è un singolare gioco di parole (solide ali, solidi ideali, solidali) che racchiude i punti cardine costituiti dall’evento promosso a Roma, sabato 29 dicembre dalle ore 15.00, presso il Casale del Giannotto, Casa del Parco. Ingresso libero.
Alle ore 15.30 sarà presentato il libro “Chejà Celen” (ragazze che ballano, in lingua romanés), edito dalla Casa Editrice Sensibili alle Foglie. Chejà Celen è un libro di Vania Mancini, con le fotografie di Tano D’Amico. “E’ stato durante un matrimonio Rom che, vedendo ballare tutti con tanta passione, mi è venuta l’idea di far partecipi noi “gagè” (non Rom) di questo splendido spettacolo e quindi di organizzare il gruppo di ballo di ragazze Rom che in seguito prenderà il nome “Chejà Celen”. Sarà presente l’autrice. Di seguito sarà proiettato il video “Jujerdan” e si terrà l’esibizione del gruppo di ballo rom “Chejà Celen”.
Alle ore 16.30 si esibirà il coro filippino “The loved flock youth & children’s choir” e di seguito il gruppo di ballo boliviano “Llajtaymanta”.

Latina, arrestati con l'accusa di riduzione in schiavitù di una donna e di una minorenne

La magistratura di Roma, il pm antimafia Carlo La Speranza e il gip Andrea Vardaro, hanno emesso quattro ordinanze di custodia cautelare eseguite oggi dagli agenti della polizia municipale dell'VIII Gruppo e del Gruppo sicurezza di Roma, nel “campo nomadi” di Latina a Borgo Sabotino. I tre uomini e una donna arrestati dovranno rispondere davanti al giudice dei reati di associazione a delinquere e riduzione in schiavitù.
L'attività investigativa che ha portato stamani all'arresto delle quattro persone è scattata dopo che il 23 novembre scorso gli agenti della municipale di Roma hanno trovato una minore e una donna in stato di totale indigenza nei pressi dei Fori Imperiali.
Le due donne, una di 17 anni, erano scappate dal “campo nomadi” di Latina dove erano costrette a vivere in stato di schiavitù, subendo vessazioni fisiche e morali, dopo essere state vendute per 5 mila e 12 mila euro. Secondo la ricostruzione fatta dalla magistratura fin dal febbraio del 2003, per quasi cinque anni vivevano costrette a mendicare e a compiere furti consegnando quanto racimolato ai loro 'padroni', che le avevano anche private dei documenti.
Una brutta storia che farà molto discutere. Naturalmente una certa stampa, a pochi minuti dal lancio di agenzia stampa, sta già strumentalizzando e generalizzando la notizia. Infatti, la Provincia di Latina TV nel dare la notizia utilizza una vecchia foto di Rom, estranei completamente ai fatti, che durante una manifestazione mostrano un cartello con scritto: aiutateci a vivere come esseri umani.

Castelsangiovanni (PC), i Sinti al freddo!

«Siamo senza riscaldamento. Per scaldareci ci arrangiamo con mezzi di fortuna e stufe a legna con le quali scaldiamo l'acqua, che usiamo anche per lavare i bambini». È stato un Natale al freddo quello che è appena trascorso per i Sinti di Castelsangiovanni, nel cui “campo” da diverse settimane, a causa di alcune bollette non pagate, manca il gas metano per far funzionare gli impianti di riscaldamento delle casette in muratura inaugurate solo un anno fa.
Per scaldare il “campo” gli occupanti della comunità sinta castellana hanno pensato di installare nelle case in muratura alcune stufe a legna, mentre nei camper e nelle roulotte parcheggiate nelle piazzole di sosta alcuni si arrangiano con impianti di fortuna. Al centro del “campo” è stato invece allestito un grande braciere a cielo aperto attorno al quale i Sinti castellani si riuniscono per far trascorrere le ore più fredde della giornata.
«Non abbiamo pagato l'ultima bolletta, era troppo alta e non avevamo abbastanza soldi - racconta uno dei sinti che abitano il campo di Castelsangiovanni - e così già da qualche mese siamo senza riscaldamento. Invece di prevedere un solo contatore potevano fare un contatore per ogni casa, così ognuno avrebbe pagato il suo consumo. Oggi ci arrangiamo con qualche stufa e qualche soffione di aria calda che abbiamo sistemato nelle roulotte. Per lavare i bambini facciamo scaldare l'acqua sulle stufe e poi la mettiamo in una bacinella dove loro possono entrare, ma per noi grandi diventa un po' più complicato».
Esempio classico, questo di Castelsangiovanni, di come le famiglie sinte sono discriminate. In primis dal fatto che non è possibile determinare il consumo per ogni famiglia, perché l'Amministrazione comunale ha dotato il "campo" con un solo contatore per tutte le utenze. Provate a pensare alle guerre condominali che scoppierebbero se in un condominio con quindici famiglie vi fosse installato un solo contatore per tutti, sia per il gas metano (e il consumo non è determinato da un'unica caldaia) sia per l'energia elettrica e l'acqua. Ci immaginiamo la scena alla riunione di condominio da fare ogni due mesi all'arrivo delle bollette: "Tu usi più la lavatrice di me?", "No, non è vero! Sono io che sento la tua lavatrice andare tutto il giorno", "Io ho un solo televisore! Voi ne avete due!", “Noi non usiamo la doccia meno di voi perché abbiamo meno bambini da lavare.”…
In secondo è da considerare il bassissimo reddito di queste famiglie. Infatti, tutte le altre famiglie castellane, con lo stesso basso reddito delle famiglie site, sono aiutate economicamente dal Comune che non potrebbe permettersi di lasciare al freddo bambini e anziani.
E pensare che qualcuno ancora afferma pubblicamente che i Sinti e i Rom sono dei privilegiati: vivono in ghetti senza le più elementari strutture e dovrebbero anche essere felici…

Mantova, sei pezzi semiseri...

Partinverse cooperativa sociale di Mantova presenta 6 PEZZI SEMISERI, brevi azioni di teatro sociale in vetrina con la collaborazione di CPS (Centro Psico Sociale), Opera Nomadi Mantova, Coop. di Solidarietà Fiordaliso e Casa di Riposo I. D’Este. Venerdì 28, sabato 29 e domenica 30 dicembre dalle ore 18:00 alle 20:00 presso alcuni negozi e bar del centro storico attori atipici creeranno performances teatrali al fine di relativizzare e arginare la tendenza all’esclusione sociale. Due ragazze sinte, Alisea Del Bar e Melody Fumagalli, saranno tra gli attori che animeranno gli eventi. Ingresso libero.
Partinverse sostiene le potenzialità del teatro come mezzo per la riduzione delle disuguaglianze sociali e ringrazia per la disponibilità i negozi e i locali che ospitano le performances (Supermercato Punto Sma, Libreria Giunti, Benini abbigliamento, Bar Alla Pace, Libreria La Feltrinelli, Caffè la Posta, Supermercato Gs, Mondo Natura negozio eco-bio, Libreria Mondatori). Invitiamo tutti i mantovani a partecipare.

giovedì 27 dicembre 2007

Modena, il nuovo "campo nomadi" è peggiore del vecchio

A quattro giorni di distanza dal trasloco del “campo”, i Sinti modenesi trasferiti a Lesignana fanno l’elenco delle carenze. A chi li va trovare raccontano del ‘prima’ e del ‘dopo’, di ciò che hanno lasciato in via Baccelliera a S.Damaso e di ciò che non hanno ancora nello spiazzo a fianco dell’Alta Velocità, tra le casette civettuole montate su ruote e il cantiere lasciato a metà.
«Non ci sono i bagni in muratura. Neanche le piazzole in cemento. E neppure le casette di otto metri per otto che ci avevano promesso e che invece sono già montate in altri “campi” in questa stessa regione».
«Le pare che si possa dire una sistemazione decente? - chiede con fermezza il più anziano con cui riusciamo a parlare - Ci avevano detto che avevano completato i lavori e invece qui hanno spianato solo la campagna. C’è la presa dell’acqua, quella della corrente con i contatori e nient’altro. I bagni sono quelli dei cantieri, si contano sulle dita di una mano. E’ così che vogliono integrarci?».
I baffi grondano di indignazione quando indica con un ampio gesto del braccio l’area tutt’intorno. Da una parte le piante giovanissime di alberi rachitici e dalla parte opposta, nell’ansa formata dalla provinciale per Campogalliano e la trincea con i pannelli antirumore, una recinzione appena abbozzata; sulla zoccolatura che corre attorno al “campo” e ai tre lotti, una per famiglia, spuntano verso l’alto i paletti di ferro di una rete che non c’è. «Qui non c’è nessuna protezione» dice serio, aggiungendo l’ennesimo sgarbo.
Gli altri due vicino a lui, vent’anni in meno e venti delusioni in più, fanno l’elenco delle inadempienze, dimostrando di conoscere a memoria la legge regionale e le cifre dei fondi stanziati, meglio di avvocati. La morale è una sola secondo loro: «I soldi pagati dalla Regione dove sono finiti? Qui non se ne sono visti molti trasformati in attrezzature per il campo». In foto uno scorcio del vecchio "campo nomadi, continua a leggere…

Benazir Bhutto è stata ammazzata

Benazir Bhutto è morta nell’attentato kamikaze compiuto al termine di un suo comizio a Rawalpindi. Lo ha annunciato un collaboratore del Partito del popolo pachistano. La notizia è stata confermata da un alto responsabile dell’esercito. Nella deflagrazione, avvenuta all’esterno della sede in cui Bhutto ha parlato, sono morte almeno altre venti persone. Il leader dell’opposizione era stata portata in un ospedale vicino al luogo dell’esplosione, dove era stata sottoposta a intervento chirurgico. I sostenitori della Bhutto, radunatisi intorno all’ospedale di Rawalpindi, hanno iniziato a intonare slogan contro il presidente Pervez Musharraf.
Benazir Bhutto, 54 anni, era la figlia primogenita del deposto primo ministro Zulfikar Ali Bhutto e di Begum Nusrat Bhutto (di origini curdo-iraniane). Il nonno paterno fu Sir Shah Nawaz Bhutto, un Sindhi e figura chiave del movimento indipendentista pakistano. Ha frequentato le scuole in Pakistan, e nel 1973 si è laureata in scienze politiche presso l'università statunitense di Harvard.
Successivamente ha perfezionato gli studi a Oxford dove ha conseguito un'altra laurea in politica, filosofia ed economia. Non ancora ventenne, aiutava il padre nel suo lavoro in qualità di assistente. Dopo l'università è tornata in Pakistan e, mentre suo padre veniva assassinato per volere del generale Muhammad Zia-ul-Haq, lei veniva stata confinata agli arresti domiciliari.
Nel 1984 le venne permesso di ritornare nel Regno Unito, dove divenne leader in esilio del Partito del Popolo Pakistano (PPP) già presieduto dal padre, ma non riuscì ad avere una sufficiente influenza politica sulla vita politica pakistana fino alla morte di Zia-ul-Haq.
Quando il 16 novembre 1988 si tennero le elezioni, ed il PPP ottenne il più ampio numero di seggi per un singolo partito, la Bhutto fu nominata primo ministro il 2 dicembre. E così all'età di trentacinque anni Benezir divenne la persona più giovane ma anche la prima donna a divenire capo del governo di un paese musulmano in tempi moderni. Continua a leggere...

