martedì 31 luglio 2007

Merano (BZ), il Questore chiede interventi urgenti e risolutivi per il "campo nomadi"

Le condizioni del "campo nomadi" di Merano, alla confluenza fra Passirio e Adige, sono di un degrado indegno per la città e sotto il profilo igienico-sanitario oltre che della sicurezza, essendo posto sotto il viadotto di una strada a scorrimento veloce qual è la MeBo, costituiscono un capitolo da risolvere con interventi urgenti e risolutivi da parte dell’amministrazione comunale: questo il tenore di un clamoroso dossier del questore di Bolzano Piero Innocenti.
In tutto 58 pagine di immagini della situazione del "campo nomadi" inviate con una lettera/denuncia al sindaco Günther Januth.
Le tensioni sociali, che anche recentemente sono state al centro delle cronache, hanno spinto il questore Piero Innocenti a metter mano con decisione ad un capitolo assai delicato, e per molti aspetti, qual è la condizione che negli anni è andata aggravandosi al "campo nomadi" che si trova alla confluenza fra Adige e Passirio nel quartiere di Santa Maria Assunta.
Gli uomini della polizia di Stato hanno così elaborato un vero e proprio dossier fotografico - in tutto 60 pagine - che documentano inequivocabilmente una situazione indegna per la città nella quale si sommano gravi condizioni di pericolo sotto il profilo igienico-sanitario, ambientale e soprattutto per la sicurezza considerato che roulotte e accampamento si trovano esattamente sotto il viadotto di un’arteria a scorrimento veloce qual la MeBo. E il questore Innocenti ha accompagnato il tutto con una lettera indirizzata al sindaco Januth ed alla sua giunta che lascerebbe davvero poco spazio alle valutazioni politico-sociologiche visto che solleciterebbe interventi urgenti e risolutivi una volta per tutte. Continua a leggere...

Reggio Emilia, si chiude un "campo nomadi"

La decisione dei Comune di Reggio Emilia di chiudere il "campo nomadi" di via Gramsci e di delocalizzare i suoi residenti in vari punti della città aveva suscitato un vespaio di polemiche. Che oggi rischiano di esplodere, dal momento che cominciano ad essere individuati i punti nei quali dare una nuova sistemazione ai nomadi. Un caso è quello della settima circoscrizione, già messa a dura prova con la sperimentazione del porta a porta. In totale, saranno quindici le aree che verranno individuate su tutto il territorio reggiano.
Tra queste, verranno poi scelte le cinque che ospiteranno le famiglie sinte. Nel quartiere sette sono state individuate due aree, una in via Vertoiba e l'altra in via Paracelso, nel nuovo quartiere residenziale di Gavassa. Non è detto che entrambe queste aree possano poi venire scartate ma, naturalmente, i residenti si stanno già attivando per raccogliere le firme contro l'arrivo dei nomadi.
Un'altra delocalizzazione che fa discutere è quella della cosiddetta Villetta Svizzera, dove i tossicodipendenti trovano cure e servizi igienici. Gestita direttamente dall'Ausl, la struttura oggi ha sede all'interno di San Lazzaro. Visto che l'area, di proprietà demaniale, verrà utilizzata per altre finalità, si pone il tema di dove trasferire il servizio. Dal momento che nelle torri del Giglio, attualmente in costruzione, l'Ausl trasferirà i servizi di igiene mentale, si ipotizza che la nuova Villetta Svizzera potrebbe nascere proprio di fianco allo stadio. Anche se si tratta di una scelta non condivisa da tutti, dal momento che l'area del Giglio viene considerata troppo isolata dalla città.

Porto Sant'Elpidio (AP), l'intercultura nella scuola

Dal 28 al 30 agosto a Porto Sant'Elpidio (Ascoli Piceno) si terrà il seminario "Verso la costruzione di Curricula interculturali: dal canone etnocentrico a quello del cittadino cosmopolita", promosso dal Ministero della Pubblica Istruzione e dall'Associazione Ong italiane insieme a Cvm e Volontari nel mondo-Focsiv. A seguito del documento "Cultura, Scuola, Persona" presentato dal Ministro Giuseppe Fioroni (in foto), il presidente dell'Associazione Ong italiane, Sergio Marelli, ha inviato una lettera al ministero per avviare un dialogo duraturo sulle tematiche dell'interculturalità e per esprimere "l'interesse delle Ong a partecipare a un gruppo di lavoro sulle educazioni trasversali", ha detto, "mettendo l'accento sull'importanza dell'educazione allo sviluppo nell'ambito dell'educazione formale".
"L'educazione all'interculturalita'", ha continuato Marelli, "ha fornito negli anni preziosissimi contributi al mondo della scuola e ha ancora da offrirne, come dimostrera' il seminario di Porto Sant'Elpidio". E ha concluso: "insieme ad altre 'educazioni', come quella ambientale, allo sviluppo, alla pace, l'interculturalita' confluisce nella finalita' ampia dell'educazione per una cittadinanza globale". (AGI)

Reggio Calabria, il servizio civile con i Rom

«I Rom sono quelle persone che quando danzano non parlano, accantonano confusioni, tramandano sentimenti, modellano gesti e si calano nei passi che danzano. Nei silenzi dei loro spazi, mentre ascoltano il loro spirito, che si concentra nelle anime, ne traggono coraggio, emozioni e con energia si muovono». I Rom sono anche questo ma non solo.
Sono trascorsi sei mesi dall’inizio della nostra esperienza di Servizio Civile Nazionale all’interno dell’Associazione Opera Nomadi di Reggio Calabria. Possono essere pochi per conoscere a fondo le persone ma sono abbastanza per comprendere che gli stereotipi semplificano la complessità degli esseri umani. Entrare in relazione con la comunità Rom della nostra provincia, vivendo a stretto contatto con i loro problemi e la loro quotidianità ci ha reso consapevoli che l’immagine esterna dello “Zingaro” è frutto di rapporti assenti tra rom e “gagé”.
Lasciamo che siano i furti e gli scippi a qualificare un’intera comunità che non conosciamo, perché il pregiudizio non seleziona, prende tutti e basta. Lo viviamo quotidianamente attraverso i commenti e il disappunto di chi ci sta vicino, a casa, con gli amici. Eppure, se la volontà di conoscere l’Altro fosse alla base di ogni nostra esperienza, avremmo una società più aperta alle differenze e forse più attenta alle disuguaglianze sociali.
Ai nostri occhi, nelle nostre coscienze gli “Zingari” lascerebbero il posto ai “Rom”. Li incontreremmo presto la mattina a raccogliere ferro che non è mai abbastanza a fine giornata, quando la stanchezza è tanta e i soldi pochi. Entreremmo nelle loro “case”, rese accoglienti e pulite anche quando sarebbe impossibile per noi gagé. Perché il rifiuto e l’esclusione rendono diffidenti ma elevano il limite di sopportabilità e lo spirito di adattamento che non ci appartiene. Se all’interno delle loro abitazioni l’umidità rende aspra l’aria e lo spazio è stretto, non importerebbe. Ti chiederebbero di entrare, metterti comodo, senza la possibilità di rifiutare. La vivacità dei loro bambini ti farebbe comprendere la loro voglia di far figli anche quando la società lo condanna.
In questi mesi il nostro sguardo si è soffermato su aspetti della loro vita che prima ignoravamo. Adesso entrare nei ghetti rom che la città si ostina a mantenere non ci spaventa. Volti familiari, nei loro pregi e difetti, ci vengono incontro, a volte per affidarci i loro problemi, altre per farci sorridere con la loro ironia. A metterci paura è oggi l’indifferenza delle Istituzioni che si accorgono delle condizioni di vita dei Rom solo quando l’area che occupano diventa loro interesse.
A volte sembra che quello che facciamo non abbia mai fine, soprattutto quando i risultati non sono sempre tangibili come vorremmo. Perché nel mondo del sociale gli eventi non corrispondono sempre alle nostre aspettative. Si tenta, si ottiene, si vince una battaglia e si perde una guerra. Ma essere entrati in relazione con la comunità rom significa per noi aver già vinto. Contro il nostro pregiudizio.
I volontari del Servizio Civile Nazionale, progetto "Pijats Romanò - Bianca e Bernie", in servizio presso l'Ente Morale Opera Nomadi Sezione di Reggio Calabria

Verona, il leghisti pagano per la condanna subita

La Lega Nord paga i risarcimenti ai Sinti veronesi e all'Opera Nomadi a cinque mesi dalla condanna in appello per propaganda di idee fondate sull'odio razziale. Gli avvocati dell'Opera Nomadi, guidati dalla Sezione di Mantova e dai Sinti veronesi, hanno intimato a Flavio Tosi (attuale Sindaco di Verona) , Matteo Bragantini, Luca Coletto, Maurizio Filippi, Enrico Corsi e Barbara Tosi il pagamento del risarcimento di 60 mila euro alla comunità sinta veronese come previsto dalla sentenza della Corte d'Appello di Venezia. Il risarcimento comprende il pagamento delle spese legali e un contributo all'Opera Nomadi.
La notizia è stata pubblicata ieri da diversi quotidiani nazionali e locali, senza però grande spazio. I sei leghisti non hanno versato un solo euro. A tirare materialmente fuori i soldi è stata la Lega Nord, come lo stesso Tosi ha confermato al "Corriere del Veneto": «Mi sembra normale che sia così e comunque è stata una decisione del movimento - spiega il Sindaco - d'altra parte io e gli altri siamo stati condannati per un'iniziativa politica che abbiamo portato avanti».
Il quotidiano leghista "La Padania" arricchisce di particolari la vicenda. «Sulla questione non c'è molta voglia di parlare fra gli esponenti del Carroccio veronese - si ammette in un articolo - L'unico elemento che trapela è che, in caso di mancato versamento, sarebbero iniziati i pignoramenti, pertanto gli esponenti leghisti sono stati costretti a pagare».
Soddisfazione per la notizia è stata espressa ieri sera dal Consiglio Direttivo dell'Opera Nomadi Sezione di Mantova. Davide Gabrieli, Vice Presidente, ha dichiarato: "Ringraziamo l'avvocato Enrico Varali che ha guidato l'accusa per il nostro Ente, senza il suo impegno non saremmo giunti a ripristinare la legalità violata a Verona. I soldi che saranno versati all'Opera Nomadi devono essere spesi per sostenere la comunità sinta veronese. Il Sindaco di Verona - continua Gabrieli - ha già iniziato a sgomberare le famiglie sinte."