La giustizia non è uguale per tutti...

E' risultato positivo al test dell'alcool e non è stato arrestato, al contrario di quanto successo per Marco Ahmetovic. E' indagato a piede libero con l'accusa di omicidio colposo plurimo, il giovane di 32 anni che era alla guida del 'Suv' coinvolto nello schianto in cui hanno perso la vita padre, madre e una bimba di 10 anni a Grumello del Monte, nel bergamasco. Una seconda figlia è ricoverata in ospedale in gravi condizioni.
Il trentaduenne, M.R., è invece rimasto illeso e non sono state fornite le sue generalità alla stampa. M. R. sottoposto al test dai carabinieri dopo l'incidente e' risultato avere una concentrazione di alcool superiore a quella consentita per legge. La patente gli è stata immediatamente ritirata.
L'incidente ha visto coinvolte l'automobile a bordo della quale viaggiava la famiglia, una Fiat Punto, e un fuoristrada Cherokee, che si sono scontrate in via Lega lombarda a Grumello, una strada che costeggia l'autostrada A4.
Da quanto risulta ad oggi i parenti delle vittime non sono ancora andati a bruciare ne la casa di M.R. ne le case dei suoi famigliari, al contrario di quanto successo a Marco Ahmetovic e ai suoi famigliari.
E' da segnalare che questa mattina la Magistratura ha negato gli arresti domiciliari a Marco Ahmetovic, l'avvocato ha dichiarato ai maggiori quotidiani nazionali che il suo assistito subisce un trattamento differenziale proprio perchè rom. Infatti in sessant'anni mai nessun condannato, per aver provocato un incidente stradale, è finito in carcere o agli arresti domiciliari.

mercoledì 26 dicembre 2007

Il Presidente Prodi incontra la famiglia Draghici

Nella sera della vigilia di Natale, il presidente del Consiglio Prodi ha voluto incontrare la famiglia Draghici, coppia di rom con due figli, che ne ha perso un altro un mese fa in un incendio. Il premier ha voluto mandare un messaggio di coesione e solidarietà. Ai due bimbi ("parlano un bolognese stretto") Prodi e la moglie Flavia hanno portato uno zainetto di articoli per la scuola e dei dolci.
"I problemi dell'immigrazione si affrontano soprattutto capendo che questi immigrati saranno nostri cittadini, dovranno comportarsi secondo le regole del Paese, ma essere anche accolti come accogliamo i nostri bambini". Forse un riferimento alle scelte del Comune di Milano, che ha deciso di non ammettere i bimbi figli di extracomunitari non in regola col permesso di soggiorno.
"Il problema dei rom - ha poi aggiunto Prodi - rimane ed è gravissimo. Non è un problema nè romeno nè italiano, ma è europeo e a livello europeo va risolto. Nessun Paese è in grado di affrontarlo da solo per la sua dimensione enorme". Continua a leggere…

Ho incontrato due "zingari" felici...

Da un po' di tempo a questa parte a Reggio Emilia si parla molto di "nomadi". Al centro dell'attenzione c’è il progetto, da parte del Comune, di costruire delle micro aree in cui ospitare le famiglie sinte che attualmente vivono nell'ormai troppo affollato accampamento di via Gramsci.
In città si è così assistito a un susseguirsi di raccolte firme, di assemblee di quartiere e di presentazione di odg in consiglio comunale. Appuntamenti in cui i partiti di destra hanno visto una buona occasione per mettersi in mostra. In vista delle amministrative del 2009 è sempre bene far vedere chi difende i sani e antichi valori della nostra cultura, che è fatta prima di tutto di valori materiali, come il mattone, ad esempio. Tra gli argomenti di coloro che non vogliono un micro accampamento di Sinti vicino a casa, infatti, c'è quello della svalutazione del valore di mercato del proprio immobile di proprietà (a volte della banca).
Così è la nostra scala di valori. Per nostra intendo dire quella del “gagio” (tutti coloro che non sono “zingari” vengono chiamati da questi, “gagi”). Prima gli oggetti materiali, poi le persone, prima il valore monetario, poi la convivenza pacifica.
Chi ha una scala di valori diametralmente opposta sono invece proprio i Sinti. Per loro al primo posto ci sono le persone, le feste, lo stare insieme. L'interesse economico è lasciato a un gradino che sta molto più in basso.
Emilianet ha incontrato due Sinti reggiani, Ettore Anselmi e Vladimiro Torre (in foto), che fanno parte dell'associazione Them Romanò (Mondo Rom e Sinto); il primo ne è il presidente. Insieme abbiamo cercato di approfondire un po' di aspetti sulla cultura sinti e sulla loro posizione nella società.

Cosa non va in voi Sinti?
Ettore Anselmi. Dentro di noi, credi a me, ci sono le razze più belle del mondo. Razze che ti fanno vivere, che sono capaci di darti allegria, felicità e si accontentano di un pezzo di pane.
Noi sinti italiani, però, abbiamo un solo grande difetto: la nostra ignoranza, la quale non ci permette, prima di tutto, di combattere contro i luoghi comuni e di dialogare tra pari con le autorità. Però noi abbiamo fiducia nei nostri figli, vogliamo che studino in modo da avere, un giorno, un sinto tra i consiglieri comunali e magari in Parlamento. In questo sono avvantaggiati anche da internet che è uno strumento che può permettergli di non restare ignoranti come lo sono stati i loro padri.


Tu, Vladimiro, come presidente di Them Romanò hai l'occasione di girare l'Europa, di vedere come stanno i nomadi da altre parti, com'è questa tua esperienza?
Vladimiro Torre. Da dieci anni a questa parte mi occupo di progetti mirati a far studiare i nostri ragazzi. Faccio parte di un organismo legato al parlamento europeo che si occupa della tutela dei Rom in Europa. Sono stato in diversi paesi, ho potuto così confrontare realtà diverse. In generale la mia impressione è stata che i Rom, in paesi come la Francia, la Germania e soprattutto, a mio avviso, la Spagna, vivono meglio rispetto all'Italia. Sarà forse perché, per fare l’esempio di quest’ultimo paese che ho citato, il vicesindaco di Granada è un sinto, il sindaco di Barcellona è un sinto, ci sono dei professori, dei funzionari di polizia sinti. I Sinti hanno in mano dei piccoli mercati, gestiti da loro, hanno delle cooperative che gestiscono dei banchi di vendita al minuto di verdura, scarpe e vestiti.

In Italia avete dunque meno potere...
Vladimiro Torre. Abbiamo capito che è una questione politica. Non è una questione di sola assistenza sociale. Per questo sappiamo che per ottenere certe cose dobbiamo non solo rivolgerci ai politici, ma anche cercare di metterci al loro livello. Perché da molti anni a questa parte, della nostra vita se ne sono sempre occupati i “gagi”. Hanno deciso loro dove metterci, in quale campo parcheggiarci. E noi Sinti, per paura, perché il sinto ha paura di tutto, abbiamo sempre risposto che andava bene così. Sapevamo che se ci fossimo in un qualche modo ribellati avremmo peggiorato da soli la nostra situazione. Si è deciso quindi di scegliere il male minore e di accettare la proposta del “gagio”. Però, pian piano, vogliamo essere noi a occuparci della nostra vita, perché appartiene a noi Sinti. Naturalmente abbiamo bisogno di lavorare fianco a fianco con i “gagi”, e siamo contenti quando loro ci aiutano ma delle nostre sorti vogliamo iniziare a decidere noi. Continua a leggere…

lunedì 24 dicembre 2007

Auguri perchè anche ognuno di noi riesca ad essere un po' malaccorto e cambiare il mondo!

"Per testimoni, al giorno del suo natale, sceglie malamente due animali: l'un senza seme, l'altro senza sale. Per genitori cerca un legnaiolo, per madre una bambina fino in fondo; lo annuncerà risorto una ex sgualdrina: è un dio il più malaccorto e cambia il mondo". (Oldani)
Qualche giorno fa, se esiste, Dio mi si è presentato sul treno. Cercava come duemila anni fa una "casa", qualcuno che lo accogliesse. Stavo tornado da Padova. Sul treno Brescia - Olmeneta un giovane chiedeva la sigaretta a tutti. "Scusa ma non fumo", gli ho detto. Pochi minuti dopo ripassava dalla mia carrozza per attaccare bottone. Siamo scesi assieme dal treno. Abbiamo atteso assieme quello dopo parlando da uomo a uomo. Poi mi ha chiesto l'indirizzo aggiungendo: "Grazie! Voglio solo scriverti, non voglio nient'altro. Sai, stasera tu mi hai salvato la vita perchè per me, eroinomane da anni, ogni giorno il confine tra la vita e la morte è labile". A Casalbuttano è sceso. Andava a rubare.
Per Ivan non sarà natale. E neanche per Rashid, uscito dal carcere qualche giorno fa. Non sarà Natale per il dottor Salim che vive nel campo profughi di Gerusalemme. Non lo sarà per quei rom a cui hanno distrutto la casa a Tor di Quinto. Non sarà Natale perchè dei sindaci hanno scelto con un'ordinanza di "accogliere" lo straniero in base al censo. E nessuno ha detto nulla: ne chi predica dai pulpiti la solidarietà ne chi scende in piazza con la bandiera della pace. Non lo sarà per chi vive in Palestina perchè troppi pellegrinaggi son passati dalla Terra Santa senza vedere quel muro che divide la terra di Cristo in due. Non lo sarà per quel bambino che a scuola è considerato una "pecora nera". Eppure se un dio dovesse ritornare a trovarci son certo che sceglierebbe per padre un rom e per madre una badante dell'est. A portare i doni vi sarebbero tanti precari, con quel poco che hanno. Per angeli tanti ex detenuti. E i pastori avrebbero con se un gregge di "pecore nere".
E allora auguri, con un sorriso vero, genuino, quello di Iris: la figlia di Pino, ex detenuto che in un anno ha avuto il coraggio di cambiare il mondo regalando a tutti noi una bambina, il futuro. E' un dio il più malaccorto e cambia il mondo..... di Alex

domenica 23 dicembre 2007

Auguri a Tutti


Sucar Drom Augura Buone Feste a Tutti
con questa bellissima foto di Mauro Lattuada
che ritrae la giostra di una famiglia sinta

sabato 22 dicembre 2007

Auguri dalla Spagna








Diano Marina (IM), il jazz sinto manouche

Il comune di Diano Marina offre uno spettacolo imperdibile, domenica 26 dicembre, nel pomeriggio di Santo Stefano. Nella centrale via Canepa si esibiranno infatti gli Amici di Django Reinhardt (Marco Vescovi, chitarra - Renzo Luise, chitarra - Leonardo, Gramegna, contrabbasso - Fabio Biale, violino e voce) che, proponendo il loro repertorio di swing sinto manouche, terranno compagnia con allegre musiche d’antan.
Lo spettacolo è un entusiasmante percorso alla riscoperta della musica del grande Django Reinhardt e dello swing sinto manouche, interpretata con passione e coinvolgimento da una delle band emergenti nel panorama del swing in Italia.
I Sinti manouche, giunti in Europa verso la fine del XV secolo, scelsero come sede di permanenza la Francia, l'Olanda e la Germania. Fu in questi paesi che la cultura musicale sinta entrò in contatto con quella europea.
Nel corso degli anni '30 il chitarrista Django Reinhardt apportò un contributo espressivo allo sviluppo dello stile musicale manouche, fondendo le caratteristiche tipiche della musica sinta con il jazz che in quegli anni cominciava ad arrivare da oltre oceano e creando uno stile particolarissimo.

Milano, il Comune viola la Convenzione ONU del 1989

"La circolare del Comune di Milano è in netta violazione dei diritti dell'infanzia sanciti dalla Convenzione ONU del 1989, ratificata dall'Italia, che ribadisce l'uguaglianza fra tutti i bambini come principio cardine e sottolinea come l'interesse superiore del bambino debba sempre prevalere su ogni altra considerazione": lo afferma il Presidente di Unicef Italia, Antonio Sclavi, commentanto la circolare del Comune di Milano sulle nuove modalità d'iscrizione alle scuole dell'infanzia che di fatto nega ai bambini di famiglie extra-comunitarie prive di permesso di soggiorno l'accesso alle 170 scuole materne del capoluogo lombardo. "Mi sembra veramente penoso che ci si nasconda dietro al fatto che le materne comunali non offrono un servizio obbligatorio per legge" - aggiunge don Virginio Colmegna, presidente della Casa della Carità di Milano.
La circolare del capoluogo lombardo, tra i documenti richiesti agli stranieri extra-UE prevede, infatti, il documento di "permesso di soggiorno in corso di validità o ricevuta di presentazione della domanda di rinnovo" e subito dopo precisa che chi non è in regola entro la fine del periodo delle iscrizioni, non verrà ammesso. "Le famiglie prive di regolare permesso di soggiorno avranno la possibilità di iscriversi, purché ottengano il permesso di soggiorno entro la data del 29 febbraio 2008. La mancata presentazione del permesso di soggiorno entro tale data non consentirà la formalizzazione della domanda di iscrizione" - riporta la circolare. Fino a quest'anno chi era in attesa del rinnovo dei documenti, veniva iscritto "con riserva". Ma di questa possibilità, nella circolare di quest'anno, non c'è più traccia. Continua a leggere…

L'Italia in declino

E così, dopo anni di piagnistei nostrani, anche quei cattivoni d’americani hanno osato criticare lo Stivalone con un articolo su uno dei loro più importanti quotidiani.
Subito si sono alzate alte grida contro questa indelicatezza: ma come si permettono questi stranieri di mettere il becco in casa nostra? Ma non lo sanno che siamo i discendenti di Roma e che, come ai tempi dell’Impero, nulla esiste al di fuori dei nostri confini se non leones e barbarus?!
Il dito sulla piaga fa male! Ed allora in alto i gagliardetti, avanti il presidente Napolitano a fare l’infermiere e a medicare la piaga! Guai far sapere ai depressi italioti che il mondo ci guarda, e ride, questo però i nostri solerti lacchè del giornalismo riescono a nasconderlo, ma quando sono proprio loro a parlare, i nuovi imperiali, gli americani, diventa un po’ difficile metterci una pietra sopra!
Ora, malgrado le cortine fumogene faticosamente accese e rinfocolate dalle lavatrici mentali televisive, l’italiano medio, forse che forse, comincia a guardarsi allo specchio (quale miglior specchio di colui che ti osserva?).
E allora il discendente di cotali antenati, i Cesari, dovrebbe provare ad uscire dai confini ed osservare i barbarus e confrontarsi con loro… forse avrebbe addirittura qualche soddisfazione vedendo paesi in condizioni sicuramente peggiori (che dire, ad esempio, della teocrazia iraniana?) ma potrebbe anche imparare qualcosa da altri paesi…
Lo Stivalone è un paese che, da tempo, ha cominciato a camminare con la testa rivolta all’indietro: ah! il bel tempo antico… e via piagnucolose insulsaggini sulla bella vita dei nostri vecchi (immaginate di portare ai nostri tempi il nostro bisnonno, povero diavolo di contadino valtellinese…), siamo tristi e frustrati… e via un fiorire di fascistume di tutti i tipi (immaginate di portare ai nostri tempi un povero cristo di partigiano segato dalla mitraglia durante i rastrellamenti delle brigate nere…), i padroni la fanno ancora da padroni… e via con prestanti, si fa per dire…, dichiarazioni di fede nel comunismo (immaginate di portare ai nostri tempi un povero… comunista valtellinese tolto dalle spese con un colpo alla nuca a Mosca, ai tempi di Stalin e Mussolini), la nostra cultura è cristiana… e via con l’imposizione a tutti di ciò che vuole la gerarchia vaticana (immaginate di portare ai nostri tempi un povero cristo, nel vero senso della parola, dei Cech squartato perché evangelico durante il Sacro Macello)…
Altri paesi non hanno fatto questo errore e hanno volto lo sguardo in avanti verso il futuro, ad esempio la Spagna ha fatto così, la Spagna che consideravamo il paese dei toreri e non altro… poi i nostri bambini hanno cominciato a succhiare il Chupa Chupa, abbiamo cominciato a comperare auto SEAT, messa in piedi dalla FIAT ma poi acquisita dal gruppo Wolkswagen, abbiamo cominciato ad andare al mare alle Canarie, a Mallorca, sulla Costa del Sol… abbiamo cominciato a ballare e a comperare la musica dei Gipsy King, Kalé cioè “zingari”!
Piccola riflessione, anche in Spagna ci sono i Sinti e i Rom e si chiamano Kalé, hanno inventato il flamenco e le sevillanas che sono la musica popolare della Spagna, Sevilla e i Kalé sono una delle mete turistiche della Spagna. Anche noi abbiamo gli “zingari” ma da noi sembra che siano un problema, che i nostri Sinti e Rom siano di qualità inferiore? Eppure diverse ditte dell’Emilia fanno fatturato, anche notevole, producendo giostre, un’invenzione dei Sinti, “zingari” italiani… Continua a leggere…

Viareggio (LU), rom e viareggini insieme per il Carnevale

Il Carnevale è davvero internazionale e soprattutto il lugo della pace e della concordia. Ed è quanto succederà a bordo di un carro, piccolo per la verità, e non di quelli ufficiali. Ma con il valore aggiunto di essere realizzato dai ragazzi del Cam, il centro di aggregazione della Misericordia di Viareggio.
"Un amico in più" è il titolo della costruzione fuori concorso e di modestissime dimensioni che vedremo sui viali a mare a partire dal 20 gennaio in occasione del primo corso mascherato. Ma ha un doppio valore.
Innanzitutto è stata realizzata dai ragazzi che frequentano il Cam, il centro per le attività pomeridiane dei giovani e giovanissimi. Poi perché sul proscenio, in mezzo alle figure di cartapesta, modellate dai ragazzi, balleranno a ritmo di samba e di canzoni del Carnevale bambini nostrani e bambini rom, i figli di quelle famiglie che avevano occupato l'ex Telecom e che sono state fatte sgombrare e sistemate in diversi alloggi.
Ebbene quando scoppiò l'emergenza i bambini trovarono posto presso uno speciale asilo in una delle sale della Misericordia. Adesso il processo di integrazione passa anche attraverso i coriandoli.

Mantova, superiamo la logica del "campo nomadi"

In questi giorni molti discutono a Mantova per l’intervento dell’Amministrazione Comunale a sanare un pregresso di consumo di energia elettrica, relativo al cosiddetto “campo nomadi”. Devo anche dire che sono rimasto stupito dalla modalità con cui la Gazzetta di Mantova ha dato la notizia: “i nomadi del campo di via Guerra fanno festa”.
Nessuna famiglia sinta, domiciliata in viale Learco Guerra, balla o canta, anzi le famiglie sono assediate dal circuito internazionale di motocross (motori senza silenziatore che sgasano ad ogni ora del giorno a pochi metri dalle roulotte) e dal depuratore (un “profumo” che ti accompagna per ventiquattro ore al giorno). E non credo che nessuno dei tanti cittadini che oggi discutono mai vivrebbe in una tale situazione di disagio.
La Lega Nord nostrana è naturalmente subito intervenuta ma per fortuna a Mantova è all’opposizione anche perché quando governa, come a CastelGoffredo, è capace solo di emettere ordinanze razziste (“divieto di sosta ai nomadi”) per poi litigare e cadere…
Nessuno propone soluzioni e quindi il sottoscritto ripropone a tutta la Città ciò che ha votato il Consiglio Comunale nelle Linee Programmatiche di inizio mandato: la chiusura del “campo nomadi”.
L’Italia è stata condannata formalmente dal Consiglio d’Europa perché la pratica abitativa del “campo nomadi” è segregante e di fatto ripropone una forma di apartheid, dove le famiglie sinte sono per lo più tollerate (pensiero quello della tolleranza molto amato purtroppo anche da alcuni politici del centro-sinistra nostrano).
In questi anni l’Associazione Sucar Drom (caro Fava, non è un nome fantasioso. “Sucar drom” nella lingua sinta, che deriva dal sanscrito, significa “bella strada”) ha sostenuto l’uscita dalla logica assistenziale e segregante, propria del “campo nomadi”, di una quindicina di famiglie sinte. Queste famiglie con le proprie risorse hanno acquistato dei piccoli terreni dove si sono stabilite in molti comuni della nostra provincia.
Nessuna famiglia sinta vede nel suo futuro e in quello dei propri figli il “campo nomadi” ed è per questo che dovremmo unire tutte le forze per sostenere con ancora più determinazione queste famiglie a costruire un percorso di autonomia abitativa.
Questo porterebbe a non spendere più soldi per mantenere una struttura ghettizzante e consentire ai nostri concittadini sinti di godere dei diritti che ogni mantovano gode da quando nasce.
Siamo al termine dell’Anno Europeo delle Pari opportunità per Tutti, anno drammatico per le minoranze sinte e rom italiane e Mantova non ha certo brillato, ma sarebbe di buon auspicio per il futuro che tutte le forze politiche mantovane controfirmassero oggi la Raccomandazione 1557/2002 del Consiglio d’Europa con l’obiettivo di attuare politiche di interazione, anche attraverso le metodologie della mediazione culturale, considerando le comunità sinte e rom protagoniste sociali pensanti. di Carlo Berini (in foto primo da destra, insieme agli altri tre membri della segreteria tecnica del comitato Rom e Sinti Insieme: Radames Gabrielli, Yuri Del Bar e Nazzareno Guarnieri)