Opera (MI), erano in quattrocento: otto inquisiti tra omertà e razzismo

Non è stato agevole per i carabinieri del Nucleo informativo del comando provinciale di Milano venire a capo delle responsabilità sull'assalto a furor di popolo (400 persone) con conseguente rogo che il 21 dicembre distrusse il "campo nomadi" allestito dalla Protezione civile a Opera. Si sono dovuti muovere facendosi strada in un ambiente caratterizzato da un'omertà diffusa, ma alla fine, grazie a filmati, fotografie e a qualche sporadica testimonianza, gli investigatori hanno concluso l'inchiesta accusando di istigazione a delinquere il capogruppo della Lega Nord nel consiglio comunale di Opera Ettore Fusco.
Altre otto persone dovranno rispondere a vario titolo di danneggiamento aggravato, incendio e interruzione di pubblico servizio. Archiviata, invece, la posizione del capogruppo di An, Pino Pozzoli. Ieri i militari hanno notificato l'avviso di conclusione delle indagini firmato dal pm Laura Barbaini. Atto che prelude alla richiesta di rinvio a giudizio. Quella sera di sette mesi fa, il consiglio comunale di Opera doveva ratificare un accordo con il Comune di Milano per destinare ad alcune famiglie di rom, in tutto una settantina di persone, l'area periferica «Marcora» dove la Protezione civile aveva già eretto 13 tende. Ad accendere gli animi, secondo l'accusa, sarebbe stato anche Fusco che, prendendo la parola in un'aula gremita di cittadini, «incitò» a occupare la tendopoli.
«Questi signori ad Opera non li vogliamo (...) andiamo tutti e resistiamo perché così Opera è nostra e gli interessi degli operesi non sono la solidarietà ai nomadi», gridò Fusco. Ci fu pure chi, come uno degli indagati, prese un megafono e urlò: «Usciamo fuori e andiamo a togliere il campo nomadi con disobbedienza (...) andiamo a buttarlo giù». La conseguenza fu un corteo spontaneo che marciò alla volta del campo dove, poco dopo, alcune tende vennero incendiate e altre danneggiate. All'interno dell'area, accertarono poi i carabinieri, erano state portate quattro taniche di benzina, una delle quali usata per innescare le fiamme, mentre alcuni degli indagati bloccavano la circolazione stradale lungo via Berlinguer e una delle tende veniva portata in piazza come trofeo. (G. Gua.)

Palermo, presunzione di colpevolezza per la rumena presunta rapitrice di bimbo

In Italia, se ti chiami Berlusconi, o Fassino, o Fazio, sussiste una forma estesa di presunzione di innocenza che (vedi Previti) va perfino oltre la condanna passata in giudicato. Se invece sei rumena, specie se prostituta o "zingara", sei colpevole senza processo ed è già tanto se non ti fuciliamo sul posto.
Il caso è quello di Isola delle Femmine, in provincia di Palermo. I media sono del tutto univoci: la donna, rom, "nomade", "zingara", a seconda del grado di grossolanità, è sicuramente colpevole di aver nascosto un bambino di tre anni sotto la sua gonna per sequestrarlo.
Dalla Rai a Mediaset, dall'ANSA al Corriere della Sera a Repubblica non si trova un condizionale a pagarlo un milione. Del resto è noto (leggasi: è diffusa vulgata) che gli "zingari" rapiscono i bambini e non importa che mai nella storia uno "zingaro" sia stato condannato per un rapimento. Continua a leggere...

domenica 29 luglio 2007

Porto Cesareo (LE), i bambini rom sono senza diritti

Porto Cesareo ha visto lo sgombero di alcune famiglie, probabilmente di Rom rumeni, che da anni vivevano in una masseria (in foto) nell'entroterra, in pessime condizioni igieniche e sanitarie. I Carabinieri dopo diversi interventi per "convincere" le famiglie ad andarsene sono intervenuti con la forza, denunciando ventisette Rom per: violazione di domicilio, maltrattamenti in famiglia, soprattutto verso i bambini, abbandono di rifiuti solidi urbani. Inoltre, è stato loro notificato un foglio di via obbligatorio, con il divieto di tornare a Porto Cesareo per tre anni. Se si ripresentassero sarebbero arrestati.
Naturalmente vivo apprezzamento per l’operazione è stata espressa dal sindaco di Porto Cesareo, Vito Foscarini, che ha definito l’operazione dei militari di grande valore e di utilità per l’intera collettività. Il Sindaco era molto preoccupato per la questione paesaggistica - ambientale ma non si è mai posto il problema di come accogliere queste famiglie (bambini compresi) nel lungo periodo di presenza sul territorio.
La legge italiana in tal senso è chiara. Se una famiglia non è in grado di mantenere un tenore di vita sufficiente ai propri bambini, i servizi sociali comunali devono farsene carico. Sostenendo la famiglia economicamente e tutelando i minori. Tutto questo non è successo Porto Cesareo, ridente cittadina balneare, proprio in spregio alla tanto conclamata legalità. Continua a leggere...

San Benedetto del Tronto (AP), i "bravi ed onesti cittadini" criticano il comportamento dei Carabinieri

E' successo anche questo... A San Benedetto del Tronto i "bravi ed onesti cittadini" si sono arrabbiati perché il 113 non è intervenuto immediatamente a cacciare delle famiglie, non sappiamo se sinte o rom, che si sono permesse di: stendere la biancheria e occupare una buona parte dello spazio (probabilmente un piazzale), dove i bambini rom o sinti giocavano liberamente...
Questi gravissimi comportamenti criminali hanno destabilizzato l'armonia creata dai "bravi ed onesti cittadini" che si sono inviperiti con i Carabinieri perché non sono intervenuti a "tutela della legalità" ma hanno avuto alla fine "giustizia" dai Vigili Urbani che hanno immediatamente provveduto a sgomberare le famiglie. Naturalmente il tutto ha spinto qualcuno di questi "bravi ed onesti cittadini" a scrivere sui giornali, vomitando un pamphlet xenofobo e razzista. Continua a leggere...

Roma, in Regione la destra si arrabbia per i soldi promessi per i "campi"

Le casse della Regione sono sempre più vuote: nel settore sanitario, che incide pesantemente sul bilancio della Pisana, si continua a parlare di «buchi», voragini, extradeficit, congelamento di debiti, tagli a servizi importanti. Tutto, sembra, a causa del mancato controllo della spesa farmaceutica e sanitaria che ha costretto la giunta Marrazzo a predisporre cinque o sei piani di rientro dal deficit e a chiedere aiuto al governo Prodi per evitare una situazione sempre più vicina alla bancarotta.
Ma nonostante tutte queste difficoltà, l’amministrazione di centrosinistra ha trovato il modo di stornare una bella cifretta (circa 800 milioni delle vecchie lire) dalla finanziaria regionale per regalarla al Campidoglio che la destinerà a potenziare (sic!) i "campi nomadi" di Roma. Questa autentica stranezza, contenuta in una determinazione dirigenziale (cioè un atto amministrativo sottratto al controllo del Consiglio regionale) è stata scovata nelle pieghe del bilancio dal capogruppo della Dc per le autonomie Fabio Desideri (in foto).
Noi di sucardrom ringraziamo Desideri per la sua attenzione anche se non condividiamo in toto le sue motivazioni. Infatti pensiamo che i soldi non vadano spesi per i cosiddetti "campi nomadi" ma per uscire da queste logiche ghettizzanti e segreganti. Siamo però consapevoli che il consigliere Desideri ha tutt'altro nella testa. Continua a leggere...

Cecina, superare i "campi nomadi"

Superare i campi nomadi. Dal XIII Meeting Antirazzista di Cecina, il “Comitato Rom e Sinti Insieme” manda un messaggio inequivocabile al Governo e agli Enti locali e consegna al sottosegretario della Solidarietà sociale, Cristina De Luca, un manifesto redatto da sette associazioni di rom e sinti rappresentate dal Comitato.
La prima richiesta, dice Nazzareno Guarnieri, è quella di un cambiamento di metodo: "Basta decidere per noi, serve un maggior coinvolgimento". A partire dalla modifica della legge 482 del 1999 sulle minoranze linguistiche in Italia. Allora rom e sinti vennero esclusi dalla carta. Oggi il cambiamento è vicino, grazie ad una proposta di legge firmata da Mercedes Frias (Rifondazione Comunista), che sarà presentato alla Camera dei deputati già dalla prossima settimana. Uno dei punti fondamentali è poi quello della casa.
"Basta trattare con la retorica della sicurezza un problema che è abitativo", dice il professor Tosi del Politecnico di Milano. Gli fa eco Eva Rizzin: "Non siamo nomadi. Quali possibilità di futuro hanno i bambini dei campi? Quali possibilità hanno bambini regolarmente sgomberati, non accettati a scuola? In Europa - continua Rizzin - c'è una gravissima discriminazione contro noi sinti e rom, e va avanti da secoli. Cinquecentomila rom e sinti sono stati sterminati nella seconda guerra mondiale insieme agli ebrei, ma ancora oggi nessuno riconosce lo sterminio. E ancora oggi ci sono gravi casi di sterilizzazione di donne rom negli ospedali della Slovacchia".
Rizzin, insieme al Comitato chiede quindi un forte intervento per garantire l'alloggio, a partire dall'edilizia pubblica e arrivando alla facilitazione dell'accesso ai mutui, ma chiede anche pari opportunità per la minoranza Rom e Sinti nella sanità, nella scuola, e nel lavoro e nella partecipazione. Ma anche una regolarizzazione dei tanti, spesso in Italia da più generazioni, e ancora sprovvisti di documenti di soggiorno.
Guarnieri propone anche di valorizzare le buoni prassi. "Basta con i campi nomadi, la loro gestione è diventata un business per le associazioni. Non ho mai sentito citare l'Abruzzo e il Molise. In queste due regioni non ci sono mai stati campi nomadi. Eppure in una città come Pescara, con 117.000 abitanti, risiedono almeno 2.000 rom, senza che questo crei un allarme sicurezza".
E contro l'allarme sicurezza, e in particolare contro i patti per la sicurezza siglati tra il ministero degli interni e i sindaci delle maggiori città italiane, si è schierato tutto il Comitato.
Stefano Galieni (Rifondazione Comunista), ha detto: "C'è un tragico consenso sociale creato attorno a risposte discriminatorie e segreganti, assunte come inevitabili dalla politica e dalla stampa". E alla stampa il comitato propone momenti formativi rivolti ai giornalisti, perchè, dice Rizzin, "per superare la discriminazione nei nostri confronti è necessario anche far conoscere le nostre culture e le nostre tradizioni".
Presente al dibattito, il sottosegretario De Luca non ha lasciato spazio a grandi entusiasmi. "Siamo d'accordo sulla superazione dei campi - ha detto - ma il tema della sicurezza non va messo da parte". Ma sulla superazione dei campi il Ministero non ha più di 4 milioni di euro da spendere, concentrati su alcuni progetti pilota in alcune città italiane.
E sui tanto criticati patti per la sicurezza, che solo a Roma daranno vita a 4 maxi campi per 7.000 rom e sinti nelle zone più periferiche della città, oltre il Grande raccordo anulare, De Luca ribadisce: "Vanno rispettate le competenze dei vari Ministeri. Il nostro impegno è che l'impegno per la sicurezza si traduca in un parallelo impegno per l'accoglienza". E nel nome del rispetto delle competenze De Luca ha infine bocciato la proposta del Comitato di istituire un ufficio nazionale di coordinamento tra l'azione dei vari ministeri sulla questione rom e sinti. Prossimo appuntamento Sabato 28 giugno, a Roma, alle 18:00 in un'assemblea pubblica alla festa di Liberazione. (gdg) © Copyright Redattore Sociale

venerdì 27 luglio 2007

Rom e Sinti, Alleanza Nazionale è divisa tra separazione e assimilazione

Molti esponenti di Alleanza Nazionale continuano ad organizzare manifestazioni per la cacciata dei Rom e dei Sinti, in particolare Rom rumeni, ma nella destra italiana l'onorevole Roberta Angelilli (in foto) sceglie una strada diversa: l'assimilazione. L'onorevole Angelilli, utilizzando le stime errate dell'Opera Nomadi Nazionale, sta raccogliendo in tutto il Paese le firme per "difendere" i minori e le donne rom. Da alcune settimane è in distribuzione, in particolare a Roma, un appello al Ministero dell'Interno e al Sindaco di Roma, dove si criminalizzano le famiglie rom. Il tutto con il paradossale paravento dell'EUMC (Osservatorio europeo dei fenomeni di razzismo e xenofobia) che, contattato da sucardrom, ha dichiarato di non essere informato delle iniziative dell’onorevole Angelilli. Dobbiamo però dare atto all’esponente della destra italiana di aver costruito con diabolica maestria il suo dossier, utilizzando sia le cifre errate dell’Opera Nomadi ma anche documenti e risoluzioni internazionali. La costruzione ideologica della Angelilli è il classico esempio di distorsione della realtà. Infatti, ben si guarda a descrivere le discriminazioni subite da Sinti e Rom nel nostro Paese. Secondo tale folle dossier sarebbero circa 50 mila i bambini rom, di età compresa tra i 2 e i 12 anni, costretti all'accattonaggio in Italia.
Durante la presentazione del dossier, avvenuta a Rom all’inizio del mese di luglio 2007, si sono prestate alle “idiozie” della Angelilli anche le organizzazioni che operano a Roma: Caritas, Comunità di Sant'Egidio, Centro Astalli, Opera Nomadi, Telefono Azzurro, Arci.
Sucar Drom condanna con forza tale iniziativa, con tanto di sito internet, che speriamo non sfoci in una tragedia pari a quella Svizzera, quando furono sottratti i bambini sinti e rom dalle proprie famiglie, nel periodo compreso tra la fine degli anni Trenta e il 1976.