Natale 2007

Grida di bambini, silenzi di anziani

un tavolo imbandito, una ciotola vuota,

allegria al luna park, tristezza in ospedale

tepore di casa, freddo di baracca

polsi con bracciali, polsi con manette

luci dell'albero, buio dell'emarginazione

calore di un abbraccio, gelo di uno schiaffo

condivisione dell'amicizia, solitudine dell'incomprensione

lacrime di gioia, lacrime di dolore


Un Buon Natale da Rossanina, con l'augurio che il 2008 sia un anno sereno e pieno di salute, con l'entusiasmo che avevamo da piccoli, la pace nel cuore, il piacere di una carezza, la gioia di un sorriso.

venerdì 21 dicembre 2007

Chiari (BS), un invito anche per te

Natale 2007, un invito anche per te:
AIUTIAMO I SINTI A SUPERARE L’INVERNO!
TANTI VISI, TANTI SORRISI
TANTE MANI, PER IL DOMANI
TANTO CUORE PER FAR PIU’ LIEVE IL DOLORE
TANTO COLORE PER UN PO’ DI CALORE
RACCOLTA DI FONDI, COPERTE, MAGLIONI, SCARPE…

Sabato 22 Dicembre, dalle 10.00 alle 19.30, in Piazza Rocca
Domenica 23 Dicembre, dalle10.00 alle 19.30, in Piazzetta Vittime della Strada
Lunedì 24 Dicembre, dalle 10.00 alle 20.00,in Piazza Rocca

PREGHIERA E RIFLESSIONE CON DON FAUSTO GNUTTI
SABATO 22 DICEMBRE, ORE 20.00, in Piazza ROCCA

Brescia, i Sinti al freddo per colpa di un'Amministrazione incapace

Black out notturno fra lunedì e martedì al cosiddetto “campo nomadi” di via Orzinuovi, nella parte destinata alle famiglie Sinte. Il problema non era legato all’illuminazione, ma all’alimentazione delle stufette elettriche che riscaldano le roulotte e le case mobili.
Al freddo sono rimaste poco più di ottanta persone, compresi 23 minori. Per dare conforto e assistenza ai Sinti sono intervenuti anche i vigili del fuoco, la protezione civile e i sanitari del 118. La notte era decisamente sottozero, ma nel “campo” non ci sono stati problemi sanitari rilevanti e l’alba è arrivata senza troppe difficoltà sia per i Sinti che per i volontari arrivati in loro aiuto.
Il black out causato da un sovrautilizzo dei contatori è stato accertato ieri mattina dai tecnici inviati al “campo” dal Comune, dall’assessore ai Servizi sociali Fabio Capra (in foto). Il sopralluogo ha permesso di verificare che il quadro elettrico generale, tenuto a distanza dalle 24 roulotte che hanno diritto ad alimentarsi proprio per evitare incidenti in caso di corto circuito. Ma la fornitura di energia elettrica, come spiegato dall’assessore Capra, «vengono forniti 40 chilowatt», è insufficiente per così tante famiglie. Si consideri che ogni stufetta elettrica consuma due chilowatt, le famiglie sono 24 e se la matematica non è un’opinione ci vogliono 48 chilowatt.
Non sembra che il Comune ci sia arrivato e dalle agenzie stampa sembra che vogliano cacciare delle famiglie. Lo faranno la notte di Natale?

Trento, un percorso inedito di partecipazione

Il 5 dicembre più di venti cittadini rom sono stati sgomberati da un’area trasformata in baraccopoli dalla Polizia Municipale del Comune di Trento. Lo stesso giorno si sono rifugiati sotto un ponte lungo l’argine del fiume Adige. L’11 e il 12 dicembre il gruppo dei rom insieme al Centro Sociale Bruno, ad Officina Sociale, ai Volontari di Strada e a tante altre persone solidali si è recato presso il palazzo comunale imponendo all’amministrazione di trovare una soluzione dignitosa per rimanere nella città di Trento. Ora i rom dormono in alcuni moduli abitativi posti dentro le ex Caserme Bresciani e quotidianamente con i volontari e con gli attivisti del centro sociale discutono del loro futuro all’interno di un’assemblea.
Di giorno sono ai lati delle strade del centro, inginocchiati e con la fronte bassa, un pezzo di cartone sotto le ginocchia e un altro tra le mani con scritto “sono povero, aiutami”. Un bicchiere per l’elemosina.
Alle cinque del pomeriggio sono in centro sociale, per l’assemblea, discutendo di come uscire da sotto un ponte, di come ottenere un posto caldo. Ascoltano attentamente i volontari che spiegano la legge sui cittadini comunitari e intervengono spiegando che vogliono rimanere a Trento, lavorare, abitare in una casa.
Sono i rom che un’ordinanza del sindaco del capoluogo trentino ha sgomberato nei primi giorni di dicembre da una baraccopoli allestita negli anni all’interno del perimetro di una fabbrica abbandonata che si componeva di tende e giacigli che seppur poco igienici erano un riparo dal freddo nordico che riduce le temperature al di sotto dello zero già da metà novembre. Sono i rom che assieme a volontari di strada e attivisti del centro sociale Bruno hanno iniziato un percorso inedito di partecipazione che da sotto un ponte in riva all’Adige li ha portati fin dentro le stanze del municipio per chiedere un posto dove dormire. In questi giorni, attraverso numerose iniziative pubbliche, sono riusciti a mobilitare una solidarietà che ha obbligato il comune di Trento a riprendere in mano il “caso rom” e attivarsi per la ricerca di soluzioni che vanno al di là della risposta emergenziale, obbligando l’assessorato alle politiche sociali ad accettare un percorso per l’integrazione possibile.
Dal giorno dello sgombero – ordinato per gravi motivi di igiene pubblica, gestito dai vigili urbani e dagli operai del comune che hanno divelto e spianato ogni riparo – le famiglie che compongono questo gruppo di una ventina di romeni di etnia rom si era accampato sotto il cavalcavia della tangenziale cittadina, sull’argine del fiume, non accettando la proposta dei servizi sociali che prevedeva – in via emergenziale – la disponibilità di accoglienza all’interno dei dormitori cittadini, uomini da una parte e donne dall’altra. La necessità di vivere assieme, di non disperdere il loro gruppo familiare, li aveva convinti a spostarsi di qualche centinaio di metri, alla ricerca di un nuovo accampamento.
La notizia ha subito mosso attivisti del centro sociale e volontari di strada che, accusando il comune di aver preferito l’ordine pubblico alle politiche sociali, hanno portato generi di conforto, materassi e coperte a un gruppo di rom che in pochi giorni è riuscito a coinvolgersi in una battaglia per i diritti e la dignità che – con controparte un’amministrazione – è riuscita nell’intento di far allestire dei moduli abitativi che permettano all’insieme della famiglia di rimanere unita.
Nel giro di pochi giorni, infatti, dopo due incontri in comune ai quali hanno partecipato tutti assieme i rom, gli attivisti e i volontari – con faccia a faccia a muso duro tra questa inusuale assemblea e l’assessora Plotegher – l’amministrazione ha accettato parte delle proposte avanzate. Ma oltre alla disponibilità al pernottamento notturno e alla garanzia dell’unità dei nuclei familiari, un no secco è arrivato alla richiesta di abitare anche durante il giorno quest’area attrezzata, impedendo così la possibilità - che l’assemblea dei rom aveva addirittura messo per iscritto in un documento – di ricostruire una parvenza di quotidianità.
Se da parte dell’amministrazione comunale si vuole evitare la trasformazione di un’emergenza nella costruzione di un campo rom – e da qui la negazione di momenti di socialità all’interno delle strutture di accoglienza allestite appositamente per il gruppo, riducendo a mero dormitorio i moduli prefabbricati –, da parte dei volontari e degli attivisti, e dagli stessi rom, la critica è mossa al limite assistenziale che non lascia spazio ad una partecipazione, ad un’autodeterminazione, ad una politica che nega l’opportunità di incontro e in prospettiva ostacola una possibile integrazione che non potrà mai nascere dal solo impegno delle strutture comunali ma necessita dell’impegno di tutti i soggetti – anche e soprattutto quelli non istituzionali – che si attivano attraverso relazioni soggettive e affettive, non burocratiche e distaccate. di CARAVANI (Trento, i Rom e la solidarietà), continua a leggere...

giovedì 20 dicembre 2007

Italia-Romania: firmato l'accordo per limitare la povertà dei Rom

Firmato oggi a Bucarest un accordo, in base al quale Italia e Romania hanno deciso di avviare una partnership per ridurre, in entrambi i paesi, la povertà dei cittadini romeni, in particolare dei Rom.
L'intesa, sottoscritta dal ministro per la Solidarietà sociale Paolo Ferrero e dal ministro del Lavoro rumeno Paul Pacuraru, si pone come obiettivo l'innalzamento della qualità della vita dei cittadini romeni e il contenimento dei flussi migratori dalla Romania verso il nostro paese.
L'accordo prevede una serie di progetti, per i quali saranno utilizzati fondi nazionali e comunitari. "Vogliamo lavorare perchè l'intervento di ordine pubblico sia sempre più piccolo, rimuovendo le cause'' che procurano disagio, e favorire a questo scopo gli interventi di inclusione sociale, ha detto il ministro Ferrero nella conferenza stampa congiunta con il collega rumeno.

Sicurezza, usciamo dalla logica dell'emergenza

Un fatto di cronaca efferato, la morte di una donna per mano di un uomo di nazionalità romena fermato per le accuse di una sua connazionale, è stato cinicamente usato per una pessima politica che ha rappresentato l'omicidio come conseguenza di un'emergenza rumena - dei rom - degli immigrati. Un cinismo che ha invocato perfino la cacciata (dove?) dei Rom reclusi nella drammatica realtà, dei "campi", una vergogna da affrontare con ben altre politiche su cui molti amministratori locali sono impegnati.
Politica pessima perché si insinua in un sentimento di paura, avvampandolo e orientandolo contro un capro espiatorio di turno. Ieri gli albanesi, oggi i rumeni. Politica pericolosa che pensa di difendere una comunità nella contrapposizione di "noi contro il nemico identificato con l'altro, lo straniero" e per questo produce segregazione, razzismo e xenofobia. Un'impostazione che ha prodotto le pagine più terribili della storia del novecento. La generalizzazione usata contro i romeni è ancor più grave perché ha suscitato un' onda emotiva che neutralizzato la principale caratteristica del manifestarsi delle violenze: quella di essere legate alla sessualità maschile. Ha rimosso tutte le storie di ordinaria violenza da parte di uomini su donne consumate dentro relazioni d'amore o dentro normali legami familiari. I dati parlano chiaro, le donne muoiono principalmente per mano di uomini di tutte le classi, le fedi, le culture, i territori.
La manifestazione di donne del 24 novembre scorso ha espresso un'altra reazione all'omicidio della signora Reggiani, di tutt'altro segno, critica verso le misure securitarie. di Marisa Nicchi (Deputata SD, Commissione Affari Costituzionali), continua a leggere…

Roma, una parte della società civile si ribella alla logica veltroniana di pulizia etnica

Novembre ha registrato un sgombero ogni due giorni circa, dicembre era cominciato con altri due grandi interventi a Ponte Mammolo, periferia est di Roma, ma nelle ultime ventiquattro ore, per l’azione di associazioni, parlamentari e i partiti di «La Sinistra e L’Arcobaleno» del Municipio V, la macchina da guerra messa in campo dal sindaco si è forse inceppata. Le due baraccopoli rase al suolo a Ponte Mammolo hanno infatti distrutto gli arredamenti, i libri, le pentole di decine di famiglie rom, ma soprattutto hanno lasciato quaranta bambini e due donne in gravidanza al gelo, in strada, per dieci notti.
Il Coordinamento Roma città democratica e solidale [Arci di Roma, Lunaria, Senza confine e molti altri], «La Sinistra e L’Arcobaleno del V Municipio», Carta, la bottega del commercio equo Tutti giù per terra hanno promosso un incontro pubblico per domani venerdì 21 dicembre alle ore 11,30 presso l’Arci [viale G. Stefanini 15], durante il quale saranno presenti alcuni rom, per proporre la convocazione di un Tavolo di dialogo «che metta insieme istituzioni locali, comunità di migranti, associazioni di solidarietà, cittadini, per intraprendere percorsi partecipati di reale soluzione dei problemi». Continua a leggere…

Roma specchio dell'Italia razzista

Vivevano sulle rive del fiume Aniene, periferia est di Roma. Da dieci anni. Settantadue baracche costruite a mano, in mezzo ai rifiuti,e che nel corso degli anni si erano trasformate in casette dignitose, a cui il Comune aveva addirittura assegnato un numero civico, a cui erano stati fatti regolari allacci di luce e acqua. Con tanto di bollette da pagare. Poi arriva il 31 ottobre, l’omicidio di Giovanna Reggiani a Tor di Quinto, l’emergenza sicurezza. E pure le conseguenze. Il 10 dicembre la baraccopoli sulle rive dell’Aniene viene sgomberata. Le ruspe buttano giù tutto. la destra esulta, il centrosinistra sente di aver raggiunto un obiettivo, dando la giusta riposta ai cittadini del quartiere che da tempo si lamentano dei vicini di casa indesiderati.
Già ma il problema è un altro. È che il centinaio di persone buttate fuori dal “campo nomadi” sono ancora lì, sulla via Tiburtina, all’addiaccio. Non parliamo di delinquenti, parliamo di gente che lavora, che fa il muratore, che fa la badante, che si sveglia alle 4, che ha il permesso di soggiorno, in alcuni casi addirittura la cittadinanza italiana. Gente che però non ce la fa ad affittare una casa vera e propria, perché nessuno gliela vuole dare o perché i soldi non bastano mai. Tra loro ci sono 39 bambini e molte donne, tre di loro sono incinta.
Il senatore del Prc Salvatore Bonadonna ha portato la vicenda in Senato: «Mi vergogno – ha detto illustrando la storia all’Aula – di un Paese che permette una simile crudeltà e che per giunta la contrabbanda come misura di sicurezza e ancora di più mi vergogno della città di Roma, la cui amministrazione, interpellata sul problema, risponde di non poter fare niente». In realtà, dal Campidoglio fanno sapere che «gli operatori della sala operativa sociale del comune di Roma hanno offerto assistenza presso i centri d'accoglienza ai bambini, alle mamme e alle persone in situazioni di fragilità, ma tale offerta non è stata accettata». Loro ammettono di aver rifiutato la proposta del Comune perché li separa, perché “sgombera” anche l’unica ricchezza che hanno, la loro famiglia: i bambini vanno in istituto, le donne in un residence e gli uomini non si sa dove. Ma non si può restare insieme.
Rosy Bindi, Ministro della Repubblica Italiana, alcuni giorni fa ha raccontato bugie all’Assemblea Plenaria dell’ONU, affermando che il Governo intende “promuovere azioni destinate ai minori stranieri, prendendo in considerazione l'età, il sesso, le origini etniche o religiose dei bambini, in particolare quelli di etnia Rom o Sinti, nell' ambito di un approccio integrato che protegga il bambino e rispetti il principio della unità familiare”. Sfrontate bugie, visto quello che succede nella Capitale.
La notizia, intanto, è passata sulle cronache locali di Roma ma non ha conquistato la ribalta dei tg di prima serata. Per questo, il capogruppo del Prc al Senato Giovanni Russo Spena ha deciso di inviare una lettera aperta ai direttori dei maggiori quotidiani e dei tg nazionali. «Mi rendo conto – scrive – che la quotidianità incalza e preme, ma ciò che sta avvenendo nelle città italiane, nel paese, io credo meriti il potere informativo delle vostre grandi inchieste, non la rubricazione (in questo caso addirittura la derubricazione) a “fatti di cronaca”. Sono certo – prosegue – che condividete la necessità che nel paese infatti, insieme alla giustissima condanna per atti criminali compiuti da alcuni rom, condanna morale e civile che deve esprimersi per la criminalità di qualsiasi persona, di qualsiasi nazionalità, venga prodotta anche l'informazione necessaria a non alimentare e anzi a frenare, l'odio per il diverso da noi».

Razzismo, Fini salva Amato e spara contro i Rom

Il decreto sicurezza dimostra quanto il governo sia «pasticcione e senza coraggio» così Gianfranco Fini ai microfoni di Sky, sottolineando che il governo «non ha le idee chiare«; secondo il leader di An «dare la colpa ad Amato significa caricare sulle sue spalle responsabilità che sono di tutto l'esecutivo, la mia polemica con il ministro dell'Interno più che sulle dimissioni è sulle risorse al settore della sicurezza».
Amato ha detto in commissione che al ministero «hanno talmente pochi soldi che ai vigili del fuoco ha consigliato di mettere il carburante nelle autobotti e di non pagare gli affitti perché è meglio andare a giudizio con proprietari di casa che non avere benzina».
In una situazione del genere, dice Fini, «o Amato batte il pugno sul tavolo e dice a Padoa Schioppa e a Prodi 'o mi dai i soldi o me ne vado' oppure non se la può cavare dicendo 'ah mai io l'avevo detto'». Il problema per il presidente di An «non sono i romeni ma i rom, gli zingari, che rifiutano l'integrazione e fanno fare l'accattonaggio ai figli. Sempre secondo Fini c'è un problema nella sinistra riguardo alla sicurezza che è «lassista» e non capisce che «dietro la solidarietà c'à la legalità».
Noi di sucardrom crediamo che Fini pensi ad Amato come prossimo Presidente del Consiglio e ai Rom come popolo da cancellare.

Ahmetovic, la legge non è uguale per tutti!

Marco Ahmetovic, il rom che, guidando ubriaco, uccise quattro ragazzi ad Appignano del Tronto, è tornato in carcere.
Fino ad oggi, era rimasto agli arresti domiciliari in un residence a San Benedetto del Tronto, un fatto che aveva suscitato accanite polemiche anche perché negli ultimi tempi il giovane era finito sotto i riflettori per le vicende legate a presunti contratti pubblicitari. Ahmetovic è stato ricondotto nel carcere di Marino del Tronto.
I carabinieri di Ascoli Piceno hanno infatti eseguito un ordine di inasprimento della pena firmato dal giudice Falco su richiesta del sostituto procuratore Ettore Picardi, in riferimento alla tentata rapina alle poste di Maltignano per la quale il 17 settembre aveva ottenuto gli arresti domiciliari. Esempio di come in Italia la giustizia viene fatta sui giornali e la Magistratura si adegua…