Milano, i Rom e le ragioni negate

Chiedono case, istruzione per i figli, un lavoro. Dicono no ai campi e ai patti con le istituzioni. I rom di Milano raccontano di sentirsi emarginati. Per incrinare la barriera di diffidenza ieri pomeriggio si sono dati appuntamento di fronte a Palazzo Marino. Hanno cantato e suonato. Si sono fatti portavoce dei messaggi scritti per l’occasione da Dario Fo e Moni Ovadia. Con loro numerose associazioni della città.
«Il nostro obiettivo è diffondere un messaggio che abbiamo già recapitato al prefetto - spiega Luigia Casi, di Sdl Interregionale -. Chiediamo un tavolo di confronto per risolvere la questione dei rom in modo definitivo. Invitiamo le istituzioni a dar vita a una politica di inclusione vera. Siamo qui per spiegare tutto questo ai politici riuniti in consiglio comunale».
La loro ricetta può essere riassunta in tre parole: case, istruzione, lavoro. «Perché i rom sono cittadini europei - continua Paolo Cagna Nenchi, coordinatore dell’iniziativa -. Il segreto è conoscere la loro cultura. Anche io sono stato derubato dagli zingari, ma non me la sento di generalizzare».
A suonare il violino in piazza Scala c’era Samil Eduard, il piccolo rom «genio della musica» che suo padre non vuole far studiare. Intorno a lui grandi e piccoli in festa. «Siamo venuti in Italia per migliorare la nostra vita, in Romania non abbiamo nulla - racconta Russet Floaria -. Vivevo in un campo di Legnano. Lavoravo in casa di una famiglia. Poi ci hanno sgomberati. Adesso abitiamo in 40 in un casolare abbandonato a Paderno Dugnano. Non lavoro più».
Per le associazioni riunite in piazza, sarebbe fondamentale non ghettizzare gli zingari. Ma permettere loro di integrarsi. «Si tratta di cittadini come gli altri - conferma Maurizio Pagani (in foto con una famiglia rom) di Opera Nomadi -. Dovrebbero abitare in case normali. Alcuni lo fanno già. E gli inquilini dei palazzi li hanno accolti senza problemi. Inoltre, il patto di legalità è uno strumento sbagliato. Non capisco perché ai rom sia chiesto di firmare un documento che li obbliga a seguire regole implicite nella convivenza sociale. A qualunque altra etnia questo non succede».

Trento, la difesa delle minoranze

Il Trentino Alto Adige è diventato un modello da seguire per quel che riguarda la convivenza con le minoranze linguistiche. I Mòcheni e i Cimbri al pari dei ladini, sono qui tutelati sotto il profilo istituzionale e politico, tuttavia le due comunità sono poco conosciute. È dunque necessaria un’opera di valorizzazione e promozione della loro cultura e delle loro lingua per garantirne la sopravvivenza. Ce ne parla Marco Viola, dirigente del servizio per la promozione delle minoranze linguistiche per la Provincia autonoma di Trento.
Dottor Viola, quali sono le caratteristiche delle due comunità dei Cimbri e dei Mòcheni? «Ambedue le minoranze linguistiche, quella della Valle dei Mòcheni e quella di Luserna sono di origine germanofona ossia parlano un tedesco molto antico. I Cimbri sono stati i primi ad arrivare nel nostro territorio, poco dopo l’anno 1000, e sono frutto della migrazione di popolazioni tedesche che dalla Baviera e dal Tirolo sono scesi verso Sud e il territorio di Verona e si sono stanziati sull’altopiano di Asiago. Mentre però le popolazioni dell’altopiano di Asiago e della Lessinia veronese pur avendo la coscienza di essere cimbri hanno perduto la loro lingua, l’antico cimbro è rimasto vivo ancora in questo paesino trentino che è Luserna. In base all’ultimo censimento fatto nell’intera provincia di Trento, quelli che si sono dichiarati cimbri - perché da noi esiste anche questa possibilità - sono circa 800 ma i residenti a Lucerna sono appena trecento e di questi non tutti parlano il cimbro. Questo per dire che siamo ben al di sotto dei numeri per la sopravvivenza di una lingua indicati dall’Unesco. Nonostante ciò la comunità resiste fiera, mantiene la sua lingua e la promuove. Proprio Sei mesi fa è stata pubblicata la prima grammatica cimbra, un avvenimento straordinario per questa piccola comunità».
Cosa ci dice invece dei mòcheni? «Nel Trentino orientale ai confini con la provincia di Vicenza, c’è una piccola valle straordinariamente bella, incontaminata che è la valle dei mocheni (Bersntoler), attraversata dal torrente Fersina. Sono pochi comuni che contano un migliaio di abitanti. I mocheni son arrivati in Trentino intorno al 1300/1400 attirati dal lavoro delle miniere. Originariamente questi bravi lavoratori tedeschi si sono insediati nella valle e hanno dato ad essa una struttura abitativa tedesca costruendo i loro tipici “masi” (fattorie) e assumendo la forma di paese diffuso e non aggregato come i nostri. In questa valle i Mòcheni hanno mantenuto la loro identità, hanno costruito un importante Museo, hanno reso abitabile un antico “maso”, hanno ripristinato l’antico mulino ad acqua e poi a 1700 metri di altezza hanno reso praticabile una antica miniera che ripropone il loro lavoro originario. Tutti luoghi oggi resi visitabili per far conoscere le loro tradizioni».
Come esprimono le due comunità la loro etnia? «L’intensità della difesa e della volontà di mantenere viva la lingua e la loro identità è sostanzialmente la stessa, diverse sono le caratteristiche con cui si esprime questa intensità. Luserna è più aperta agli influssi italiani e perciò ha dovuto resistere di più per mantenere la lingua. La Val dei Mòcheni invece è più isolata e per molti versi questo isolamento ha rappresentato un vantaggio per la difesa della loro etnia. Voglio ricordare però che ambedue le comunità nel secondo dopoguerra, quando la cultura dominante non era aperta e sensibile alle minoranze linguistiche, hanno ricevuto aiuto dalla Baviera. Ossia molte associazioni bavaresi hanno dato concreto sostegno economico per le iniziative atte a salvaguardare la sopravvivenza dell’etnia cimbra e mòchena».

Milano, le difficoltà sul territorio provinciale

«Abbiamo fatto di tutto per cercare un dialogo, ma non c’è stato nulla da fare. Questa è gente che non vuole integrarsi, sono persone arroganti che vivono nell’illegalità, ho anche subito un’aggressione qui in municipio da uno di loro e ho presentato denuncia alla magistratura».
Ha i nervi a fior di pelle Giuseppe Caridi, primo cittadino Ds di Pessano con Bornago, ottomila abitanti a una ventina di chilometri da Milano. Da anni, come molti dei suoi colleghi sindaci dell’hinterland, combatte una battaglia persa contro gli insediamenti abusivi dei rom nelle campagne ai confini del paese, senza in realtà venire a capo di nulla e ingoiando bocconi amari uno dopo l’altro.
«Tutto è cominciato diversi anni fa quando due o tre famiglie rom hanno comprato un terreno agricolo in piena campagna e ci hanno costruito delle baracche - racconta -. Noi abbiamo subito cercato di trovare un dialogo. Speravamo che col tempo la situazione sarebbe rientrata nella legalità, che avrebbero abbandonato il terreno, normalizzandosi. Così, all’inizio, abbiamo nominato un insegnante a scuola per integrare i bambini, abbiamo disposto un bagno con doccia a loro uso esclusivo perché arrivavano in classe sporchi, li abbiamo inseriti nelle associazioni sportive del paese per non farli stare per strada e gli abbiamo pure dato i buoni alimentari per fare la spesa. Ma non c’è stato nulla da fare. Da parte loro solo un muro. Ci avevano promesso che sarebbero rimaste tre famiglie, e invece adesso ci sono almeno cento persone».
Parabola di un’integrazione difficile, se non impossibile. Che accomuna, uno dopo l’altro, tutti i sindaci dell’hinterland, angosciati da insediamenti abusivi in crescita, preoccupati che i rom cacciati da Milano si riversino in provincia e poco disposti ad accoglierne altri nei loro territori già in emergenza.
Secondo Giorgio Bezzecchi (in foto) dell’Opera Nomadi di Milano: «Sono circa in tremila, tra rom, sinti e romeni, i soggetti che vivono nei paesi della provincia. Pochissimi sono i gruppi ancora dediti al nomadismo, molti sono quelli che acquistano pezzi di terreno in campagna e poi ci costruiscono casupole, e poi c’è una terza via, quella dell’occupazione abusiva di aree abbandonate».
Come a Pioltello, per esempio, dove, a ridosso della statale 11, centocinquanta romeni si sono infilati tre anni fa in una cascina diroccata di proprietà privata e da allora non se ne sono mai andati tormentando di furtarelli l’Auchan, che si trova a due passi.
«Alla Cascina Bareggiate vivono stabilmente e abusivamente almeno 150 romeni - spiega il sindaco Ds Antonio Concas -, a loro abbiamo detto che li tollereremo finché non avremo raggiunto un accordo con il proprietario dell’immobile. Il nostro progetto è di acquisire l’area per costruire un parco pubblico di 10mila metri quadrati. A quel punto dovranno andare via e fino ad allora le famiglie ci hanno promesso che impediranno nuovi arrivi. Ma la situazione non è facile. Pioltello mette insieme più di 60 etnie, proprio l’altro giorno in via Mozart un gruppo di abitanti maghrebini si è messo a ripulire l’intero quartiere, ma con gli abitanti della cascina Bareggiate è diverso. A loro il concetto di integrazione va spiegato da zero».
Un’insofferenza ormai ai limiti quella dei comuni che, da soli, non sono in grado di gestire un disagio sempre più grande. A parte i tentativi (falliti) di creare un dialogo, il ricorso a sgomberi che però si rivelano inconcludenti (perché i rom tornano ad occupare le aree da cui sono mandati via), nessuno di loro è riuscito finora a trovare soluzioni valide per sanare il problema.

giovedì 26 luglio 2007

Cecina, il Comitato Rom e Sinti Insieme presenta il documento in preparazione alla Conferenza sull’Identità Rom e Sinta in Italia

Ieri, 25 luglio 2007, il Comitato Rom e Sinti Insieme ha presentato il documento "spunti di riflessione per la Conferenza sull’Identità Rom e Sinta in Italia". Il documento è stato redatto a partire da sei quesiti posti dal Ministero dell'Interno al Comitato. Il documento è stato presentato ieri ufficialmente al Governo Italiano durante il XIII Meeting Internazionale Antirazzista, organizzato dall'ARCI a Cecina. Il Comitato ringrazia in particolare l'ARCI Toscana per l'occasione offerta e per la collaborazione costruita in questi mesi. Il documento nelle prossime settimane sarà illustrato a partiti, movimenti e associazioni per costruire il più vasto consenso alle proposte concrete contenute che saranno presentate al Ministero dell'Interno entro il mese di settembre.