In tempi di caccia alle streghe

Il clima è dei peggiori, di quelli che non lasciano presagire niente di buono. Una cacofonia di voci dai più remoti angoli dello spettro politico si uniscono intorno a parole d'ordine come emergenza, urgenza, minaccia alla pubblica sicurezza, nemico pubblico. Presto a qualcuno verrà anche in mente di richiamare gli untori, la paura di epidemie e di malattie sconosciute.
L’aria che si respira in Italia è elettrica e piena di tensione. E la cosa ci preoccupa, perchè questi tentativi, anche se spesso maldestri, di unire la nazione contro la nuova ultima minaccia - niente di meno che gli “zingari”! - ricorda le imprese di una sgangherata armata brancaleone. Ma purtroppo anche i tentativi maldestri, fatti di annunci strombettanti e rettifiche a mezza voce, producono effetti gravi e pericolosi.
Non sorprende che gruppi e gruppuscoli più o meno neofascisti stiano alzando il tiro alla ricerca di visibilità e di obiettivi facili e alla loro portata. Il clima è proprio quello giusto. La situazione sta sfuggendo dalle mani degli imprenditori della politica istituzionale, per lasciare spazio a chi offre misure immediate, violente, a quelli che cercano di capitalizzare sulle paure della gente, paure spesso costruite abilmente con il contributo di giornalisti compiacenti, spregiudicati e talvolta apertamente razzisti.
La politica spettacolarizza il dolore delle vittime e la brutalità della violenza, usa le risorse dello stato per mettere in scena lo spettacolo della vendetta e utilizza il decreto come simbolo e come pretesto. Manda i vigili e i bulldozer a distruggere le baracche di qualche centinaia di persone, i poliziotti a fare controlli a tappeto negli accampamenti di fortuna, controlli che sono serviti a creare paura tra chi li ha subiti, a raccogliere un bel po’ di impronte digitali, ma poi non hanno prodotto che una manciata di provvedimenti di espulsione, chiama a raccolta i giornalisti per raccontare con immagini ben costruite la pronta risposta delle istituzioni, pubblica in fretta e furia, sull’onda dell’emotività popolare, un decreto di urgenza che modifica una norma già esistente e lo fa giocando con i termini, più per dimostrare che qualcosa è stato fatto che per fare davvero qualcosa. di Nando Sigona (OsservAzione), continua a leggere…

mercoledì 19 dicembre 2007

Anno europeo delle pari opportunità per tutti... Per fortuna è finito!

Il Dipartimento per i Diritti e le Pari Opportunità celebra con un evento conclusivo, domani 20 dicembre a Roma, la chiusura dell'Anno europeo delle Pari Opportunità per Tutti, le direttive emanate per vietare ogni forma di discriminazione dei cittadini dell’Unione europea hanno costituito la base su cui, nel giugno 2005, la Commissione delle comunità europee ha proposto di dichiarare il 2007 «Anno europeo delle pari opportunità per tutti».
Per i Rom e i Sinti, i più discriminati in Europa, è stato un anno drammatico in Italia: campagne stampa xenofobe e in alcuni casi razziste, sgomberi, attentati, ordinanze, cacce all’uomo, decreti sicurezza… Una situazione vergognosa che farà discutere ancora per tantissimi anni. Non era mai successo niente di simile in Italia ma proprio durante l’«Anno europeo delle pari opportunità per tutti» si sono scatenate tutte le paure, i pregiudizi, gli stereotipi più subdoli e violenti.
L’obiettivo, mancato completamente in Italia, doveva essere quello di attirare l’attenzione dei cittadini europei sui vantaggi della diversità, da considerare come una preziosa risorsa, e per sensibilizzarli sul diritto di tutti a godere di un trattamento uguale e di una vita senza alcuna discriminazione determinata dall’origine etnica, dalla razza, dalla religione, dall’orientamento sessuale, dalle convinzioni personali o da handicap.
Abbiamo terminato quest’anno terribile con il pasticcio di Palazzo Madama e con la consapevolezza che l’Italia è un Paese razzista!

Il "decreto sicurezza" è sepolto!

Il decreto legge in materia di sicurezza non sarà convertito dal governo. Ma l’Esecutivo è già al lavoro per portare in dirittura d’arrivo un altro provvedimento nel Consiglio dei ministri di venerdì 28 dicembre. «Il governo rinuncia alla conversione del decreto legge sulla sicurezza» ha detto questa mattina al termine della riunione con i capigruppo parlamentari il ministro dei Rapporti con il Parlamento, Vannino Chiti (in foto).
«Il governo ha mantenuto l’impegno che aveva preso in Senato - ha aggiunto - questo è un governo che si assume le proprie responsabilità. Certo, la strada più lineare sarebbe stata quella di eliminare l’articolo 1 bis, che è una norma impropria e di confusa applicazione. Eliminarla alla Camera per tornare poi al Senato». Il ministro ha però spiegato che questa strada non è praticabile poiché «il Senato è impegnato in questi giorni per la legge finanziaria e successivamente per il welfare».
Il governo aveva anche ipotizzato l’emissione di un decreto legge ad hoc per eliminare la norma ma «anche questa strada è di difficile applicazione perchè non consente di mantenere gli impegni», come ha spiegato ancora Chiti.
«La via è quella quindi di rinunciare alla conversione del decreto e contemporaneamente il ministero dell’Interno sta valutando la costruzione di un altro provvedimento legislativo - ha spiegato ancora il ministro al termine della riunione con i capigruppo - poiché è ovvio che i caratteri e i temi della sicurezza permangono e bisogna intervenire con efficacia». «Il provvedimento legislativo sarà nuovo e salvaguarderà gli interventi già presi e introdurrà nuovi elementi - ha detto ancora Chiti - già il testo al Senato aveva introdotto nuovi elementi». Il ministro ha poi voluto sottolineare che nel decreto sicurezza «non ci può essere una norma sull’omofobia». «Siamo tutti d’accordo sul fatto che su questo tema ci sono delle normative europee - ha concluso - e la nuova legge verrà emanata prima che decada l’attuale decreto».
Ma è bastato l’annuncio di un nuovo decreto per far scatenare l’opposizione che con un coro unanime chiede le dimissioni del ministro dell’Interno, Giuliano Amato. In una conferenza stampa che si è da poco conclusa alla Camera, Elio Vito (Forza Italia); Marco Airaghi (An); Luca Volontè (Udc) e Roberto Maroni della Lega hanno sottolineato come: «un ministro dell’Interno che mette in difficoltà il Presidente della Repubblica, con un decreto incostituzionale, è un ministro dell’Interno che dimostra assoluta incapacità di servizio a disposizione del paese».

Rom e Sinti, la scuola che non basta!

I bambini e gli adolescenti Rom e Sinti che riescono a varcare la soglia di un’aula scolastica sono spesso i più soli ed emarginati e lo rimangono per tutti gli anni della frequenza obbligatoria. Il testo che segue è scritto da Graziano Halilovic Rom Xoraxané con cittadinanza bosniaca, mediatore culturale e membro del comitato “Rom e Sinti Insieme”.

Ancora oggi ricordo il mio primo giorno di scuola: un grandissimo autobus in mezzo al “campo nomade” che si trovava in un quartiere di Torino. In questo quartiere esistevano tante scuole, ma la nostra era dentro l’autobus. Il “campo nomade” era grandissimo e c’erano diverse etnie Rom e Sinte; ogni tanto litigavano tra di loro, ma se si avvicinavano e cercavano di mettere a rischio la nostra scuola tutti si alzavano gridando per allontanarli dall’autobus.
Era molto bello andare a scuola; tutte le mattine mi accompagnava mia madre o una delle mie sorelle. Io avevo 7 o 8 anni, e per la prima volta avevo un dovere e finalmente anche un diritto: quello di andare a scuola!
Le mie sorelle e tante altre ragazze e ragazzi si avvicinavano all’autobus a guardare e a curiosare dalla finestra. A me sembravano dei poveracci: il loro destino era stare fuori, mentre noi avevamo il privilegio di stare dentro. Non so bene chi, ma qualcuno aveva scelto il nostro destino, anzi meglio: qualcuno aveva tolto il sacro diritto allo studio a quei ragazzi e ragazze che stavano fuori, mentre noi stavamo dentro l’autobus a farci ghettizzare.
Mi chiamo Graziano Halilovic e sono un Rom Bosniaco. Oggi ho 35 anni, una moglie bellissima, 6 figli (3 maschi e 3 femmine), un lavoro e un mutuo da pagare! Da dodici anni la mia professione è il mediatore linguistico culturale. Mi sento fortunato per la persona che sono diventato e per il tipo di percorso di integrazione che ho fatto, anche grazie all’adeguata istruzione che ho ricevuto. Devo tutto questo, comunque, non a chi aveva pensato al sistema della scuola nell’autobus… ma ai miei genitori.
Lo Stato italiano ha deciso che tutti i bambini Rom e Sinti devono andare a scuola. Oggi esiste il progetto di scolarizzazione, gestito dalle varie associazioni, rivolto ai questi bambini (definiti minori a rischio). Il progetto ha come obiettivo l’integrazione, la responsabilizzazione e la sensibilizzazione dei genitori; le associazioni dovrebbero seguire i nostri minori nel percorso scolastico. Ormai sono più di quattordici anni che la scolarizzazione va avanti e i primi bambini Rom e Sinti che hanno fatto parte del progetto, oggi hanno 20 anni. La maggior parte di essi, però, è stata inserita a scuola quando aveva già 10 o 13 anni e questo ha creato grande disagio e poca sensibilità verso le loro problematiche. Spesso le scuole hanno inviato tante richieste di aiuto, ma le uniche risposte che hanno ricevuto sono state: “c’è l’obbligo scolastico e avete il dovere di prendere i bambini nella scuola”.
Ai genitori Rom e Sinti hanno imposto l’obbligo di mandare i figli a scuola, ma non hanno trasmesso e spiegato il valore e l’importanza di farli studiare. Questo ha creato l’allontanamento del genitore dal proprio ruolo.
Le associazione si vantano del loro progetto finanziato dal Comune di Roma, del numero di bambini che sono riusciti a portare nelle aule, ma la qualità della frequenza scolastica dei bambini e come il bambino vive questa situazione non sono considerati.
I bambini Rom e Sinti sono molto sensibili, delicati, attenti, curiosi, vivaci, intelligenti, pronti a imparare, hanno tanta voglia di giocare, di sbagliare, di ricominciare, insomma sono dei bambini, come tutti gli altri!. Ma quando si discute di loro sembra che siano solo degli “zingari”.
I bambini che hanno frequentato la scuola con questo sistema, oggi sono usciti con un diploma di terza media (grandi elogi al sistema!) ma se gli chiedi di leggere o scrivere fanno la stessa fatica di un bambino di seconda o terza elementare.
Nelle scuole subiscono tanto razzismo, sono sempre gli ultimi della classe e spesso gli ultimi di banco… disegnano, mentre gli altri bambini imparano a leggere e a scrivere. In classe i bambini Rom e Sinti si trovano a rappresentare per gli altri la negatività. In adolescenza capiscono cosa significa vivere isolato ed escluso! Condividono gli stessi sogni dei loro compagni, ma iniziano a capire che hanno ben poche speranze di realizzarli.
Dopo otto lunghissimi anni di dura prova escono con la coscienza che la vita che fanno è disastrosa, vergognosa e che nessuno li rispetta. Vorrebbero migliorare la propria condizione e acquisire dignità e sanno che la strada giusta è il lavoro, ma sono analfabeti e per gli altri sono solo degli zingari. Così cominciano a capire che dopo otto anni di scuola per loro non è cambiato niente.
Ritornano al proprio “campo nomade”, due volte sconfitti sperando di essere accettati almeno lì. E al “campo” li accettano, pur non riuscendo a capire come mai dei ragazzi che hanno speso otto anni della loro vita nella scuola e che hanno fatto tutto quello che si poteva fare per essere integrati, possano essere cosi maltrattati e rifiutati.
Nel “campo”, quando si ritrovano con altri ragazzi che non hanno mai frequentato la scuola si sentono diversi, persi nel nulla.
Una mia amica diceva che i bambini Rom o Sinti vengono trattati come sacchi di patate e non come esseri umani. Lo diceva ai suoi operatori e ai suoi educatori scolastici.
Oggi dico che non basta solo accompagnare i bambini dal “campo” alla scuola e fargli prendere la terza media senza garantire la qualità della frequenza scolastica: questi ragazzi devono avere un sostegno per poter proseguire gli studi; bisogna offrirgli un’alternativa. Bisogna sostenere il loro attaccamento alla famiglia e non cercare di allontanarli (la famiglia è una parte molto importante della loro vita); bisogna coinvolgere e sostenere la famiglia e mettere i genitori nella condizione di aiutare il proprio figlio o la propria figlia nel percorso scolastico.
So che non è un sogno e che tutto ciò potrebbe essere realizzato: per una completa e reale integrazione manca solo la volontà delle persone. E se non dimostrano di avere la volontà di percorrere questa strada, allora mi chiedo se per loro i Rom e i Sinti non sono altro che un ennesimo strumento per fare politica.

Decade il "decreto sicurezza"?

Sembra che il governo abbia deciso: lascerà decadere il decreto legge sulla sicurezza emanato all'indomani dell'uccisione a Roma di Giovanna Reggiani. La scelta di non insistere per la conversione, maturata perché non ci sarebbero i tempi prima della scadenza per un ulteriore passaggio del testo al Senato (unica strada possibile per tagliare la contestata norma sull'omofobia che di fatto cancella la legge Mancino), sembra scontata.
Tuttavia, sarà ufficializzata solo questa mattina dal ministro Chiti durante la conferenza dei capigruppo della Camera. Alla decisione si è giunti dopo una giornata di trattative parallele a una maratona oratoria in Aula alla Camera, dove si é svolta la discussione generale sul decreto già passato al Senato con la fiducia.
Un dibattito in cui sono intervenuti in numero quasi uguale gli esponenti della maggioranza e dell'opposizione: al punto da indurre il centrodestra ad accusare l'Unione di auto-ostruzionismo. Una scelta vista come quasi obbligata, quella della decadenza del decreto, davanti all'annuncio del Quirinale di un "esame serio e rigoroso" del testo, e particolarmente sull'errato riferimento al trattato di Amsterdam in tema di discriminazioni. Ma anche per la divisione tra la sinistra ed i moderati dell'Unione: con i primi che pretendevano ad ogni costo l'approvazione alla Camera del testo uscito del Senato e i secondi che contestavano le norme sul contrasto delle discriminazioni e preoccupati dal rischio-stop del Quirinale.
A questo punto, annuncia il capogruppo del Pd Soro, il governo sostituirà il decreto sicurezza con un altro provvedimento che ne recepisca le norme essenziali. Due sono i percorsi possibili. Palazzo Chigi potrebbe emanare un nuovo decreto che sostanzialmente riproduca le norme sulle espulsioni in una forma che, tuttavia, non sia una mera reiterazione, vietata da una sentenza della Consulta. Oppure, gli effetti delle 400 espulsioni verrebbero sanati da una norma nel dl Milleproroghe; le espulsioni verrebbero poi regolamentate a regime da un disegno di legge. Le norme sull'omofobia, invece, troverebbero spazio nella proposta di legge sullo stalking che sta per essere licenziata dalla commissione Giustizia di Montecitorio.
L'obiettivo che il governo si prefigge è comunque quello di recepire con un nuovo provvedimento le obiezioni del Quirinale, mantenere misure che consentano l'espulsione anche di cittadini comunitari, potendo anche stemperare alcune sue parti visto che i principali risultati che ci si prefiggeva sono stati già raggiunti.

Rom e non-zingari, vicende storiche e pratiche rieducative sotto il regime fascista

Alcuni giorni fa è stato presentato a Roma il nuovo libro di Luca Bravi: “Rom e non-zingari. Vicende storiche e pratiche rieducative sotto il regime fascista”, Edizioni CISU. Luca Bravi è dottore di ricerca presso il Dipartimento di Scienze dell’Educazione dell’Università di Firenze. È autore di pubblicazioni relative alla storia dei Rom e dei Sinti in Europa e si dedicato in particolare a studi sulle persecuzioni subite da queste popolazioni durante il periodo fascista in Italia, sulla didattica della memoria della Shoah e degli altri genocidi. Ha pubblicato il volume “Altre tracce sul sentiero per Auschwitz. Il genocidio dei Rom sotto il Terzo Reich” nel 2002 (edizioni CISU) e ha collaborato con l’Istituto di Cultura Sinta alla pubblicazione del volume “Porrajmos. Altre tracce sul sentiero per Auschwitz”.
Il nuovo libro di Luca Bravi, riprende il lavoro iniziato con l’Istituto di Cultura Sinta nel 2005 sulle persecuzioni subite da Rom e Sinti durante il periodo fascista in Italia, volgendo il proprio interesse su un aspetto poco approfondito fino ad oggi in Italia: la rieducazione.
Infatti la storia delle popolazioni sinte, rom, kalé, manouche e romanichals può essere descritta come un costante processo di rieducazione ed omologazione tentato dagli appartenenti alla cultura maggioritaria (in senso numerico) ai danni di quelle che oggi rappresentano le minoranze più numerose all’interno dell’Unione Europea.
Il moderno progetto di rieducare Sinti, Rom, Kalé, Manouche e Romanichals, nato a partire dalla costruzione di Stati-nazione, si è talmente radicato nella cultura occidentale che è stato riproposto anche in situazioni limite come quella del campo di concentramento.
Vengono così alla luce i documenti che narrano di scuole sorte all’interno dei campi fascisti riservati a Sinti e Rom, in concomitanza con la costruzione di tesi che sostenevano l’inferiorità genetica di queste popolazioni; anche in Italia si stava organizzando una persecuzione razziale.
I governi europei tentarono di rendere i Sinti, i Rom e i Manouche degli “utili cittadini” tramite lo strumento dell’educazione coatta, ma simili esperimenti fallirono tutti miseramente, perché queste popolazioni resistettero.
Gli insuccessi patiti furono giustificati riferendosi a un’asocialità ereditaria che rendeva inutile qualsiasi intervento governativo: era la premessa per l’attuazione di un genocidio.

Minoranze etniche, le raccomandazioni sul tema del lavoro

Un gruppo di esperti ad alto livello ha presentato il 3 dicembre alla Commissione Europaea otto raccomandazioni politiche sull'integrazione sociale e lavorativa delle minoranze etniche. Il gruppo, presieduto dall'ex presidente del Bundestag tedesco Rita Süssmuth, era stato costituito dalla Commissione nel gennaio 2006 allo scopo di identificare gli ostacoli che impediscono l'integrazione sociale e la piena partecipazione dei membri delle minoranze etniche al mercato del lavoro e di evidenziare le buone pratiche esistenti nella pubblica amministrazione e nelle imprese.
Commentando il rapporto presentato dal gruppo di esperti, il Commissario europeo per le pari opportunità Vladimír Špidla ha dichiarato: "Le tensioni a cui abbiamo assistito di recente non sono sorte da un giorno all'altro. Abbiamo il potere e il dovere di fare qualcosa per porre rimedio a questa situazione. Nel momento in cui le nostre società si aprono sempre più alla diversità per effetto dei flussi migratori interni ed esterni, è nostro dovere mantenere la solidarietà e la coesione sociale. Ciò significa accrescere l'attenzione dei responsabili politici a tutti i livelli. È urgente contrastare le tendenze disfattiste di chi esclude la possibilità di integrazione sociale delle minoranze etniche."
Queste le raccomandazioni del gruppo di esperti:
1) fare dell'integrazione dei membri delle minoranze etniche nella società, e in particolare nel mercato del lavoro, una priorità politica;
2) tenere conto sistematicamente e a tutti i livelli delle questioni relative alle pari opportunità e all'uguaglianza uomo-donna;
3) individuare e cercare di rimuovere gli ostacoli specifici all'integrazione sociale delle minoranze etniche;
4) realizzare una politica sostenibile e a lungo termine per promuovere mercati del lavoro inclusivi, secondo un approccio mirato ma non basato sulla differenziazione etnica;
5) coinvolgere tutti gli attori interessati, valorizzando il contributo offerto alla società dai membri delle minoranze etniche;
6) stanziare le risorse necessarie;
7) favorire l'apprendimento reciproco mettendo in evidenza le buone pratiche, sviluppando le conoscenze e rafforzando gli strumenti di analisi;
8) concentrare l'attenzione sull'attuazione di politiche volte a migliorare la situazione dei rom sotto quattro profili: istruzione, occupazione, casa e salute.
Il gruppo di esperti, composto da dieci membri (rappresentanti di organizzazioni internazionali, di organizzazioni non governative e di organismi attivi nel campo delle pari opportunità, giornalisti, politici), ha individuato 14 grandi ostacoli all'integrazione delle minoranze etniche nel mercato del lavoro: mancanza di qualifiche, mancato riconoscimento delle qualifiche da parte degli Stati membri dell'UE, mancato accesso all'istruzione e alla formazione, ostacoli burocratici, disincentivi derivanti dai sistemi di previdenza e assistenza sociale e – cosa più importante - stereotipi, pregiudizi e discriminazioni. Senza un intervento concreto, questi ostacoli tendono a dar vita a circoli viziosi che si rafforzano di generazione in generazione.
Secondo il gruppo di esperti, soltanto politiche in grado di unire un approccio pragmatico ad un'attenzione per i valori sanciti dai diritti umani possono offrire soluzioni sostenibili, che affrontino allo stesso tempo le questioni della non discriminazione, delle pari opportunità e della gestione della diversità.
Alcuni esempi di buone pratiche sviluppate negli Stati membri illustrano le possibilità di azione. Programmi mirati finanziati dal Fondo sociale europeo come ACCEDER in Spagna sono riusciti ad accrescere l'occupabilità e il tasso di occupazione dei Rom. La polizia di Londra applica un sistema che permette, a parità di titoli, di selezionare candidati appartenenti a minoranze etniche. Svezia e Paesi Bassi riconoscono le qualifiche acquisite al di fuori dei sistemi nazionali.
Particolarmente efficaci sono le strategie a favore della diversità adottate dalle imprese per quanto concerne l'assunzione e lo sviluppo professionale del personale e la politica nei confronti dei fornitori. Un'altra possibilità è quella di promuovere il lavoro autonomo, attraverso piccole imprese costituite dagli stessi appartenenti alle minoranze etniche e finanziate attraverso il microcredito.