Spunti di riflessione
per la Conferenza sull’Identità Rom e Sinta in Italia

Premessa
Molteplici sono le problematiche da affrontare per riconoscere ai Sinti e ai Rom i diritti di cittadinanza che ogni italiano gode dal momento della nascita ma, ad oggi, rimane inevasa la condizione fondante perché questo avvenga: la partecipazione diretta dei Rom e dei Sinti.
Infatti, le politiche sociali rivolte alle popolazioni Sinte e Rom tendono apertamente all’inclusione sociale, all’integrazione, all’assimilazione. Rare sono le realtà dove le comunità sinte e rom sono considerate protagoniste sociali pensanti e dove sono attuate politiche di interazione, di partecipazione diretta e di mediazione culturale.
Le questioni poste all’ordine del giorno per l’organizzazione della Conferenza sulle Identità Rom e Sinte possono essere avviate e sostenute soprattutto da chi vive all’interno di queste minoranze e ne conosce gli aspetti più intrinsechi.
La predisposizione di una strategia nazionale, di un piano d’azione o di una legge nazionale che abbia successo, passa inevitabilmente attraverso un “cambiamento di metodo” nel recepire e specificare il ruolo attivo, propositivo e decisionale degli stessi Sinti e Rom per evitare gli errori che nel passato hanno condotto al fallimento ogni iniziativa. Cambiamento di metodo che comporta necessariamente la responsabilizzazione delle professionalità rom e sinte, espresse nel nostro Paese, per coinvolgere attivamente le molteplici comunità rom e sinte alla condivisione del pieno godimento dei diritti.
Cambiamento di metodo che porti tutto il Paese ad una maggiore e migliore conoscenza e comprensione delle culture sinte e romanì, patrimonio dell’umanità, per eliminare xenofobia e conseguente discriminazione che flagella attualmente i Rom e i Sinti in Italia, così come descritto e denunciato dalle maggiori istituzioni europee ed internazionali (Raccomandazione n. 1557/2002 del Consiglio d’Europa, Risoluzione del Parlamento Europeo sulla situazione dei Rom e dei Sinti nell’Unione Europea n.P6/TA-PROV(2005)0151, Carta Europea delle Lingue Regionali o Minoritarie).

Strategia nazionale: piano d’azione o legge nazionale
E’ indiscutibile che ai Rom e ai Sinti deve essere riconosciuto lo status di minoranze etniche linguistiche. Questo riconoscimento si dibatte da alcuni anni inutilmente tra chi propone una legge ad hoc, chi propone di inserire i Sinti e i Rom nella Legge n. 482/1999 e chi chiede che ai Sinti e ai Rom siano concessi pari diritti e pari doveri, attraverso un piano d’azione nazionale. Le esperienze europee in tal senso prevedono diverse opzioni ma è indiscutibile che vi sia una tendenza chiara a: riconoscere lo status di minoranze e attuare piani d’azione a diversi livelli (nazionale, regionale e locale).
Inoltre, è da evidenziare che la complessità della realtà Rom e Sinta in Italia necessità di una rete di monitoraggio che offra dati certi, ad oggi inesistenti, da elaborare sia a livello nazionale che a livello locale. Per questa ragione è necessaria la costituzione di un Ufficio Nazionale (un dipartimento a diretta emanazione della Presidenza del Consiglio) e di Uffici Regionali, Provinciali e Comunali per le grandi città. L’Ufficio Nazionale deve essere gestito da Rom e Sinti e deve avere il compito di raccogliere e sistematizzare i dati offerti dagli uffici periferici. Gli Uffici periferici devono altresì essere gestiti da Sinti e da Rom, in stretta collaborazione con le associazioni rom e sinte, sostenendole.
Gli obiettivi degli uffici periferici saranno quelli di: monitorare i bisogni espressi dalle comunità rom e sinte e dalle realtà istituzionali territoriali, raccogliere le buone pratiche realizzate nei singoli territori, suggerire proposte e valutare i progetti in atto; promuovere la diffusione della conoscenza delle culture sinte e rom, contrastare le forme di discriminazione, in collaborazione con le istituzioni e gli Enti Locali; coordinare e monitorare gli interventi degli Enti Locali e delle Istituzioni.
Gli obiettivi dell’Ufficio Nazionale saranno quelli di: raccogliere e sistematizzare i dati offerti dagli uffici periferici e diffondere in tutto il Paese le buone pratiche; elaborare piani d’azione nei diversi ambiti d’intervento (culturale, abitativo, lavorativo, sanitario, sociale, scolastico e formativo) anche proponendo al Governo le necessarie modifiche alle leggi esistenti; coordinare gli interventi dei diversi ministeri interessati, collaborando alla definizione di obiettivi e strategie.

E’ sufficiente il riconoscimento dei Rom e dei Sinti come minoranze linguistiche (estensione della Legge n. 482/1999) o occorre una legge ad hoc?
Le esperienze europee ed in particolare le esperienze italiane di tutela delle minoranze (ad esempio le minoranze tedesche) portano ad affermare che sia necessario un corpus legislativo ad hoc. Infatti, il corpus legislativo italiano è costruito per garantire i diritti ad una maggioranza; perché una minoranza possa godere di tale corpus legislativo, e di conseguenza di pari diritti, sono necessarie delle disposizioni legislative ad hoc.
Però oggi in Italia la pregiudiziale conoscenza delle società e culture espresse da Rom e Sinti, l’assenza di dati certi, l’assenza di un monitoraggio partecipato e condiviso dagli stessi Rom e Sinti e non ultimo l’attuale contesto politico non permetterebbero di comprendere i reali obiettivi di un intervento legislativo ad hoc.
Pertanto appare opportuno attualmente riconoscere a Sinti e a Rom lo status di minoranze attraverso una modifica della Legge n. 482/99, eliminando il dato territoriale per le minoranze sinte e rom che sono distribuite uniformemente su tutto il territorio nazionale. Come per altro è stato sottolineato anche dal Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Allargo Gil-Robles, nella sua visita in Italia nel giugno 2005, sostenendo nelle sue tesi la necessità di superare la trappola territoritorialista. Inoltre, l’ECRI nel dicembre 2005 ha raccomandato alle Autorità Italiane di estendere a Rom e Sinti la legislazione in vigore, relativa al riconoscimento delle minoranze linguistiche storiche.
E’ da sottolineare l’Italia è il Paese europeo che ha la minor presenza di Rom e Sinti, ciò è essenzialmente da imputare alle devastanti persecuzioni attuate dal 1500 e culminate nel periodo compreso tra il 1938 e il 1945, quando lo Stato Italiano e in seguito la Repubblica di Salò promossero una politica razziale che devastò tutte le comunità sinte e rom presenti, il Porrajmos.

Tematica del contemperamento del riconoscimento di diritti con il rispetto della legalità dei comportamenti dei Rom e dei Sinti
I governi succeduti negli ultimi sessant’anni si sono di fatto disinteressati delle minoranze sinte e rom, se si escludono alcuni interventi nella scuola e nei Comuni sulle iscrizioni anagrafiche. Negli anni Ottanta quasi tutte le Regioni hanno legiferato ma tali provvedimenti dopo un’iniziale interesse sono stati accantonati e oggi, dopo circa vent’anni, accusano una notevole inadeguatezza.
I Comuni a momenti alterni hanno cercato di affrontare le problematiche vissute dalle minoranze sinte e rom, scivolando nella maggior parte dei casi in logiche assistenziali e segreganti, come quelle dei cosiddetti “campi nomadi”.
Non ultimo a partire dagli anni Novanta con la dissoluzione della Yugoslavia, fino ad arrivare alla caduta dei regimi comunisti, in particolare quello rumeno, non si è mai governato il fenomeno migratorio, soprattutto nelle grandi città (ad esclusione forse di Firenze).
Era inevitabile che si sarebbero innescate problematiche che avrebbero portato all’attuale situazione securitaria. Infatti, oggi la risposta dello Stato è data dai cosiddetti “patti per la sicurezza” che da come si legge sul sito del Ministero dell’Interno hanno l’obiettivo di contrastare la criminalità [1]. L’intenzione politica è quella di integrare/assimilare (rieducare secondo il Prefetto Serra a Roma) i Rom e i Sinti per inserirli in seguito nella società, di fatto si propugnerà una politica della separazione e della discriminazione.
Separazione con la costruzione di mega insediamenti, lontani dai centri abitati (vedi l’esempio di CastelRomano a Roma) e discriminazione con trattamenti differenziali punitivo (vedi l’esempio in via Triboniano a Milano: se un individuo è indagato per furto sarà cacciato in strada con tutta la famiglia, bambini compresi). In questo contesto sarà impossibile contemperare l’acquisizione di diritti con il rispetto della legalità.
Sono necessarie politiche di accoglienza che governino i fenomeni migratori e che sappiano monitorare le presenze, senza scivolare in allarmismi che possano essere strumentalizzati. E’ altresì fondamentale intervenire, secondo quanto disposto nell’ordinamento giuridico, senza pregiudiziali o finti solidarismi nei casi di reati accertati. Sottolineando che è fondamento giuridico nazionale e internazionale la sola ed esclusiva responsabilità personale di fronte ad un reato contestato e sottoposto ai diversi gradi di giudizio previsti.
Di particolare attenzione è la questione dello sfruttamento dei minori che è fortemente condannata da tutte le comunità rom e sinte e che deve impegnare i servizi ad intervenire. In queste particolari occasioni è necessaria la presenza di mediatori rom e sinti che sappiano affiancare i servizi nell’offrire una reale accoglienza alle vittime nella predisposizione di un percorso di recupero.
In questa fase è imprescindibile il coinvolgimento dell’Unione Europea, dei governi e delle associazioni rom e sinte dei Paesi di provenienza per guidare il più possibile i fenomeni migratori e costruire politiche che offrano ai Rom e Sinti europei pari possibilità di sostegno nei loro Paesi.
E’ necessaria una politica che esprima a Rom e Sinti pari dignità di fronte alla legge. Predisporre norme punitive differenziali sarà solo un motivo per acuire il vicendevole disprezzo e fortificare il sistema, reciproco, di gruppi contrapposti.
In ultimo, sarà fondamentale il recepimento completo della Direttiva n. 2000/43/CE e la reale possibilità di contrastare tutte le forme di discriminazioni etniche/razziali, dirette ed indirette, che colpiscono attualmente le minoranze sinte e rom. In particolare sarà necessario inasprire le pene, ad oggi ridicole, e implementare sia le possibilità delle associazioni nel contrasto dei reati che la tutela alle vittime di questi odiosi crimini.
L’Ufficio Nazionale Antidiscriminazione Razziale ed Etnica deve essere in grado di comminare sanzioni, revocare atti amministrativi, disporre risarcimenti e altre forme del danno subito. Inoltre, è necessario rendere indipendente e presente capillarmente su tutto il territorio nazionale l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazione Razziale ed Etnica (UNAR).

Proposte di soluzione della questione della apolidia di fatto dei Rom exjugoslavi
La questione posta è molto complessa perché sono da affrontare diverse problematiche e questioni date da un paese, la ex Yugoslavia, che si è frammentata attualmente in sei nuovi Stati. Questo ha portato alla costituzione di altrettanti ordinamenti giuridici e la perdita di registri anagrafici e altro. E’ da considerare che in Italia, dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, sono immigrate famiglie rom che ad oggi non hanno uno status giuridico definito.
L’attuale normativa sulla cittadinanza è fondata sull’arcaico principio dello jus sanguinis, in base al quale si è cittadini quando si hanno parenti diretti italiani. In questo modo, le persone nate e vissute nel nostro paese sono considerate straniere e assoggettate alle norme restrittive sull’immigrazione. I Rom subiscono più di altri le conseguenze di queste disposizioni: non sono rari i casi di persone rom espulse e “rimpatriate” verso Paesi di cui non conoscono la lingua, in cui non hanno mai abitato e di cui spesso non hanno la cittadinanza.
E’ urgente riformare questa normativa, introducendo il diritto di suolo (chi nasce in Italia ne è per ciò stesso cittadino) e il diritto di residenza (si diventa italiani dopo un congruo periodo di residenza). Il Governo ha già proposto un disegno di legge in questo senso che contiene importanti novità, chiediamo di approfondirle e di discuterle.
Inoltre, proponiamo di costituire un Gruppo di Lavoro per affrontare le specifiche questioni legate alla problematica dell’apolidia, tra cui: accesso al lavoro e reati pregressi.

Questione abitativa e campi nomadi
La questione abitativa è la più dibattuta dagli anni Settanta ad oggi ma ha visto l’esclusione di esperti rom e sinti nella predisposizione delle politiche abitative e di fatto ha portato all’esclusione dalle decisioni le stesse comunità rom e sinte, a cui erano rivolti gli interventi.
Il nostro Paese è stato condannato formalmente dal Comitato Europeo per i Diritti Sociali (CEDS, Consiglio d’Europa), con sentenza resa pubblica del 24 aprile 2006, perchè sistematicamente ha violato, con politiche e prassi, il diritto di Rom e Sinti ad un alloggio adeguato. La logica dei cosiddetti “campi nomadi” viola sistematicamente l’articolo 31 della Carta Sociale Europea e non solo.
Sono necessarie soluzioni flessibili e graduali per uscire totalmente dalle logiche segreganti e ghettizzanti dei “campi nomadi”: accesso alla casa popolare anche con assegnazioni, utilizzando gli alloggi di riserva, e attivazione di progetti sociali partecipativi che coinvolgano l’intero nucleo familiare; concessioni di mutui a condizioni speciali (tasso di interesse e rateizzazione) per l’acquisto della casa o per l’acquisto e la sistemazione del terreno privato ad uso di una famiglia allargata; modifica del Testo Unico 380/2001, inserendo una disposizione che non sanzioni la tipologia abitativa del terreno agricolo privato [2]; realizzazione di aree di transito attrezzate per la sosta temporanea [3] per le famiglie appartenenti alle minoranze rom e sinte che svolgono attività lavorative tradizionali e per permettere manifestazioni religiose, culturali e sociali.

Diffusione della conoscenza della cultura Rom e Sinta e impatto sull’opinione
Gran parte dei pregiudizi e degli stereotipi verso le minoranze rom e sinte derivano dalla assoluta non conoscenza delle culture e dei valori espressi. Inoltre, è da sottolineare l’assenza di comunicazione dei risultati progettuali positivi e dal prevalere di un comportamento generalizzato della stampa che alimenta appunto stereotipi e pregiudizi.
Questo porta l’opinione pubblica a posizioni xenofobe e a credere che non esistano valori espressi dalle culture sinte e rom. La diffusione della conoscenza delle culture rom e sinte deve essere una priorità, perché solo diffondendo la conoscenza sarà possibile affrontare politicamente e operativamente le molteplici problematiche vissute oggi nel nostro Paese dalle popolazioni sinte e rom.
Le iniziative da intraprendere sono diverse ne raccomandiamo alcune: costituzione e sostegno di apposite strutture, gestite da Sinti e Rom, per la diffusione capillare su tutto il territorio nazionale della conoscenza sulle culture sinte e romanì, quali centri studi e ricerche, biblioteche, accademie, gallerie espositive, musei, eccetera; sostegno ad iniziative commerciali e non che si pongano l’obiettivo di far conoscere i valori, espressione delle identità sinte e romanì; realizzazione e sostegno di progetti di interazione culturale nella scuole di ogni ordine e grado; realizzazione e sostegno a diversificate iniziative per “Il Giorno della Memoria”; costituzione di un gruppo di lavoro (formato da giornalisti e da esperti sinti e rom) per la stesura di un codice deontologico per la stampa e per la realizzazione di corsi di formazione per i giornalisti; realizzazione e sostegno di comunicazione sociale anche in relazione a progetti di interazione culturale.


[1] Fonte Ministero dell’Interno, http://www.interno.it/mininterno/export/sites/default/it/sezioni/sala_stampa/notizie/sicurezza/2007_05_18_Patti_sicurezza_Roma_Milano_.html. All’opinione pubblica può quindi sembrare che lo Stato Italiano sostenga la tesi: Sinti o Rom = nomade = zingaro = criminale.

[2] Per un approfondimento: http://sucardrom.blogspot.com/2007/07/un-habitat-possibile-per-sinti-e-rom.html

[3] Potrebbe essere utile utilizzare anche la Legge n. 337/1968, detta Legge Corona.

martedì 24 luglio 2007

Cecina, XIII Meeting Internazionale Antirazzista

Sabato 21 luglio è iniziato il XIII Meeting Internazionale Antirazzista, organizzato dall'ARCI Toscana, "Città Aperte: Genti, Generi, Generazioni" che terminerà il 28 luglio. Quest'anno ampio spazio è dedicato alle Minoranze Sinte e Rom, attraverso la presenza del Comitato Rom e Sinti Insieme, il 25 luglio, ma moltissimi sono gli eventi (scarica il programma).
Mercoledì 25 luglio alle ore 10.00, si apre l'incontro del Comitato Rom e Sinti Insieme dal titolo "Immaginare il futuro tra memoria e presente". Alle ore 15.00 sarà presentato il documento del Comitato Rom e Sinti Insieme e saranno presentate buone prassi politiche e progettuali, interverrà Cristina De Luca (Sottosegretario ministero della Solidarietà Sociale). Alle ore 17.30 si terrà una Tavola rotonda sul tema: il superamento dei “campi nomadi”. La discussione approfondirà i temi dell’accoglienza, della discriminazione e dell’illusione securitaria, interverranno: i rappresentanti del Comitato Rom e Sinti Insieme, C. De Luca (Sottosegretario ministero della Solidarietà Sociale), G. Lattarulo (Reg. Toscana), L. De Siervo (Ass. Com. di Firenze), amministrazioni locali toscane e altri rappresentanti di Regioni e Comuni italiani. Alle ore 21.00 si chiuderà la giornata con la presentazione del cortometraggio dal titolo "Kher", prodotto da Arci Toscana sul Progetto Rom, durata 30 minuti.
Segnaliamo che è disponibile, in anteprima su youtube, uno dei cortometraggi presenti sul DVD prodotto da Arci Toscana. Si tratta di "Immaginare il futuro tra memoria e presente", videracconto dell'incontro/dibattito che si è svolto il 27 aprile 2007 presso l'Arci regionale a Firenze, in occasione del Romano Dives, la Giornata Internazioale del Popolo Rom e Sinti.

Roma, nessuna pietà per i Rom

L’altro ieri, giovedì 19 luglio, è stato effettuato un nuovo sgombero di un insediamento non autorizzato, quello sotto il ponte della Magliana (1300 persone). Contro le edulcorate e/o trionfalistiche dichiarazioni del sindaco, del presidente del XV Municipio eccettera, noi qui sottoscritti vogliamo denunciare il disastro umanitario, l’acuta sofferenza, i disagi che queste travolgenti operazioni di polizia comportano.
In una città in cui è stata dichiarata l’emergenza caldo abbiamo visto con i nostri occhi donne incinte arrancare faticosamente cariche delle loro povere masserizie, nugoli di bambini dagli sguardi smarriti, neonati!
Non c’è pietà neppure per i neonati a Roma? Gruppetti di sgomberati rassegnati e sgomenti, senz’acqua, senza cibo, senza sapere dove andare. Ma dov’è la coniugazione di sensibilità e legalità sbandierata dal sindaco? Ma il sindaco ha visto? Cosa gli è stato riferito? Di quale illegalità sono colpevoli i neonati, i bimbi di 3, 4, 5 anni?
A noi lo sgombero è parso come una nuova vittoria dell’ingloriosa guerra intrapresa contro i poveri, i più deboli, i più emarginati. Esisteva ed esiste un problema di legalità, ne siamo consapevoli, ma la richiesta di legalità deve essere a tutto tondo e non strumento di vessazione degli esclusi. Dov’è la legalità delle istituzioni? Dov’è il rispetto di quei diritti umani elementari che sono il diritto alla dignità, alla sopravvivenza, a un ricovero? L’Italia è già stata condannata dal Consiglio d’Europa per la brutalità degli sgomberi, per il mancato rispetto della normativa europea al riguardo. Come cittadini di questa città non ci riconosciamo in questa politica e la denunceremo al Commissario europeo per i diritti umani.