Roma, colpi d'arma da fuoco contro i Rom

Alcuni colpi d'arma da fuoco sarebbero stati esplosi la sera del 6 dicembre da un'auto in corsa verso l’insediamento di Rom della Monachina, a Casalotti, alla periferia di Roma. A raccontarlo sono stati alcuni Rom romeni dell' insediamento abusivo, che hanno telefonato ai carabinieri chiedendo aiuto dopo l'episodio.
Gli investigatori dell'Arma di Ostia stanno verificando quanto raccontato dai cittadini romeni e stanno effettuando alcuni sopralluoghi all'interno del “campo”.
Nessun bossolo al momento è stato trovato. Ai carabinieri, i Rom hanno raccontato che i colpi sono stati sparati da un'auto scura che è passata a tutta velocità davanti all'insediamento.

martedì 18 dicembre 2007

Al pasticcio di Palazzo Madama si cercano soluzioni...

Il pasticcio del "decreto sicurezza" con la norma anti-omofobia rischia, per un errore, di cancellare le norme vigenti sulle discriminazioni razziali, religiose ed etniche, trasformandosi in un colpo di spugna su un centinaio di processi in corso è sotto la lente del Quirinale.
Il Presidente potrebbe non promulgare la legge di conversione se l'errore non verrà corretto. La minaccia si fa sempre più concreta dopo la risposta inviata ieri da Giorgio Napolitano ai capigruppo della Cdl e ai senatori Marcello Pera e Alfredo Mantovano in merito all'«inammissibilità» della norma-antiomofobia.
Di per sé, la risposta di Napolitano era scontata: l'errore è un dato di fatto da giorni e il Capo dello Stato, indipendentemente dalla segnalazione della Cdl, aveva già dato ai suoi uffici tecnici il compito di vigilare e approfondire. Ma per quanto scontate, le parole di Napolitano suonano come un avvertimento al Governo e alla maggioranza. Che da giorni stanno studiando nei minimi dettagli una via d'uscita, per non creare imbarazzo al Quirinale.
Anche perché, in mancanza di promulgazione, il decreto decadrebbe, travolgendo le espulsioni eseguite finora. Un esito che il Governo non può permettersi. Di qui le riunioni susseguitesi ieri, anche durante le pause di lavoro delle commissioni riunite Affari costituzionali e Giustizia, che hanno approvato senza modifiche il testo, da oggi in Aula per le votazioni.
Una cosa è certa, e ieri Giuliano Amato (in foto) l'ha ribadita con fermezza dopo la riunione dell'Unione nell'ufficio del presidente della commissione Affari costituzionali, Luciano Violante: «Il decreto resta così com'è – ha detto il ministro dell'Interno –. Il Governo non intende emendarlo». Dunque, dovrebbe essere approvato tra giovedì e sabato: dipende se l'opposizione deciderà di fare ostruzionismo, infatti per convertirlo in legge c'è tempo fino al 31 dicembre.
Le strade per correggere l'errore sono più d'una. E sullo sfondo resta anche quella estrema di modificare il testo, abrogando la norma anti-omofobia e rimandandola al Senato per un rapidissimo sì. Una soluzione estrema, appunto, dettata da ragioni di «deontologia costituzionale» che la Camera si sta ponendo. Ma prima di arrivarci, si stanno esplorando altre strade.
Un'ipotesi è che il decreto espulsioni, una volta approvato, sia pubblicato in Gazzetta ufficiale insieme a un altro decreto legge (il «milleproroghe» di fine anno oppure uno ad hoc) contenente l'abrogazione secca della norma sbagliata: il primo entrerebbe in vigore il giorno successivo alla pubblicazione, il secondo sarebbe subito operativo.
In tal modo, tornerebbero in vita le norme vigenti della legge Mancino (come modificate nel 2004 dal Governo Berlusconi), che puniscono con 2 anni e 6 mesi di carcere (o, in alternativa, con la multa fino a 6mila euro) gli atti discriminatori; il reato di omofobia, invece, verrebbe lasciato alla proposta di legge all'esame della commissione Giustizia della Camera, che l'ha appena approvata, ma in versione soft: per ogni forma di discriminazione si prevede infatti la pena di 1 anno e 6 mesi, in alternativa alla multa. Una pena addirittura più bassa di quella attuale e ben lontana dai 3 anni di carcere che Governo e maggioranza volevano inserire nel decreto espulsioni.
L'altra soluzione allo studio prevede invece un Dl tampone che inasprisce le norme della Mancino (Dl ininfluente sui processi in corso) e che entra in vigore prima del decreto espulsioni, in modo che quest'ultimo non crei più un vuoto normativo; con il «milleproroghe», poi, verrebbero ripristinate le norme attuali della Mancino che, in quanto più favorevoli, prevarrebbero sul Dl tampone. Per qualcuno è «troppo macchinoso». Certo è che qualunque soluzione dovrà funzionare come un orologio svizzero per evitare lo stop del Quirinale.

Luoghi comuni contro Rom e Sinti. Parte seconda: chi ruba i bambini rom?

Nella prima parte dell’articolo ho messo in discussione l’idea che i rom rubino i bambini italiani. La seconda parte insiste nella sua pretesa di paradossalità rispetto al senso comune. Non solo non sono i rom a rubare i bimbi italiani: sono gli italiani a rubare i bambini ai rom. Secondo alcune stime si possono contare 500 casi registrati negli ultimi venti anni. Una statistica più dettagliata è in corso d’opera presso una università veneta, ma ancora non se ne conoscono i risultati.
In genere i rom perdono i loro bambini sullo sfondo di due contesti diversi.
a) Un primo scenario (più inquietante, probabilmente raro ma su cui non c’è molta documentazione) riguarda alcuni casi di bambini rom nati in ospedali italiani, tolti alle madri in seguito al mancato riconoscimento, o dopo degenze troppo lunghe e in assenza di visite periodiche dei familiari. Tratterò questo punto nelle righe che seguono.
b) Un secondo scenario (ampiamente diffuso e documentato) è quello dei bambini già più grandi, sottratti ai genitori con la scusa che questi non garantiscono le necessarie cure (abitative, scolastiche, etc.). Al questo punto sarà dedicato il prossimo capitolo.
Gran parte del quadro giuridico e degli episodi che cito in questo capitolo si riferiscono agli anni Novanta e può darsi che la situazione sia cambiata, però i disastri nelle vite dei rom prodotti da queste leggi si fanno sentire ancora oggi.
La legge italiana – o almeno quella valida negli anni Novanta, quando si sono registrati i casi indicati di seguito - prevede che il riconoscimento del figlio avvenga entro dieci giorni dalla nascita. La denuncia di riconoscimento deve essere presentata dai genitori, o da un delegato, alla presenza di due testimoni, tutti con documenti d’identità validi. Per gli stranieri, oltre a un passaporto valido, è necessario un nullaosta al riconoscimento, da presentarsi sempre entro dieci giorni, che viene rilasciato dalle autorità consolari del loro paese di origine. Genitori minori di sedici anni non possono riconoscere in alcun modo il loro figlio.
Questa legge ha posto una serie di problemi ai rom: ad esempio, spesso i rom si sposano e hanno figli prima dei sedici anni (tra l’altro il costume dei rom prevede un matrimonio non riconosciuto dalle autorità civili, e questo crea difficoltà non solo nel riconoscimento dei neonati, ma anche nelle ricongiunzioni familiari e nei colloqui in carcere); molti rom provenienti dalla ex Jugoslavia negli anni Novanta non avevano un passaporto valido o avevano difficoltà a rinnovarlo, per mancanza di uffici consolari o per l’alto costo dei rinnovi; per la stessa ragione, e per l’inefficienza degli uffici consolari, è difficile per i rom produrre, entro dieci giorni dalla nascita del bambino, il nullaosta al riconoscimento.
Ad ogni modo, passati dieci giorni, senza il passaporto e il nullaosta è impossibile riconoscere il proprio bambino, anche di fronte all’evidenza del parto o alla testimonianza del personale medico.
Cosa succede dopo il decimo giorno? Il bambino è dichiarato in stato di abbandono e il Tribunale dei Minori può decidere: a) di affidare il bambino alla madre (se maggiore di 16 anni) o a un parente affidabile e controllabile; b) se affidare un bambino prima a un istituto, poi a una famiglia non rom, e infine darlo in adozione. Continua a leggere…

Napolitano interviene sul pasticcio di Palazzo Madama

Il decreto legge sulla sicurezza, che dà ai prefetti il potere di espellere i cittadini comunitari, è approdato oggi all'aula della Camera per una conversione che si annuncia tormentata, dopo l'avvertimento del Quirinale sugli errori contenuti nella norma anti-discriminazioni.
"La questione relativa alla norma inserita nella legge di conversione del decreto n. 181 e votata dal Senato in una dizione che contiene oltretutto riferimenti erronei, merita da parte mia, per la prerogativa attribuitami dalla Costituzione di promulgazione delle leggi, un esame attento e rigoroso che non certo mancherà", ha scritto Napolitano ad alcuni senatori dell'opposizione che sollecitavano il suo intervento, come confermato da fonti politiche.
Il punto in questione è che l'articolo che fissa pene severe per chi commette o incita a commettere atti di discriminazione o violenza fondati su sesso, razza, origine etnica, religione o convinzioni personali, handicap, età, o tendenze sessuali, fa riferimento al trattato europeo di Amsterdam, anziché al trattato costitutivo della Comunità europea che su questo punto è stato modificato da ultimo dal trattato di Nizza. Continua a leggere…