Marco Brazzoduro (professore alla Sapienza); Francesco Careri (professore a Roma3); Roberto De Angelis (professore alla Sapienza); Roberto Pignoni (professore alla Sapienza); Anna Pizzo (consigliera PRC regione Lazio); Claudio Graziano (Arci-Roma); Hamadi Zribi (responsabile Immigrazione PRC Roma); Alessia Montuori (associazione SenzaConfine); Casa dei Diritti Sociali - Focus; Daria Pozzi (ATTAC); Stefania Ruggeri (Cooperativa sociale 621); Virginia Valente (Progetto diritti); Stefano Montesi; Andres Barreto; Alfonso Perrotta (Associazione Interculturale Villaggio Globale); Stalker/osservatorio nomade; Gianluca Staderini (Popica Onlus); Alessio Arconzo (G.C. –Factory); Stefano Galieni (Dipartimento Immigrazione Prc Nazionale); Laura Nobile; Imma Tuccillo Castaldo (Karaule Mir); Ghirmai Tewelde (consigliere PRC Municipio XVIII): Yuri Del Bar (consigliere comunale a Mantova)

Verona, un «fascista» all'Istituto per la Resistenza

Tre mesi di carcere per istigazione all'odio razziale, leader degli skinhead, dirigente della Fiamma Tricolore, membro del gruppo musicale "Gesta bellica", che come pezzi culto ha canzoni dedicate a Erik Priebke ("Il capitano") e a Rudolph Hess ("Vittima della democrazia") ma il loro hits è un pezzo antisemita: “Tu ebreo maledetto che ti arricchisci sulla pelle degli altri… giudeo senza patria, trovarti è stata dura ma con i tuoi soldi non fai più paura”... Quale curriculum migliore per far parte dell'Istituto per la resistenza di Verona?
La splendida idea di nominare il 35enne Andrea Miglioranzi («Fascista? Per me è un termine molto caro») come rappresentate del Comune all'ente fondato nel 1998 che ha tra i compiti quello di «raccogliere testimonianze di partigiani» è venuta alla maggioranza del consiglio comunale. Ancora elettrizzati dalla fresca nomina dopo l'elezione a sindaco dell'astro nascente della Lega Flavio Tosi (quello che come prima cosa ha cacciato gli «zingari» dalla città), i consiglieri della destra si sono sentiti di osare.
Dovevano nominare due persone. La prima è stata Lucia Canetti di Alleanza Nazionale. E già ci sarebbe di che discutere. Ma per secondo hanno scelto lui, «il camerata Miglioranzi». Uno che era già conosciuto nel mondo del "white power rock" ma è diventato ancora più famoso per essere il primo in Italia a finire in carcere per la legge Mancino sull'istigazione all'odio razziale.
Nel 1996: tre componenti del gruppo (oltre a Miglioranzi, c'è il leader Alessandro Castorina, ora segretario provinciale della Fiamma Tricolore) organizzano un'aggressione nei confronti di uno "sharp" (skinheads di sinistra), reo di essere l'ispiratore di alcune iniziative musicali multietniche. Le minacce sono chiare: «A Verona queste cose non le vogliamo, se ci provi ancora sei morto». I picchiatori sono di Napoli, i mandanti si limitano ad osservare il pestaggio. Con entusiasmo. La Digos li arresta e, grazie all'applicazione della legge Mancino, scontano in carcere quasi tre mesi.
Qualcuno a Verona, città medaglia d'oro per la Resistenza, si è opposto a questa nomina. Oltre allo scultore e sopravvissuto ai campi di concentramento Vittore Bocchetta («Qui è peggio del periodo di Hitler, a Verona manca totalmente la memoria storica»), è la senatrice di Rifondazione Tiziana Valpiana a organizzare la protesta. «Io sono anche componente del direttivo dell'Istituto e posso promettere che Miglioranzi non varcherà mai la soglia della nostra sede. Mi impegno in nome dei miei parenti morti a Mathausen. La sua nomina è in spregio alla resistenza e già lunedì chiederò a Oscar Luigi Scalfaro, come presidente degli enti di ricerca sulla resistenza, di chiedere l'annullamento della nomina».
La senatrice Valpiana, poi, dietro Miglioranzi vede la mano di Tosi. «Sono sicura che l'idea è sua. Il nuovo sindaco vuole mostrarsi come uomo forte, come nuovo Gentilini (l'ex sindaco di Treviso, ndr) e per farlo arriva a provocazioni come quella di nominare un fascista pregiudicato a custode della memoria dei partigiani».
E difatti il neo sindaco di Verona (accomunato a Miglioranzi per una condanna, ancora non definitiva, per lo stesso reato) non si nasconde. «Le nomine sono del Consiglio comunale, ma li avrei votati anch'io se fossi stato presente. I due consiglieri nominati sono sicuramente persone preparate, con idee politiche magari diverse. Ma sono convinto che possano portare un confronto positivo all'interno dell'Istituto, non per riscrivere la storia o per fare del revisionismo, ma per approfondire alcuni aspetti sui quali fino ad ora c'è stata minore sensibilità».
Oltre a Tosi, a Miglioranzi è stata espressa solidarietà dal presidente veronese di An Massimo Giorgetti. «In democrazia funziona così, non capisco lo sconcerto. E poi mi pare che il dopoguerra sia finito da un pezzo», ha commentato stupito al "Corriere di Verona".
Insomma, Miglioranzi (e Canetti di An) potranno dimostrare che i partigiani stavano dalla parte sbagliata e che i giusti stavano vicino Verona, nella Repubblica Sociale di Salò. Miglioranzi potrà farlo canticchiando le canzoni del suo gruppo. Come "Feccia Rossa": "feccia rossa/nemica della civiltà/ bestia senza umanità/ la celtica croce vincerà". Oppure "8 settembre '43": "una data senza perché/ è giunta l'ora della viltà/ un altro marchio di infamità/ Ma io sono camicia nera/ nel mio cuore una fede sincera".
di Massimo Franchi

Discriminazione razziale e accesso alla giustizia: il nuovo ruolo dell’associazionismo

Nei giorni 18 e 27 settembre 2007, 9 e 18 ottobre 2007, rispettivamente a Udine, Bari, Palermo e Milano, dalle ore 9.00 alle ore 17.00, sono previste le Giornate di formazione “Discriminazione razziale e accesso alla giustizia: il nuovo ruolo dell’associazionismo”.
Tali iniziative si collocano nell’ambito del progetto “Contenuti e strumenti per la tutela in materia di discriminazioni razziali” realizzato dall’Unione Forense per la tutela dei diritti dell’uomo e finanziato dall’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (UNAR) nel quadro delle attività di sensibilizzazione e formazione dallo stesso promosse.
Le Giornate di formazione sono destinate a tutte le associazioni che svolgono la propria attività nel campo della lotta alle discriminazioni e della promozione della parità di trattamento e, in particolar modo, a quelle titolari della legittimazione ad agire in giudizio ex art. 5 del d. lgs. n. 215/2003.
In tutti gli incontri, il programma della mattina prevede una parte nel corso della quale verranno illustrati i nuovi strumenti giuridici introdotti dalla recente normativa antidiscriminazione, nonché le opportunità offerte in questo campo dall’Unione europea.
Nel pomeriggio, invece, si svolgerà un Workshop applicativo nel corso del quale verranno simulati alcuni casi concreti di discriminazione razziale ed illustrate le connesse strategie di contrasto.
Seguirà un dibattito con interventi programmati delle Associazioni intervenute. A tal proposito, si prega, per esigenze organizzative, di voler comunicare a questo indirizzo di posta elettronica o alla segreteria dell’Unione Forense per la tutela dei diritti dell’uomo (sig.ra Gioia Silvagni telefono 06 85300801, fax 06 8412940, e-mail info@unionedirittiumani.it) i nominativi di coloro che parteciperanno alle giornate di formazione.

sabato 21 luglio 2007

Gogol Bordello, la romanì band fa impazzire il mondo

Dopo aver duettato con Madonna in diretta mondiale sul palco della Wembley Arena al Live Earth lo scorso 7 luglio, i Gogol Bordello pubblicano "wonderlust king", il primo singolo estratto dal nuovo album “super taranta!”.
Dopo aver recitato accanto a Elijah Wood nel film di Liev Schreiber “Ogni cosa è illuminata”, potremo ancora vedere Eugene Hutz - leader e provocatore della band – come protagonista nel primo film da regista di Madonna. Lo ha rivelato la Regina del pop dopo essere stata, in compagnia del marito Guy Ritchie, al concerto di presentazione del nuovo album della band, Super Taranta, lo scorso 21 maggio a Londra.
Nel suo blog ufficiale, Madonna ha raccontato come è andata: "Guy mi ha fatto conoscere questa band chiamata Gogol Bordello. Sono stata così impressionata che ho chiesto a Eugene Hutz di prendere parte al mio nuovo film Filth And Wisdom.”
Da qui è nata la collaborazione anche musicale che ha portato la band ad esibirsi in duetto con la popstar in una versione eccezionale de “la isla bonita”, sul palco della Wembley Arena lo scorso 7 luglio in occasione del Live Earth, seguito da oltre 2 miliardi di persone collegate nel mondo. L’esibizione è stata così travolgente che anche a sucardrom sono arrivate decine e decine di e-mail per conoscere il testo di “lela pala tute”. Continua a leggere…

Milano, schedature di massa per i Rom rumeni

Secondo "Il Giornale" le Forze dell'Ordine, Carabinieri, Guardia di Finanza e Vigili Urbani, si stanno preparando per iniziare una schedatura di tutti i Rom rumeni. Secondo la tesi pubblicata alcuni giorni fa si partirà con un corso di formazione, tenuto Giuseppe De Angelis, dirigente dell’ufficio stranieri della Questura di Milano. L'obiettivo è quello di creare una documentazione storica che possa permettere l'espulsione dei Rom da Milano e provincia.
Infatti, secondo la normativa europea da poco recepita anche dall'Italia non essendo più necessario il passaporto, su cui veniva applicato il timbro con la data d’ingresso ma solo la carta d’identità è impossibile attestare il momento dell’entrata. Difatti se entro 90 giorno l'immigrato non ha eletto un domicilio, motivata la sua presenza e spiegato come provvederà al suo sostentamento può essere "spedito a casa".
Potrebbe però, perché in realtà non ci sono sanzioni penali ma solo pecuniarie. Pertanto c’è il rischio che tutto resti lettera morta ma a in Questura a Milano non si perdono d'animo: «Però - hanno convenuto le forze dell’ordine - almeno proviamoci» con iniziative adeguate ma soprattutto uniformi. Vale a dire schedare ogni intervento nei confronti di solo questi immigrati, i Rom, scambiare le informazioni tra le diverse polizie, creare uno «storico» sui loro movimenti. Veramente agghiacciante.
Inoltre, le forze dell'ordine meneghine sperano che la normatriva nazionale sia cambiata, in spregio alla direttiva europea, per poter avere "le mani libere"...
Noi di sucardrom invieremo alle forze dell'ordine meneghine l'ultimo libro sul Porrajmos, pubblicato dall'Istituto di Cultura Sinta e proporremo un corso di formazione per addestrare le forze dell'ordine a contrastare tutte le forme di discriminazioni razziali/etniche, a cui sono sottoposti soprattutto i Rom rumeni.

Genova, il fuoco per cacciare i Rom

I vigili del fuoco di Genova hanno dovuto lavorare duramente la notte del 17 luglio scorso per spegnere un incendio scoppiato in una casa, poi risultata abbandonata, a Trensasco, nell'entroterra di Genova. Il rogo è stato segnalato intorno mezzanotte e mezza.
Quando i pompieri sono giunti sul luogo non era ancora chiaro se all'interno della abitazione fossero rimaste delle persone. Si è poi scoperto che la casa era disabitata. I vigili del foco hanno lavorato due ore per domare le fiamme con due squadre. Sono in corso le indagini per capire come sia divampato l'incendio. Potrebbe essere doloso e legato alla presenza di Rom romeni.
Questo episodio segue gli altri, simili, avvenuti a Genova Molassana dove un agricoltore appiccava le fiamme vicino a due casali abbandonati ma di fatto occupati abusivamente da Rom.
Lo faceva perché pensava che con la loro presenza i suoi terreni perdessero valore. Chiamava poi i pompieri senza identificarsi ma dicendo che era stato lui ad appiccare gli incendi. E' stato denunciato dalla polizia.

Roma, caro sindaco Walter Veltroni...

Le comunità Rom della Capitale, e non solo, non hanno mai avuto la possibilità di poter far conoscere pubblicamente le proprie idee, la propria realtà ed i propri bisogni ma alcuni giorni fa lo hanno fatto a Roma, hanno avuto la possibilità di esprimere pubblicamente, in una conferenza stampa presso l'Università La Sapienza, il proprio disagio.
Per aver osato tanto (!) Rom e Sinti, immediatamente si sono alzate le barriere difensive: prima con un ambiguo comunicato stampa dell'Arci Solidarietà del Lazio ed oggi con le dichiarazioni del Sindaco Walter Veltroni.
Mi viene subito da pensare che la partecipazione attiva di Rom e Sinti fa tanta paura e chi sa perchè? Sindaco Veltroni a margine di una conferenza stampa in campidoglio, risponde ai rappresentanti di alcuni “campi nomadi” della capitale: “Nomadi e forze politiche abbiano più senso di responsabilità. Nessuno trasferisce nessuno in ghetti, su questa materia vedo tanta insopportabile demagogia, di tutti i tipi: noi cerchiamo delle soluzioni, le stiamo realizzando, vorrei che tutti, Rom e forze politiche, avessero più senso di responsabilità. Vorrei che tutti, a cominciare dai Rom, ma anche da quelle forze politiche che vanno in giro in tutta Roma a dire in tutti i quartieri «arriverà il campo Rom», seminando un po' di panico e razzismo, salvo essere stati magari quelli che qualche anno fa dicevano di portare in determinati quartieri campi Rom, avessero più senso di responsabilità”.
Caro Sindaco dovrebbe provare con la sua famiglia a vivere per una settimana in un campo nomadi e forse solo così lei potrà capire.
di Nazzareno Guarnirei (in foto), continua a leggere…

venerdì 20 luglio 2007

Roma, Alleanza Nazionale attende una legge per segregare tutti i Rom e i Sinti

Ha avuto inizio, nella mattinata del 19 luglio, lo sgombero dell'insediamento abusivo, sotto il ponte della Magliana. Un centinaio i Rom Rumeni allontanati, una vera e propria violazione della Carta Sociale Europea. L’intervento ha visto al lavoro oltre una settantina di poliziotti e vigili urbani italiani ma anche una decina di agenti rumeni, come previsto dall'accordo che il Sindaco di Roma ha siglato il 26 giugno scorso con il primo Ministro rumeno.
Naturalmente soddisfatti alcuni esagitati appartenenti ad alcune forze politiche locali, in particolare Augusto Santori, consigliere di An al XV Municipio. “Il pensiero di Alleanza Nazionale – scrive Augusto Santori – va alle altre migliaia di residenti che stanno subendo da tempo degrado e angherie da parte dei nomadi stanziati nei campi illegali di Altamira e della Valle dei Casali, nei pressi di Via Newton e di San Pantaleo Campano”. “La realtà però – conclude il consigliere Santori – è che le lungaggini che stanno caratterizzando il patto per la legalità, ancora fermo in Parlamento assieme ai prospettati villaggi della solidarietà, tendono a svilire anche questi importanti interventi di sgombero e che centinaia di nomadi attualmente stanno camminando per la Magliana e sulla Portuense ala ricerca di un’altra sistemazione, anch’essa illegale e anch’essa destinata a creare disagi ai residenti”.
A noi di sucardrom preoccupa questa volontà di stimolare una legge per segregare nei cosiddetti "campi nomadi" i Sinti e i Rom. In particolare Alleanza Nazionale, che ha un passato tutto da dimenticare, dovrebbe crescere una sua particolare sensibilità per la difesa delle minoranze sinte e rom, come sta in effetti facendo per la comunità ebraica italiana e lo Stato d'Israele.

Rom e sicurezza: è il problema di Milano?

La scoperta che la sicurezza è un diritto dei cittadini e che la legge e la polizia devono intervenire per impedire sfruttamento e infrazioni del codice penale è la scoperta dell'acqua calda visto che la legge dovrebbe valere per tutti, rom e non rom. Ma soprattutto nasconde la cattiva coscienza di chi in questi anni ha lasciato crescere l'impunità in tutti i campi - dalle grandi speculazioni immobiliari all'evasione fiscale, alla mancata politica contro traffico e inquinamento -, costruendo le condizioni di una sensazione generale di insicurezza e frustrazione.
Il problema va affrontato su diversi piani, assumendo l'obiettivo della convivenza tra cittadini che fanno parte della stessa comunità con una visione più generale del complesso problema dell'immigrazione. Ma c'è un piano che va affrontato immediatamente ed è quello che riguarda, in questo momento, le condizioni di vita di queste persone, uomini donne e bambini che cercano, come tutti, un angolo di pace, di serenità e di sicurezza sociale e per i quali si prospetta una vera e propria emergenza umanitaria.
A questo punto, per il superamento della politica dei cosiddetti "campi nomadi", che diventano ghetti e come tutti i ghetti possibile fonte di degrado umano e sociale; per una moratoria sugli sgomberi nella città di Milano e in Provincia; per la costituzione di tavoli di concertazione reale del Comune, della Provincia, della Regione, per un investimento sistematico sulle comunità per sviluppare professionalità in ambiti "imprenditoriali" e formare figure come i mediatori culturali, e infine, per contrastare il "razzismo istituzionale" e il trattamento discriminatorio nella pubblica amministrazione e nei servizi, vere e proprie violazioni dei diritti umani è stato organizzato un incontro con i Rom dei "campi" di Milano in piazza Scala, lunedì 23 luglio, dalle ore 18.00. Si potranno ascoltare le testimonianze di Renato Sarti, Bebo Storti, i messaggi di Dario Fo e Moni Ovadia letti da Dijana Pavlovic (in foto), più musica rom e tanto altro
Gli organizzatori hanno inviato una lettera al Prefetto di Milano, al Consiglio Comunale di Milano e alla stesso società civile milanse. Continua a leggere...

Milano, la Provincia non accetta lezioni sulla linea dura contro i Rom

Fatica a digerire l’accusa che la Provincia «bleffa» sulla sicurezza. Filippo Penati (in foto) reagisce chiamando in causa Letizia Moratti «per una vicenda - dice il presidente dell’amministrazione provinciale - che ha del paradossale». Eppure i documenti «ufficiali» di Palazzo Isimbardi dimostrano senza ombra di dubbio che «la linea dura anti-rom di Filippo Penati è solo a parole»
I provvedimenti del centrosinistra di via Vivaio suffragano infatti la bontà della decisione del Comune di Milano di rimandare «a casa» quel drappello di consiglieri provinciali della maggioranza che, mercoledì - in occasione di una commissione congiunta sull’emergenza rom - proponevano di «risolvere la questione del riconoscimento dello status di minoranza dei rom».
Consiglieri di maggioranza presentatisi a Palazzo Marino «impreparati» con due-paginette-due datate primo marzo dove, nero su bianco, si sostiene la linea buonista nel rapporto con le comunità rom. Sola linea politica che Palazzo Isimbardi può attuare essendo stata decisa dal consiglio provinciale, con tanto di ordine del giorno. Continua a leggere...

Sant'Angelo Lomellina (PV), ritrovato il bambino rom scomparso

Ritrovato a Milano, Andrea Halilovic, il bambino rom di 10 anni, scomparso da lunedi' sera dalla sua abitazione di Sant'Angelo Lomellina, in provincia di Pavia. A rintracciarlo e' stata la stessa madre del ragazzino che ha subito avvisato il 112: era alla ricerca dal padre in un "campo nomadi" alla periferia del capoluogo lombardo. L'uomo, che abita nel campo di Baranzate di Rho, aveva riferito ai carabinieri di aver avuto sempre rapporti con il figlioletto. ''Ha voluto fare una bravata, ma Andrea adesso sta bene'', ha spiegato la mamma ai carabinieri. Questa mattina il bambino è stato interrogato dagli inquirenti nella Caserma di Robbio che si sono occupati del caso.

Unione Europea, le donne rom e sinte sono due volte discriminate

La deputata europea Lívia Járóka (PPE/DE, HU) ha presentato la risoluzione sulla situazione delle donne rom e sinte nell'Unione Europea. La Risoluzione, approvata il primo giugno 2006, pone l'accento sulle discriminazioni subite dalle donne sia perchè appartenenti a minoranze non riconosciute sia perchè donne, quindi una discriminazione multipla: per appartenenza e per genere.
La relazione approvata dalla Plenaria chiede agli Stati membri di adottare misure volte a superare la loro "segregazione razziale" negli ospedali e nelle scuole, a migliorarne le condizioni abitative e a favorirne l'occupazione e l'inclusione sociale. Sono poi sollecitati interventi, anche finanziari, a favore dell'imprenditoria delle donne rom e sinte. La loro situazione deve costituire un criterio chiave in vista delle future adesioni all'UE.
La relazione di Lívia Járóka, adottata all’unanimità dalla commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere, esorta i poteri pubblici dell'Unione ad effettuare rapide indagini in merito alle accuse di gravi abusi dei diritti dell'uomo nei confronti delle donne rom e sinte, a punire rapidamente i colpevoli e a fornire un adeguato indennizzo alle vittime.
In tale contesto, invita gli Stati membri a inserire tra le loro «priorità principali» le misure intese a fornire una migliore protezione per la salute riproduttiva e sessuale delle donne, a prevenire e vietare la sterilizzazione forzata e a promuovere la pianificazione familiare, le soluzioni alternative ai matrimoni in giovane età e l'educazione sessuale.
Ma anche a prendere misure proattive per debellare «la segregazione razziale nei reparti maternità», a garantire l'elaborazione di programmi destinati a fornire servizi alle vittime Rom di atti di violenza domestica, e ad essere particolarmente vigilanti per quanto riguarda il traffico di donne Rom.
Gli Stati membri, inoltre, dovrebbero elaborare una serie di misure volte a garantire che le donne e le ragazze abbiano accesso, a condizioni di parità, ad una istruzione di qualità, «anche approvando leggi positive che esigano la fine della segregazione nelle scuole e definiscano i dettagli di progetti destinati a porre fine all'istruzione distinta e di seconda classe destinata ai bambini Rom».
Dovrebbero anche migliorare le condizioni abitative dei rom e sinti prevedendo il riconoscimento, da parte della legislazione nazionale, del diritto ad un alloggio decente, adottando progetti generali per finanziare il miglioramento delle condizioni di vita e di alloggio nei quartieri con una considerevole popolazione rom e sinta e «ordinando ai poteri locali di garantire rapidamente l'approvvigionamento in acqua potabile ed elettricità, lo smaltimento dei rifiuti, i trasporti pubblici e le strade».
Gli Stati membri sono anche invitati a mettere a disposizione campi per i Rom nomadi «affinché essi possano disporre di un livello di confort e di igiene soddisfacente».
Per i deputati, gli Stati membri dovrebbero anche garantire l'accesso di tutte le donne rom e sinte alle cure sanitarie di base, di urgenza e preventive nonché la parità di trattamento e le pari opportunità nelle politiche in materia di occupazione e inclusione sociale.
A quest’ultimo proposito, si tratterebbe di affrontare il problema dei tassi di disoccupazione molto elevati tra le donne rom e sinte e, in particolare, di lottare contro i grandi ostacoli determinati dalla discriminazione diretta in fase di assunzione. La relazione chiede inoltre l'adozione del principio di "obbligo positivo", in virtù del quale gli enti statali e non statali sono tenuti per legge a garantire una rappresentanza di donne Rom proporzionata alla loro presenza in seno alla popolazione locale.
I governi sono esortati ad esaminare gli ostacoli all'attività indipendente delle donne rom e sinte, a definire programmi destinati a permettere una registrazione agevole, rapida e poco onerosa delle donne rom e sinte imprenditrici e che esercitano un'attività indipendente, a favorire l'accesso al credito, compreso il microcredito, per il finanziamento di imprese da parte di donne rom e sinte. La relazione, poi, raccomanda agli Stati membri e alla Commissione di promuovere modelli d'imprenditorialità sociale, appositamente rivolti alle donne rom e sinte.
All’Esecutivo, inoltre, è chiesto di appoggiare, «mediante i suoi numerosi meccanismi finanziari», le attività destinate in particolare alle donne rom e sinte e di riesaminare le norme per l'attribuzione di tutti tipi di finanziamento «al fine di garantire disposizioni particolari volte ad includere le donne Rom».
I deputati, d’altra parte, invitano le istituzioni della UE a considerare la situazione delle donne rom e sinte nei paesi candidati «un criterio chiave per valutare il livello di preparazione di detti paesi all'ingresso nell'Unione europea», compresa la situazione delle donne rom e sinte nei paesi candidati non tradizionalmente o immediatamente associati alle questioni dei Rom e dei Sinti. Nel chiedere poi alle istituzioni comunitarie di incitare i governi a raccogliere e a pubblicare dati sulla situazione degli uomini e delle donne rom e sinte, invitano l'Osservatorio europeo dei fenomeni di razzismo e xenofobia ad avviare una serie di studi sul ruolo dei media nel promuovere l'antinomadismo e, in particolare, sulla promozione di stereotipi negativi sulle donne rom e sinte.



Un habitat possibile per Sinti e Rom Italiani

In Italia moltissime famiglie Rom e Sinte (in prevalenza: Sinti Piemontesi, Estrekarjia, Lombardi, Veneti, Teich, Gackane, Emiliani e Marchigiani; Rom Harvati, Lovara e Abruzzesi) hanno superanto le logiche segreganti, discriminanti e assistenziali proprie dei cosiddetti “campi nomadi”, acquistando dei piccoli appezzamenti terreni agricoli, dove vivono con le proprie abitazioni: le roulotte e le case mobili.
Questa tendenza inizia negli anni Ottanta ed esplode in un decennio. Centinaia di famiglie, con enormi sacrifici economici, acquistano terreni agricoli di circa 1000 mq. In particolare questa tipologia abitativa è propria dei Sinti Italiani, il più numeroso tra tutti i gruppi presenti in Italia di cui è stimata una presenza di circa 30/40.000 persone.
Il vivere in roulotte è dettato da due principali motivazioni:
1. l’attività lavorativa, che per i Sinti Italiani è sempre stata quella dello spettacolo viaggiante (circhi, giostre, attrazioni varie),
2. la coesione familiare, data da una serie di valori e norme che impongono una forte solidarietà all’interno della famiglia allargata e che implicano in alcuni casi lo spostamento anche per periodi medio - lunghi (es. in caso di bisogno di un componente della famiglia allargata che abita in altra località).
Inoltre, da alcuni anni si è costituita la Missione Evangelica Sinta che raduna migliaia di Sinti Italiani in convegni religiosi, nel periodo compreso tra la fine e l’inizio dell’anno scolastico. Centinaia di famiglie che si spostano con le proprie abitazioni da una città all’altra portando il messaggio evangelico.
Poche sono le famiglie, appartenenti a questi gruppi, che nelle regioni dell’Italia del Nord vivono in appartamento perché tale tipologia abitativa renderebbe impossibile l’accoglienza delle famiglie dei figli e dei parenti più prossimi in caso di bisogno.
Il piccolo terreno è in definitiva la risposta che le Minoranze Italiane Sinte e Rom hanno dato alla logica del “campo nomadi”, sempre più vissuto come “ghetto” o “riserva indiana”. Nato all’inizio degli anni Settanta, il “campo nomadi” ha fallito essenzialmente il suo obiettivo di offrire un habitat dignitoso per queste famiglie.
Sovraffollati, nascosti ai margini delle città, in condizioni igienico sanitarie penose e con alti costi di gestione per le Amministrazioni Comunali hanno creato e creano più problemi che benefici.
Questa situazione è così marcata che la Regione Emilia Romagna ha nei fatti modificato la propria Legge Regionale, a tutela di Rom e Sinti, non volendo più finanziare le realizzazioni di “campi nomadi” e supportando attivamente la politica dei piccoli terreni privati o di piccole aree attrezzate per famiglie allargate, formate da una decina di nuclei familiari, dando la possibilità di costruire.
Inoltre, è da sottolineare che il Comitato Europeo per i Diritti Sociali, organismo del Consiglio d’Europa, ha condannato formalmente l’Italia sulla politica abitativa dei cosiddetti “campi nomadi”, identificando tre distinte violazioni della Carta Sociale Europea Revisionata, sottoscritta dal nostro Paese.
Nella sentenza resa pubblica il 24 Aprile 2006, i CEDS ha decretato che le politiche abitative sviluppate per Rom e Sinti in Italia puntano a separare questi gruppi dal resto della società italiana e a tenerli artificialmente esclusi. Bloccano qualsiasi possibilità di interazione e condannano i Rom e i Sinti a subire il peso della segregazione su base razziale. Il Reclamo Collettivo dell’ERRC paventava presunte violazioni dell’articolo 31 della Carta Sociale Europea, indipendentemente o letto congiuntamente al principio di non discriminazione previsto dall’articolo E.
Chiamato a rispondere sul Reclamo Collettivo presentato dall’ERRC, il CEDS, dopo aver esaminato la difesa del Governo Italiano ha deciso:
1. unanimemente che l’inadeguatezza dei campi sosta per Rom e Sinti costituisce una violazione dell’articolo 31(1) della Carta, letto congiuntamente all’articolo E
2. unanimemente che gli sgomberi forzati e le altre sanzioni ad essi associati costituiscono una violazione dell’articolo 31(2) letto congiuntamente all’articolo E
3. unanimemente che la mancanza di soluzioni abitative stabili per Rom e Sinti costituisce una violazione dell’articolo 31(1) e dell’articolo 31(3) della Carta, letti congiuntamente all’articolo E.
Tale condanna dovrebbe far riflettere perché l’Italia è l’unico Paese europeo che “concentrato” le popolazioni sinte e rom in luoghi definiti e in alcuni casi sorvegliati, così come avveniva in Europa durante il periodo nazi-fascista. Infatti, il nostro Paese è oggi identificato in Europa come “il paese dei campi”.
Perché, dagli anni ’80, migliaia di famiglie Rom e Sinte acquistano un terreno agricolo? Per quattro semplici ragioni:
1. il cosiddetto “campo nomadi” è un ghetto;
2. la legge permetteva ad una roulotte di poter sostare in un terreno agricolo;
3. è poco oneroso a livello finanziario, pochissime sono le famiglie che possono permettersi l’acquisto di una casa o di un terreno edificabile;
4. è più facile iniziare un percorso d’interazione, uscendo da dinamiche assistenziali, senza dover perdere le proprie specificità culturali.
Oggi questa tipologia abitativa rischia è entrata in crisi a causa della nuova legislazione in materia di edilizia. Il Testo Unico n. 380/2001, in materia di edilizia, decreta in maniera inequivocabile che una roulotte abbisogna di concessione edilizia (articolo 3/e/5). Prima dell’introduzione di questa norma la concessione edilizia era necessaria solo per quei manufatti che, ancorati in modo permanente al suolo, modificavano l’assetto del territorio.
In Italia il legislatore, dal 1942, si era preoccupato in modo esclusivo di quei manufatti fissati al terreno, cercando di arginare il fenomeno “selvaggio” dell’abusivismo edilizio. Anche la Legge n. 47 del 1985 non riconosceva alla roulotte la configurabilità di abuso edilizio.
E’ nel luglio 2000 che la roulotte è indicata come possibile abuso edilizio. La Suprema Corte di Cassazione, Sezione Terza Penale, con sentenza n. 12128/2000 indica per la prima volta la roulotte ad uso abitativo come abuso edilizio.
La roulotte costituisce abuso edilizio nel caso abbia solo la parvenza di mobilità -in quanto il prefabbricato è invece stabilmente incardinato al suolo con accorgimenti tecnici per garantirne la stabilità- in modo tale che è da considerarsi una vera costruzione che modifica -sia pure lievemente, ma durevolmente - l'assetto del territorio.
Questa nuova interpretazione della Legge non è costante e comunque a sua volta interpretabile, ne è da esempio il Tribunale di Mantova che nel novembre del 2001 non sanziona una famiglia di Sinti Italiani che sul proprio terreno vive con delle roulotte e con una casa mobile, non ancorata al terreno.
Con la nuova Legge non vi sono più dubbi o ambiguità: la roulotte è da considerarsi a tutti gli effetti un abuso edilizio e quindi abbisogna di concessione edilizia.
Questa situazione mette realmente in crisi migliaia di famiglie che attualmente vivono, con le roulotte, in terreni agricoli di proprietà. Ma non solo, in prospettiva il problema investirà le Amministrazioni Comunali che dovranno affrontare il problema abitativo di queste famiglie.
Quali risposte potranno dare le Amministrazioni Comunali:
1. ignorare la Legge – dovendo sgombrare la famiglia residente dal proprio terreno agricolo per l’abuso edilizio dato dalle roulotte, il Sindaco del Comune deve poter offrire un’alternativa abitativa e questo è estremamente difficile da attuare;
2. sanare l’abuso edilizio – una strada difficile da percorrere uniformemente su tutto il territorio nazionale perché non è presente una normativa al riguardo ma diverse Amministrazioni Comunali si sono già attivate singolarmente;
3. scaricare il problema – mettere in atto comportamenti per costringere la famiglia a entrare nel “campo nomadi” più vicino.
Il rischio evidente è il ritorno al “campo nomadi”. Questa prospettiva metterà in crisi, ancora più dell’esistente, soprattutto i Comuni capoluogo di provincia che verranno loro malgrado investiti dal problema. Difficilmente una piccola Amministrazione Comunale può strutturare un “campo nomadi”, è quindi evidente che si andranno a sovraffollare ulteriormente quelli esistenti, appunto nei Comuni capoluogo di provincia.
In un momento storico dove lentamente si supera il concetto ghettizzante del “campo nomadi” e dove le famiglie vedono riconosciuta la propria cultura, soprattutto attraverso i processi di mediazione culturale, questa nuova Legge ci porterà indietro di trent’anni.
Naturalmente il legislatore ha pensato, a ragione, di arginare gli attacchi alle zone paesaggistiche, quali le nostre spiagge; non si è però accorto di mettere in crisi una piccola minoranza etnica, che negli ultimi vent’anni ha costruito il proprio futuro proprio sui terreni agricoli.
Gli obbiettivi che ci poniamo sono essenzialmente due:
1. sanare le situazioni esistenti,
2. creare le condizioni perché questa tipologia abitativa possa essere estesa, in modo tale da uscire dalle logiche assistenziali del “campo nomadi”.
La nostra proposta è quella di inserire una modifica al Testo Unico 380/2001 e alle conseguenti Leggi Regionali, in modo tale che ogni Comune debba comprendere nel proprio piano regolatore (la dicitura cambia da Regione a Regione) la possibilità di rendere fattibile l’insediamento su terreni, acquistati con proprie risorse, delle famiglie sinte e rom almeno per lo 0,5 per mille (dato da verificare in tutta l’Italia) delle aree agricole su un dato territorio.
Ciò permetterà una sanatoria a tutte le situazioni preesistenti e la possibilità futura per altri insediamenti. Si consideri infatti che questa modalità abitativa è stata la risposta delle Minoranze Rom e Sinte ai processi di segregazione e di assistenzialismo propri dei cosiddetti “campi nomadi”.